Libertà che non vogliamo vedere
Democrazia. Commercio. Diritti delle donne. Libertà di culto. I nemici della società aperta sanno cosa colpiscono, noi sappiamo cosa stiamo difendendo? Gli houthi, l’Ue, il fanatismo e quell’immobilismo pericoloso da combattere
Loro sanno cosa colpiscono, ma noi sappiamo cosa stiamo difendendo? L’intervento militare nel Mar Rosso portato avanti con coraggio dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna ha messo di fronte agli occhi dell’occidente una verità amara: i nemici della società aperta conoscono bene i punti di forza delle nostre società, ma coloro che vivono nelle società aperte non sempre sono consapevoli del valore delle proprie libertà. Gli houthi, le milizie assassine finanziate, guidate e rifornite dall’Iran, hanno scelto di colpire una delle tratte commerciali più importanti del mondo per ragioni pratiche e per ragioni simboliche.
Le ragioni pratiche sono evidenti. Più si strozzano i colli che portano ossigeno ai polmoni della globalizzazione e più i paesi che vivono di globalizzazione saranno a corto di fiato. E più i paesi che vivono di globalizzazione si sentiranno a corto di fiato, più sarà possibile far leva su di loro per condizionare la guerra combattuta da Israele contro i terroristi di Hamas. Le ragioni simboliche lo sono altrettanto: più si vanno a colpire i simboli della società aperta e più le società aperte potrebbero sentirsi deboli, vulnerabili e dunque disposte a tutto pur di non perdere fette del proprio benessere e della propria libertà.
Fino a oggi, i nemici delle società aperte, dove per nemici delle società aperte vanno intesi stati terroristi (la Russia di Putin), stati che finanziano il terrorismo (l’Iran degli ayatollah), milizie terroristiche (Hamas), organizzazioni criminali che spalleggiano milizie terroriste e che sono teleguidate da stati che finanziano il terrorismo (gli houthi), lupi solitari che rispondono agli input dei terroristi islamisti (Isis), hanno dimostrato di conoscere i punti di forza dell’occidente meglio ancora dell’occidente. E ogni volta che hanno necessità di combattere il potere demoniaco dello stesso occidente svelano insieme i loro obiettivi ma anche le nostre virtù.
I nemici della società aperta attaccano il commercio perché il commercio unisce i popoli, avvicina il mondo, crea benessere e moltiplica le nostre libertà. I nemici della società aperta attaccano le democrazie confinanti perché una democrazia che si affaccia su una autocrazia è una pericolosa finestra sulle libertà che gli autocrati non concedono. I nemici della società aperta attaccano i simboli di un’altra fede perché i simboli delle fedi degli altri, le croci, le kippah, sono straordinari simboli di libertà e per tutti i fondamentalisti le libertà sono una grande minaccia per la propria identità. I nemici della società aperta attaccano i simboli della nostra democrazia, Westminster a Londra (2017), il Parlamento europeo a Strasburgo (2016), perché la democrazia, per i fondamentalisti, è il simbolo dell’occidente e come tutti i simboli dell’occidente deve essere violato, abbattuto, messo in pericolo. I nemici della società aperta attaccano le donne perché l’emancipazione delle donne è una pericolosa spia di cedimento ai valori dell’occidente e ogni cedimento all’occidente deve essere represso con la forza (chiedere alle donne iraniane cosa succede quando si tolgono il velo durante una manifestazione). I nemici della società aperta, poi, attaccano i simboli della nostra libertà (il rave, in Israele, nel 2023; il Bataclan, a Parigi, nel 2015; il gay club, a Orlando, nel 2016), perché i simboli della nostra libertà sono il simbolo della nostra infedeltà.
Loro sanno cosa colpiscono, ma noi sappiamo cosa stiamo difendendo? La domanda da cui siamo partiti all’inizio di quest’articolo potrebbe apparire come retorica ma è una domanda necessaria da porci quando ci si trova di fronte a qualcuno che minimizza (l’invasione dell’Ucraina), a qualcuno che relativizza (l’aggressione a Israele), a qualcuno che ridimensiona (la minaccia islamista), a qualcuno che sminuisce (il motore iraniano del terrore) e a qualcuno che di fronte a ciò che sta accadendo per esempio nel Mar Rosso si comporta come l’Unione europea. Che pur essendo molto esposta alle conseguenze del blocco di fatto del canale di Suez (le navi che non passano più dal Mar Rosso arrivano a Rotterdam senza passare più dai porti del Mediterraneo: secondo l’indicatore Kiel Trade del Kiel Institute for the World Economy le navi portacontainer in transito a Suez sono diminuite di oltre il 50 per cento solo a dicembre) ha scelto di non difendere se stessa (lunedì prossimo si riuniscono i ministri degli Esteri dell’Ue che potrebbero decidere di allargare l’operatività dell’Ue nel Mar Rosso offrendo supporto logistico, non navi, e rinviando a fine febbraio un’eventuale rafforzamento del proprio impegno al Mar Rosso: ciao core) delegando dunque la difesa del suo interesse sovranazionale a paesi extraeuropei come gli Stati Uniti e come la Gran Bretagna (ieri, a proposito di interesse europeo, gli houthi hanno colpito nel Mar Rosso un cargo greco).
I nemici delle società aperte hanno ben chiaro cosa devono fare per colpire i simboli della nostra libertà (compreso Israele). La storia degli ultimi anni dovrebbe ricordare a coloro che le società aperte le vivono, le animano e le alimentano che la difesa della libertà comporta delle scelte, dei rischi, e che difendere noi stessi alzando le mani, disarmandoci, invocando il pacifismo è il modo migliore per mettere la nostra libertà nelle mani di chi la vuole violare. Loro sanno cosa colpiscono, ma noi sappiamo cosa stiamo difendendo?