Francesco Lollobrigida - foto Ansa

mezzo passo indietro

Carne sintetica, Lollobrigida ora pensa di rivalutare il divieto sul meat sounding

Pietro Guastamacchia

Il ministro non esclude un passo indietro sul cosiddetto emendamento Centinaio. Ma al Foglio dice: "Io mi chiedo sempre perché uno che vuole mangiare verdura la debba chiamare bistecca, pezzo di bue, oppure hamburger"

Bruxelles. La crociata contro la “carne sintetica” del ministro Francesco Lollobrigida trova nuove sponde in Europa ma la falla sul divieto ai prodotti soggetti a meat sounding, sollevata dal Foglio, mostra i limiti tecnici e politici della legge. Da Bruxelles, infatti, arriva un primo mezzo passo indietro rispetto all’articolo che proibisce di associare i termini legati alla carne ad alimenti a base vegetale e che, quindi, metterebbe al bando prodotti come gli “hamburger vegetali”. Uscito dal Consiglio Agricoltura infatti Lollobrigida si dice pronto a un possibile passo indietro sul cosiddetto emendamento Centinaio, (sostenuto con forza dalla Coldiretti): “Ho letto oggi sul giornale, è un tema che non incide sull’intera legge, ma su un singolo articolo”, spiega il ministro, e comunque “se su questo punto vi fosse un problema, potremmo fare una valutazione”. Ieri il Foglio aveva dato la notizia che Unionfood, l’associazione guidata da Paolo Barilla che rappresenta l’industria agroalimentare italiana, ha depositato un parere a Bruxelles, nell’ambito della procedura Tris, che chiede alla Commissione Ue di cancellare quell’articolo. “Ho visto Paolo Barilla pochi giorni fa, in una splendida conferenza che abbiamo fatto insieme. C'è una collaborazione costante”, rassicura Lollobrigida.

 

 

Un mezzo passo indietro però che arriva impacchettato in una breve lezione di lollopensiero: “Io mi chiedo sempre per noi italiani che abbiamo una lingua con tanti vocaboli, con tanti modi di esprimersi, perché uno che vuole mangiare verdura la debba chiamare bistecca, pezzo di bue, oppure hamburger”, ha spiegato il ministro. “Mi sono posto questa domanda in termini culturali: uno orgogliosamente vegetariano non vedo perché debba legare il suo consumo a qualcosa che richiama la carne”, ha aggiunto. Se il lato tecnico cigola, sul fronte della guerra alla carne sintetica rivendica: “Abbiamo votato in Italia la nostra legge, siamo la prima nazione al mondo che non vieta la ricerca ma applica il principio di precauzione, vietando una commercializzazione e produzione di qualcosa di cui sappiamo ancora molto poco”, spiega il ministro parlando alla stampa a Bruxelles, sottolineando che sul dossier “l’Italia non solo non è isolata”.

 

 

La battaglia contro la carne sintetica in Europa piace: “Abbiamo un documento con Austria, Francia e Italia e a cui si sono aggiunte altre 9 nazioni: c’è scritto con chiarezza che la carne coltivata, sempre che si possa chiamare carne da questo punto di vista, è un potenziale pericolo per l’Europa da tanti punti di vista”, spiega. In realtà, però, nessun paese europeo si è per ora spinto a introdurre un divieto come in Italia. Ma Lollobrigida fa leva sul consenso popolare più che su quello tecnico-scientifico: “Sulla carne coltivata l’Italia potrebbe chiedere una consultazione pubblica ai cittadini”, insiste il ministro “abbiamo chiesto che la scienza ci dia le risposte alle domande che abbiamo portato, chiediamo ai cittadini europei che ne pensano. Perché abbiamo sentito tante voci, sentiamo anche quella dei cittadini europei”.

 

 

Pronti al plebiscito contro la carne da laboratorio, dunque, ma come trovare una via d’uscita per polpette di ceci e cotolette di seitan? Il ministro dovrebbe scrivere un decreto attuativo con l’elenco dei nomi proibiti, “decreto in fase di elaborazione” fanno sapere. I termini formalmente scadono il 1 febbraio. Ma sul tema si dovrà esprimere la Commissione europea, entro il 4 marzo,  per la valutazione della conformità della legge rispetto al diritto comunitario. È proprio alla Commissione che associazioni di categoria come Unionfood chiedono di cancellare la norma. Ma se Bruxelles non dovesse bocciare la norma, Lollobrigida – come indicano le sue parole – potrebbe comunque andare incontro alle richieste dell’industria: basterebbe non  fare il decreto attuativo, insabbiando l’attuazione pratica della sua legge. Sarebbe la soluzione preferita dal ministro: niente bocciatura della legge e nessuno scontro con il mondo produttivo. Un’operazione politica da laboratorio che però si basa su un presupposto non semplice: a Bruxelles dovrebbero chiudere un occhio, o forse due