Elly Schlein - foto Ansa

L'editoriale del direttore

Armi, Europa, abuso d'ufficio. La deriva del Pd sul modello gnè gnè

Claudio Cerasa

In tilt sugli aiuti militari per l'Ucraina. In tilt sull’abuso d’ufficio. In tilt sul Patto di stabilità. In tilt sull’energia. Quattro storie di ordinaria pazzia (con dissensi) di un partito diventato incapace di rappresentare se stesso

Avere una posizione e non saperla spiegare. Avere una storia e non saperla difendere. Avere una reputazione e non saperla proteggere. Avere una classe dirigente e non saperla rappresentare. Nel giro di poche settimane, il segretario del Partito democratico, Elly Schlein, è riuscito nella non semplice impresa di far coincidere l’agenda del proprio partito con una nuova sofisticata strategia: la politica dello gné gné. Una politica grosso modo così riassumibile. Non importa quello che pensa il Pd, non importa il merito dei dossier, non importa il contenuto dei provvedimenti, conta solo questo: ciò che pensa il Pd deve essere percepito come diametralmente opposto a tutto quello che pensa il presidente del Consiglio.

 

 

Ieri, alla Camera, è andato in scena l’ultimo atto, a metà tra una commedia e una tragedia. I partiti di maggioranza, insieme con Italia viva, Azione e Più Europa, hanno votato una risoluzione che chiede di “continuare a sostenere, in linea con gli impegni assunti e con quanto sarà ulteriormente concordato in ambito Nato e Ue, nonché nei consessi internazionali di cui l’Italia fa parte, le autorità governative dell’Ucraina anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari”. Il Pd, che precedentemente aveva presentato una mozione per sostenere lo stesso concetto, ha scelto di non votare a favore di questa risoluzione, per non schierarsi con il governo e non fare ciò che ha fatto Giorgia Meloni ai tempi di Mario Draghi, quando FdI, pur essendo all’opposizione, non fece mai mancare il suo sostegno agli impegni assunti dal governo precedente su Kyiv. E come se non bastasse il Pd ha scelto anche di non votare contro un’altra risoluzione presentata dal M5s, finalizzata a chiedere lo stop all’invio delle armi in Ucraina. Risultato: tre deputati importanti del Pd, tra cui il presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini (gli altri sono Marianna Madia e Lia Quartapelle), hanno votato in dissenso al proprio partito, bocciando la risoluzione del M5s e approvando quella della maggioranza (lo stesso hanno fatto al Senato Dario Parrini, Filippo Sensi, Pier Ferdinando Casini, Simona Malpezzi e Valeria Valente). Non si tratta solo di una sfumatura ma si tratta di una scelta di campo, per così dire, considerando il fatto che nel 2023, a marzo, le cose andarono diversamente. E quando, lo scorso anno, il Parlamento votò per chiedere all’esecutivo di “proseguire nell’azione di sostegno all’Ucraina favorendo nel contempo ogni iniziativa finalizzata a una risoluzione del conflitto nel rispetto del diritto internazionale” il Pd scelse di votare contro il M5s, a favore della maggioranza e soprattutto a favore di ogni aiuto possibile al popolo ucraino, come d’altronde fanno tutti i partiti iscritti al Pse (tranne il Pd, che a giugno si è diviso sulla produzione di armi da inviare in Ucraina).

 

 

Un po’ commedia, un po’ tragedia, considerando il fatto che ieri, alla Camera, è stato il giorno della prova muscolare di Schlein sul caso Acca Larentia: molte polemiche sulla morbidezza della maggioranza sui saluti romani, noi siamo anti fascisti voi no, nello stesso giorno in cui la maggioranza sceglie di continuare a difendere un popolo oppresso dai degni eredi del fascismo, la Russia di Putin, mentre il Pd si limita a fare gné gné. Basterebbe questo per mettere a fuoco lo stato caotico, confusionale e incomprensibile del Pd, ma purtroppo per il segretario del Partito democratico la situazione non è come direbbe Flaiano grave ma non seria: è contemporaneamente grave e anche seria. Prendete il caso dell’abuso d’ufficio: i sindaci del Pd, gli amministratori locali che governano cioè il 60 per cento delle città italiane con più di 8.000 abitanti, hanno esultato dinanzi al voto di due giorni fa in commissione Giustizia, al Senato, che ha dato il via libera all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Contenti, entusiasti, i sindaci del Pd (promemoria: su 5.400 procedimenti nel 2021, nove si sono conclusi con condanne davanti al gip e diciotto in dibattimento). Sindaci a favore, il Pd no. Domanda inevitabile: ma un Pd che non rappresenta neanche i suoi sindaci chi pretende di rappresentare? Se andiamo avanti nel ragionamento non sarà difficile rendersi conto che nelle ultime settimane ci sono stati almeno altri due casi, e altri che  dimentichiamo, in cui il Pd ha scelto di andare contro se stesso. Prendete il caso della fine del mercato per così dire tutelato: il governo ha scelto di superarlo come richiesto dal Pnrr firmato dal Pd nel 2022 e il Pd pur di non dare ragione al governo ha scelto di contestare al governo l’uscita dal mercato tutelato dell’energia che aveva richiesto ai tempi del governo Draghi (e che chiedeva di superare anche il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, democratico come Schlein). E ancora: prendete anche il Patto di stabilità europeo. Nelle stesse ore in cui il commissario Gentiloni, democratico come Schlein, diceva che il Patto era un passo in avanti per l’Italia, oltre che per l’Europa, perché trasferisce una parte della responsabilità sul debito all’Europa, la segretaria del Pd accusava l’Italia di aver messo “una grande ipoteca sul futuro”, con “un cattivo compromesso per il nostro paese”. Sull’antifascismo il Pd è perfetto, su tutto il resto il Pd nel migliore dei casi non sa quello che fa e nel peggiore dei casi pur sapendo cosa dovrebbe fare non lo fa. Mi spezzo ma non mi piego, diceva un tempo Orazio. Mi spezzo ma non spiego, direbbe oggi Schlein. In bocca al lupo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.