Il caso

Tajani ci ripensa: se Meloni corre alle europee, ci sarà anche lui. E sogna il sorpasso della Lega

Simone Canettieri

La mossa del leader di Forza Italia: pronto a misurarmi. Attende l'annuncio della premier. E dentro al partito fondato da Berlusconi la grande paura sembra passata

L’ultima, ultimissima, quasi definitiva è questa: se Giorgia Meloni si candiderà come capolista di Fratelli d’Italia alle europee, altrettanto farà Antonio Tajani per Forza Italia. Il vicepremier e ministro degli Esteri, margherita alla mano e polpastrelli consumati a forza di sfogliarne i petali, sembra che ci stia ripensando. Seppur controvoglia, ben consapevole dei rischi di questa impresa, della concomitanza con la presidenza italiana del G7, della guerra in Ucraina e della situazione in medio oriente, alla fine, come l’uomo del monte, potrebbe dire sì. Dichiarazione ufficiale da tenere a mente: “Non ho alcun problema, sono stato eletto cinque volte al Parlamento europeo e se sarà utile a Forza Italia mi candiderò, sapendo bene che gli elettori conoscono quali sono le carte in tavola: un leader si candida per rafforzare l’entità del movimento, un modo per dare forte identità a Forza Italia che sta crescendo nei sondaggi”.  


Ecco questo è un altro discorso ancora. Per quanto le intenzioni di voto vadano prese con le pinze, dalle parti di Forza Italia regna un discreto ottimismo. Si è passati dalla paura di non superare il tetto del 4 per cento – modalità Zattera della medusa – al sogno proibito di sorpassare la Lega. 

Secondo l’ultimo sondaggio di Tecnè diffuso l’altra sera da “Quarta Repubblica”, durante l’intervista di Nicola Porro alla premier Giorgia Meloni, il partito fondato da Silvio Berlusconi sarebbe al 9,4 per cento e quello di Matteo Salvini all’8,5. Roba da stropicciarsi gli occhi. 


Un mezzo miracolo italiano che, di converso, creerebbe qualche problemino al capo del Carroccio. Gli screenshot di questo sondaggio ieri rimbalzavano di chat in chat, dentro Forza Italia, accompagnati da occhi sgranati, seguiti da sospiri e “magari” per concludersi con realistici “dai, sarebbe troppo”. La linea Maginot di Tajani è il 7 per cento, non lontano anni luce dall’ultimo 8,8 consegnato agli archivi. E cioè il risultato delle europee del 2019, con Silvio Berlusconi candidato, eletto e dunque riabilitato alla grande dopo la decadenza del 2013. 


Tajani è costretto dall’ottimismo della volontà a puntare in alto. Al punto di evocare lo “spirito del ‘94”. Con questa spinta emotiva, tra mito e leggenda, venerdì si celebreranno i 30 anni dal discorso della discesa in campo del Cav. La scintilla da cui nacque un’epopea o più semplicemente un pezzo di storia italiana. Venerdì solo Gianni Letta, alla voce “io c’ero”, parteciperà all’iniziativa. Sarà la prima assoluta dell’eterno sottosegretario sul palco. L’eminenza azzurra porterà i saluti della famiglia Berlusconi, che invece ha deciso di non essere presente: dal fratello Paolo ai figli, tutti marcheranno visita. Così come non ci sarà Marta Fascina, compagna dell’ex premier che forse sabato potrebbe votare al congresso di FI di Monza. Forse. Con il trentennale dell’“Italia è il paese che amo” Tajani ha in mente di aprire – nella memoria imperitura del fondatore – una nuova fase. “Vediamo vitalità e partecipazione: siamo tonici, sereni e positivi”, dice Maurizio Gasparri, big di FI. “Siccome penso che Giorgia Meloni si candiderà, di conseguenza politicamente Antonio prenderà una decisione simile: ragiono in termini politici. E comunque rispetto a sei mesi fa, quando ci davano tutti per morti, abbiamo reagito: basta frequentare i nostri congressi provinciali e cittadini in giro per l’Italia”.


La fase congressuale terminerà il 23 e il 24 febbraio con l’incoronazione già scritta del segretario Tajani. Per i vicesegretari invece – la candidatura è “spontanea” e sarà sottoposta al voto dall’assemblea – iniziano a esserci tramestii non indifferenti. I vice Tajani dovrebbero essere quattro e non mancano le prime mosse interne. Sono ruoli che interessano per esempio ai governatori della Calabria e della Sicilia, Roberto Occhiuto e Renato Schifani. In lizza c’è anche Debora Bergamini e al nord il giovane Stefano Benigni, già tendenza Marta Fascina, ora in area Tajani. L’opposizione interna, quella di Licia Ronzulli, non disdegnerebbe una postazione per Alessandro Cattaneo, ex capogruppo, sostituito con un blitz da Paolo Barelli. Il leader di Forza Italia non può permettersi strappi. Anche perché ha un altro fronte esterno con Giorgia Meloni da gestire: non possono esserci schegge impazzite o fronde pericolose fra loro. I rapporti con la premier, d’altronde, sono buoni. Lei in più occasioni e in riunioni riservate ha spiegato l’importanza di Forza Italia nella coalizione: se il partito è forte e in salute qualsiasi opa parlamentare di Matteo Renzi e Carlo Calenda, più del primo che del secondo, è destinata a fallire. 


La piccola prova di generosità si vedrà in Basilicata con la ricandidatura del presidente uscente, l’azzurro Vito Bardi. Con ogni probabilità, non finirà come con la Sardegna dove Matteo Salvini ha dovuto fare un passo indietro su Solinas. In Consiglio dei ministri domani andrà anche il decreto con l’election day europee-amministrative del 9 giugno. In questa occasione saranno indette anche le urne lucane sempre per lo stesso giorno. In meno di quattro mesi Tajani si gioca tutto: lo salverà il ritorno dello spirito – anche in versione mignon – del ‘94? C’è chi dice di sì.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.