gli appunti di giorgia
Meloni parla per un'ora davanti al giuri d'onore: “Ho ragione io, non Conte”
La premier si difende dalle accuse del capo del M5s con una relazione dettagliata (e senza scartoffie). Mulé: "Ora tocca a noi studiare"
“Non ci sono stati siparietti particolarmente simpatici. Ma questo non vuol dire che ci sia stata antipatia. Diciamo che è stato tutto piuttosto cordiale”. Il deputato di Noi Moderati Alessandro Colucci è uno dei cinque componenti del giurì d’onore. Ieri ha ospitato "gli appunti di Giorgia", ma non stiamo parlando del videodiario sui social. La premier è piombata a Montecitorio puntualissima, prima delle 12, sgusciando via dai cronisti che cercavano di indovinare per quale corridoio sarebbe transitata. Era scortata dalla sua segretaria personale Patrizia Scurti e si è presentata nella Biblioteca del presidente per rispondere punto su punto a Giuseppe Conte, che l’ha trascinata fin qui per darle della bugiarda sul Mes. Visto che in Aula Meloni aveva accusato il presidente del M5s di aver sottoscritto il Meccanismo europeo di stabilità “con il favore delle tenebre”, all’epoca di quando era presidente del Consiglio. Lui il giorno prima aveva parlato per un’ora e mezza, sciorinando tutta una serie di date disseminate per circa cento pagine di relazione a cui aveva dedicato anima e corpo. Lei ha risposto con una prolusione di un’ora, preparata meticolosamente per più di dieci giorni con il sottosegretario Alfredo Mantovano e con il braccio destro a Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari. Eppure si è presentata senza scartoffie, forte della sua versione. Intervallata, qua e la, dalle domande e dai chiarimenti richiesti dai deputati e dal presidente della commissione Giorgio Mulé. Chiarimenti che sono stati forniti, e che ai componenti della giunta fanno dire che “non serviranno nuove audizioni dei due protagonisti”.
Voleva dimostrare, la premier, che non ha alcuna intenzione di arretrare, di rimangiarsi alcunché. La tesi della presidente del Consiglio, al di là del famoso fax sventolato nell’Aula di Montecitorio, è che il governo Conte II non fosse nella pienezza delle funzioni. E per dimostrarlo avrebbe prodotto dei documenti nuovi, depositati al giurì, che aiuterebbero a ricostruire come e perché ha detto quelle cose in Aula. Sempre Conte giovedì, invece, ai giurati aveva voluto suggerire quanto quel documento mostrato in Parlamento fosse la summa delle debolezze della premier, visto che all’epoca del governo rossogiallo, dice sempre il leader M5s, lui era stato davanti ai parlamentari per almeno quattordici volte a parlare di Mes. “Come finirà? 1x2”, scherzava alla fine della mattinata lo stesso presidente Mulé. Aggiungendo pure che “da un punto di vista pratico, esaurite le audizioni, la commissione di indagine è come se entrasse in una camera di consiglio che si prolungherà fino a quando non verrà letta la relazione in Aula”. Dovrà avvenire entro il 9 febbraio, ma dal giurì sostengono che possa accadere pure prima. “Anche se, per dire, io sono pure relatore del Milleproroghe e non sarà semplicissimo adesso mettersi a studiare tutti gli atti”, dice ancora Colucci.
Fatto sta che non ci sarà un voto finale, semplicemente verrà redatta una relazione che sarà letta nell’Aula della Camera. Dirà chi tra Giorgia e Giuseppi ha avuto ragione sul punto. E a chi maligna sulle settimane a venire, alludendo a una maggioranza di centrodestra in commissione, dalle parti dello stesso giurì respingono le accuse. “La terzietà e l’imparzialità dei componenti della commissione per la responsabilità alla quale sono stati chiamati, rappresenta la condizione primaria per svolgere correttamente il lavoro”, dice ancora Mulé. “Da questo punto di vista non ho dubbi che l’analisi di ognuno dei commissari sarà uniformata unicamente a una serena e indipendente valutazione dei fatti”. Di certo, da Palazzo Chigi l’interesse sulla questione è minore rispetto a quello che si registra dalle parti del M5s. Della serie, abbiamo un paese da guidare e cose più importanti di cui occuparci.