L'accusa di Calenda
Stellantis in Marocco: ecco la lettera con la quale l'azienda invita i fornitori in Africa
L'iniziativa lo scorso novembre a Rabat. Nella fabbrica di Kenitra si assemblano già quattro modelli (dal 2023 anche la Fiat Topolino) e ha un centro di ricerca e sviluppo a Casablanca
Altro che l’Italia, Stellantis guarda al Marocco. A dirlo in un’intervista sul Messaggero è Carlo Calenda: “Sono in possesso di una lettera che Stellantis ha inviato ai fornitori italiani, decantando le opportunità di spostare gli investimenti in Marocco, dove il gruppo di Elkann è già presente in maniera massiccia. Oltre alla lettera, hanno inviato un dépliant del governo marocchino, che esalta le facilitazioni per l'industria dell'automotive in quel paese. La fuga dall'Italia continua sempre di più”. Il Foglio ha potuto visionare la missiva con la quale il gruppo invita in effetti i suoi fornitori italiani a una due giorni d’incontri in un hotel di Rabat, il 9 e il 10 novembre scorsi. Un documento che mostra bene l’anti patriottismo di Stellantis che studia come spostare alcune attività a sud, questione di costi più bassi (il Marocco ha 150 mila laureati l’anno ma un salario minimo di 280 dollari al mese) e integrazione della produzione.
Durante il primo giorno gli invitati hanno potuto prima assistere alla presentazione delle attività di Stellantis in Marocco, poi partecipare a una cena cocktail di networking. Mentre il secondo giorno, per chi ha partecipato, era previsto un tour nell’impianto Stellantis di Kenitra (dove Peugeot produceva già dal 2015), con navette a ogni ora tra le 7.45 del mattino e l’una del pomeriggio, e, nella stessa fascia oraria, incontri business to business tra fornitori e i dirigenti di Stellantis che si occupano dell’acquisto di materie prime e semilavorati.
Alla missiva con l’invito a Rabat, accusa Calenda, è stato allegato anche un dépliant del governo marocchino dal titolo “Morocco now, invest and export”. Il documento, 21 pagine, contiene tre capitoli.
Nel primo sono indicati i fondamentali dell’economia marocchina (il pil triplicato tra il 2000 e il 2020, il basso livello di rischio sui titoli e l’ottima situazione delle infrastrutture di trasporto e di telecomunicazioni), nel secondo il peso dell’industria dell’automotive, in particolare con gli investimenti di Renault e ovviamente di Stellantis (che a Casablanca ha anche un centro di ricerca e sviluppo), che raggiunge quasi un milione di veicoli assemblati ogni anno (450 mila per quattro modelli, principalmente Peugeot, ma dal 2023 c’è anche la Fiat Topolino). “L’obiettivo oggi – è dichiarato nel documento – è raggiungere un alto tasso di integrazione”. Ovvero portare in Marocco non solo l’assemblaggio, ma un pezzo più vasto di catena produttiva. Con una meta finale: arrivare a una produzione di 1,5 milioni di veicoli e alla piena decarbonizzazione della produzione attraverso l’uso delle energie rinnovabili locali.
L’ultimo capitolo del dépliant, quello che più può interessare le aziende, parla degli incentivi e degli aiuti statali per chi è disposto a investire nel paese nordafricano. Tra le varie informazioni si parla dell’assenza di restrizioni per i non residenti negli investimenti in aziende marocchine, nessun costo per lo spostamento di profitti e capitali dal Marocco e l’accordo di protezione degli investimenti stranieri che riguarda sessanta paesi, tra i quali ovviamente anche l’Italia.
Continua così, dunque, la battaglia di Carlo Calenda contro la presunta dismissione dell’ex Fiat dall’Italia, dopo la fusione di Fca con Psa a fine 2019. Un lento andar via protetto, secondo il leader di Azione, dalla compiacenza della Cgil di Maurizio Landini e del quotidiano di proprietà della famiglia Elkan, La Repubblica che, dice il senatore, da quando ha cominciato questa sua crociata non lo interpella più.