L'intervista
“È indecente e immorale contrapporre ai morti di destra quelli di sinistra”. Parla Luigi Manconi
Contrapporre ai morti di destra, quelli di sinistra. Alla giustizia negata a destra, la giustizia negata a sinistra. Secondo Manconi, non vi è rischio che il fascismo ritorni, ma piuttosto si dia atto a una sua banalizzazione
Si è invocato l’intervento della polizia, la repressione della Digos, il pugno di ferro del Viminale, infine Elly Schlein ha chiesto ieri in Aula “l’identificazione e la punizione” di tutti i partecipanti al saluto romano di Acca Larenzia. “Io penso, piuttosto, che per la commemorazione di quei tre giovani missini uccisi nel 1978” – due per mano di un commando di estrema sinistra, l’altro da un agente delle forze dell’ordine – “non si debba prevedere alcuna sanzione penale, finché resta l’espressione di un rituale funebre”. Sociologo dei fenomeni politici, Luigi Manconi è stato in passato il capo del servizio d’ordine di Lotta Continua, gruppo politico che dell’antifascismo militante ha fatto una delle sue più alte bandiere. “In quale veste intende intervistarmi?”, mi chiede prima di iniziare la conversazione. Rispondo: “Entrambe”. Come militante e professore, vecchio rivoluzionario e studioso. Dice: “Favorevole come sono alla più ampia forma di libertà d’espressione, ritengo che persino i fascisti abbiano il diritto di ricordare i morti della propria parte con il saluto romano, a patto che dalle braccia tese non discenda alcuna violenza fisica”.
Quando correva l’anno 1973 Manconi venne ferito a Torino da un proiettile sparato dalla polizia, mentre gli agenti tentavano di impedire che un corteo di Lotta Continua interrompesse una manifestazione di fascisti. Il proiettile lo colpì alla natica. “Per la verità alla coscia, ma poi, nella leggenda degli avversari, diventò il gluteo”. Tra di essi pare ci fosse anche Francesco Cossiga, il quale si divertiva a ricordare che gli agenti “gli avevano sparato in culo”. Oggi c’è una cosa che Manconi trova altamente “immorale”. Quella di contrapporre ai morti di destra, quelli di sinistra. Alla giustizia negata a destra, la giustizia negata a sinistra. “È indecente fare la contabilità di chi ha pianto di più”. Dice: “Quasi nessuno di quelli che sono stati militanti politici negli anni Settanta può dirsi completamente innocente, totalmente estraneo alla violenza politica. Personalmente l’ho ripudiata, insieme a tantissimi altri, alla fine degli anni Settanta, dopo l’assassinio di Aldo Moro, e già trent’anni fa sarei potuto andare ad Acca Larenzia a deporre una corona di fiori, figurarsi se non lo farei oggi”. Questo però non significa che a destra non esista ancora una questione politica. “Giorgia Meloni avrebbe fatto bene ad affermare che lei e Fratelli d’Italia non hanno più niente a che fare né con i saluti romani né con le simbologie del Ventennio. E non perché i militanti di Acca Larenzia siano roba sua. Anzi non faccio fatica e credere che siano proprio ostili alla sua linea politica. Ma avrebbe fatto bene a prendere comunque le distanze, perché il suo partito ha una storia che si richiama al Movimento sociale e, attraverso quello, alla dittatura, e ha l’obbligo di assumersi la responsabilità di quella vicenda ogni volta che qualcuno gliene chiede conto”.
Secondo Manconi, non esiste alcun rischio che il fascismo ritorni. “Ma in molti utilizzano questa circostanza per negare che ci siano altri pericoli per la democrazia liberale”. Come se, dal momento che il fascismo non può tornare, nulla dovesse più impensierirci. Invece Manconi parla in primo luogo di “tendenze illiberali” che crescono nei sistemi occidentali e “possono addirittura convivere con i sistemi democratici”. E cita “la crescita di gruppi neofascisti” per denunciare uno “stato di tensione sociale e politica che pure senza sfociare in un vero attentato alla democrazia, la corrode”. Ma il rischio più consistente, secondo Manconi, è il terzo: “La banalizzazione del fascismo”. Nel senso comune, “il Ventennio ha smesso da tempo di essere un tabù morale ed è diventato un periodo storico come tanti altri, magari ridotto alle sue punte più riprovevoli, come le leggi razziali, ma tutto sommato presentabile in società”. Da tempo, dice Manconi, “il fascismo viene trattato senza che vi sia, in premessa, un giudizio morale irrevocabile” e a questo processo “contribuisce anche l’atteggiamento di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, con la loro ansia di rinchiudere la storia del Ventennio nelle pagine dei libri di storia, come se non avessimo l’obbligo di farci costantemente i conti”.