J.M.W. Turner, Il diluvio, 1805 (via Wikimedia Commons) 

l'editoriale dell'elefantino

L'unilateralismo che manca per evitare il trionfo del caos internazionale

Giuliano Ferrara

Contro la sinistra cosmopolita e moralista, contro la destra sovranista: nel collegare la sorte delle libertà globali a un ordine da costruire con una logica imperiale di forza democratica, avevano ragione i neoconservatori

Qui da molto tempo fu segnalata con modestia e tristezza la “stanchezza dell’occidente”, visibile anche in una scristianizzazione coatta dei costumi e del credo collettivo poi sfociata nel wokismo nella cancel culture e nella cultura di genere, altra cosa da una laicità che lascia spazio pubblico alla contraddizione evangelica e personalista, e chiarissima, questa stanchezza, sotto l’onda d’urto dell’islamismo terrorista dispiegato. Modestia e tristezza di una cronaca, non una profezia, ovviamente. Ora in sequenza abbiamo letto la previsione della “disfatta dell’occidente”, che è il titolo di un libro dello storico e antropologo francese Emmanuel Todd, un’intelligenza a metà lunatica, e di una sua intervista recentissima al Figaro; un breve saggio dell’iperpopulista e filosofo della destra francese Alain de Benoist sull’occidente “ossidato” (Diorama, 2024); un editoriale-manifesto di Ezio Mauro, nella Repubblica di ieri, che parla con impeto moralistico e applicazione analitica della fine della coesistenza tra mondi in favore di un unilateralismo della forza, e argomenta intorno alla disgrazia in cui sono cadute le democrazie liberali nel mondo globalizzato.

  

Sono testi o tentativi di pensiero della realtà molto diversi e opposti tra loro. Todd e de Benoist pensano che “la guerra contro la Russia condotta dalla Nato in Ucraina ha svolto un ruolo di acceleratore dei processi in corso” (questo virgolettato è De Benoist che rigira con una certa sapienza la frittata, ma Todd con altri procedimenti arriva alla stessa conclusione). Mauro certamente è dall’altra parte, dalla parte giusta, e cerca di rendere conto di un mondo in cui la logica della forza prevale sul vecchio quadro uscito dall’ultima guerra mondiale, con l’aggressione di Putin che stappa una bottiglia incendiaria in un quadro geopolitico incandescente, compresa la tragedia del 7 ottobre e di Gaza, in cui ogni soggetto attivo sfugge a una rete di regole e di intese che aveva retto fino alla crisi di Yalta (la caduta del Muro di Berlino).

    
Le opposizioni nel pensare quel che accade sotto i nostri occhi, trattandosi di cose serie e non di chiacchiericcio salottiero sulla solita casa che brucia, malgrado si intrometta ogni tanto qualche ricciolo di retorica sulfurea, aiutano a capire. Mauro, sinistra cosmopolita, dice che la crisi delle élite democratiche e delle istituzioni occidentali è un guaio perché la democrazia è quel che siamo, è la nostra libertà e identità, è qualcosa in cui credere respingendo il dileggio e l’attacco di chi la descrive mendacemente come la sovrastruttura di un inganno ai danni dei popoli e delle nazioni. De Benoist considera “una buona notizia” la deoccidentalizzazione, “un nuovo spartiacque, annunciatore di un Nomos della Terra fondato sulla multipolarità (o sul pluriversalismo) e sul non-allineamento: da un lato l’occidente collettivo e il suo nucleo anglosassone, dall’altro il resto del mondo, a partire dai paesi che sono stati a lungo definiti emergenti e che appaiono ormai potenze del futuro”. Per lui, scandalo per Mauro, “il futuro dell’Europa non è a Ovest, dalla parte dello stadio terminale del Ponente californiano, ma dalla parte del Sol Levante”, cioè i Brics “che contribuiscono da soli a una parte della crescita mondiale maggiore di quella dei paesi del G7”.

  

Comunque sia, la sinistra cosmopolita pensa che al mondo piegato dalla logica della forza e all’occidente in affanno gravissimo siano mancati strumenti regolativi multipolari, le solite regole, e magari un funzionamento migliore della diplomazia, della Corte dell’Aia e dell’Onu, e che quello presente sia il trionfo di un unipolarismo di tipo nuovo. Invece la destra nazionalista e populista pensa che la multipolarità e la fine dell’allineamento siano la chiave per intendere la disfatta dell’occidente come l’inizio di un ciclo positivo che sottrae masse, partiti, popoli e nazioni a un imperativo di sottomissione ai mercati e all’imperialismo decadente angloamericano. I due sono divisi su tutto, però sono uniti dalla denuncia dell’unipolarismo, cioè di un ordine mondiale il cui unico sostegno è la politica degli stati e delle opinioni pubbliche consapevoli.

            

I neoconservatori, ultimo scampolo di un vero pensiero politico del mondo, sostenevano, nel loro “progetto per un secolo americano”, che l’unilateralismo o unipolarismo della potenza imperiale degli Stati Uniti era l’unico strumento per prevenire (preempt) quel che è poi successo, il trionfo di un esplosivo e minaccioso caos internazionale. Contro la sinistra cosmopolita e moralista e contro la destra sovranista e nazionalista, nel collegare la sorte delle libertà globali a un ordine da costruire con una logica preventiva e imperiale di forza democratica, pare di capire che avessero ragione loro. Robert Kagan diceva, in un saggio che pubblicammo qui dopo l’11 settembre, che gli americani vengono da Marte, dio della guerra, e gli europei da Venere, dea dell’amore; non poteva prevedere che il venusianesimo si sarebbe esteso al Congresso americano, alle decisioni sugli aiuti all’Ucraina, al moralismo umanitario che incatena la diplomazia americana al seguito delle folle deliranti per Hamas.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.