Governo e regionali
Salvini si “sacrifica” in Sardegna. La carta Bagnai per le Europee. Il caso Dc
La Lega vuole fare pesare a Meloni la “rottura” con Solinas (che non molla). Ma il vero nodo è la contesa sul simbolo della Dc che rischia di far slittare le regionali. Ipotesi Zaia commissario Ue
Salvini ora fa Calimero. E’ offeso e nero nero. E’ una strategia. In Sardegna per colpa di Meloni la Lega deve ora rompere con il Partito sardo d’azione di Solinas. Il leader della Lega ripete che per lui “l’unità del centrodestra, del governo, viene prima di tutto”. Significa che è pronto al “sacrificio”, lasciare che la premier candidi il suo sindaco di Cagliari, Truzzu. In campo militare si chiama “ritirata in buon ordine” ma in politica equivale al “ce la pagherà, e cara”. Solinas, mentre si scrive, avrebbe deciso di candidarsi ugualmente. Corre dunque in solitaria, il centrodestra, a questo punto, corre invece il rischio, reale, di perdere. In verità se ne corre pure un altro: il rinvio del voto. Lo spiega Gianfranco Rotondi alla Camera: “In Sardegna c’è una contesa sul simbolo della Dc che può finire al Tar”. Le Dc sono almeno tre. Una è quella di Rotondi, un’altra è di Totò Cuffaro e dell’ex eurodeputata leghista Donato, la terza è della ex ministra del M5s, Elisabetta Trenta. Donato e Cuffaro accusano ora Rotondi di abusare in Sardegna del nome della Dc. Rotondi rivendica il simbolo che usa da almeno vent’anni. Chi viene escluso si rivolgerà ai giudici. Per Salvini perdere la Sardegna può rivelarsi un dono.
Il tavolo del centrodestra sardo rischia di risolverlo una toga. Cuffaro e Donato hanno citato Rotondi presso il tribunale di Avellino, Rotondi risponde che accetta la sfida e che lascia alla magistratura “stabilire se Cuffaro sia il successore di De Gasperi”. Più che centrodestra unito sembra una carnevalata. La possibilità che le elezioni regionali vengano spostate causa ricorsi Dc è seria. Meloni, ansiosa di conquistare una regione, rischia così di consegnarla alla sinistra. La vittoria nell’isola non è più scontata. Sempre più, anche nel giro della premier, c’è chi mette in dubbio un prossimo straordinario successo alle europee. La candidatura di Meloni, immaginata per massimizzare il consenso, si sta man mano trasformando in una necessità per non perderlo, causa sparatori, minchioni, abitazione in comodato d’uso. Al momento è solo una fantasia ma nella destra c’è chi ragiona in questo modo: “Chi ci dice che dopo averle provate tutte, gli italiani non scelgano di provare pure una figura come Urbano Cairo, editore del Corriere, qualora decidesse un giorno di candidarsi?”. Salvini può salvarsi grazie ai minchioni che ha a destra della sua destra. Da giorni si divide ormai tra studi televisivi, cantieri e aule. Giovedì sera è andato ospite da Del Debbio e ha difeso il suocero Denis Verdini, “colto e affettuoso”. Il giorno dopo era a Palermo, per il processo Open Arms. Per le europee ha chiesto un “sacrificio” ai parlamentari: candidarsi per trascinare le liste della Lega. Ora ci sono i nomi. Uno sarebbe l’economista euroscettico Alberto Bagnai, protagonista insieme con Claudio Borghi del voto sul Mes. Gli altri a cui viene chiesto il “sacrificio” sono i leghisti Carloni, Loizzo e Bruzzone. Con Meloni, cedendo la Sardegna, può ragionare di compensazione, una compensazione che va oltre il terzo mandato, un terzo mandato che è ancora un ddl. Per mettere in sicurezza il partito, la sua leadership, Salvini potrebbe strappare, per conto di Luca Zaia, la prossima casella di commissario Ue. Gli consentirebbe di temperare l’unico vero rivale interno e nei territori contenere FdI, i famelici d’Italia.