La Situa
Candidarsi o non candidarsi? I motivi del dilemma di Meloni, Schlein e Salvini
La presidente del Consiglio, la segretaria del Partito democratico e il leader leghista vorrebbero candidarsi ma hanno buone ragioni per aspettare la mossa degli altri
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Ma perché il tema della candidatura dei leader, alle Europee, appassiona così tanto? Tre ragioni.
La prima: Meloni vorrebbe candidarsi, per certificare il suo consenso personale, ma sa anche che un risultato alto di Fratelli d’Italia potrebbe cannibalizzare i suoi alleati, e avere un governo con un partito che va bene (il suo) e altri che vanno male (gli altri) potrebbe indebolire il suo governo: ne vale la pena?
Seconda ragione: Schlein. La leader del Pd vorrebbe candidarsi (anche se i vecchi e i nuovi dirigenti del Pd glielo sconsigliano: non vorrai mica fare come Berlusconi?) ma sa che potrà farlo solo se lo farà anche Meloni. Ma perché Schlein vuole candidarsi? Perché il suo Pd ha bisogno di superare quota 20 per cento per evitare che il Pd rottami rapidamente la leadership di Schlein (il 20 per cento è una soglia psicologica, più bassa del 22,7 per cento ottenuto dal Pd alle ultime Europee, più alta del 19 per cento ottenuto dal Pd nel 2022) e perché anche uno zero virgola di valore aggiunto potrebbe essere decisivo per arrivare a quella soglia.
Tema numero tre: Salvini. Il vicepremier vorrebbe candidarsi ma vuole evitare di pesarsi e, allo stesso tempo, sa che senza raccogliere molti voti c'è chi potrebbe chiedere il suo scalpo (e sa che tra quelli che potrebbero chiedere il suo scalpo c'è anche il governatore del Veneto Luca Zaia, al quale Salvini vorrebbe fare il terzo mandato, cosa oggi proibita dalla legge, anche per evitare di avercelo tra le scatole tra un anno).