l'anticipazione
Fascisti su Marte? No, su Dakar! Una notizia da tre miliardi sul piano Mattei
Politici che un tempo flirtavano con la xenofobia costretti ora a respingere il salvinismo e a immergersi sull’immigrazione nel magnifico mainstream europeista (in Africa e al cinema). E adesso il governo vuole stanziare fondi in alcuni paesi del continente senza aspettare l'Europa
Da Marte a Dakar. Era il suo tema identitario, il suo tratto distintivo, il suo cavallo di battaglia e ora, improvvisamente, è diventato il suo incubo. C’è stato un tempo in cui per Matteo Salvini toccare il tema dell’immigrazione significava giocare sul sicuro, significava trasformare tutto in oro. Quel tempo ora è passato e di fronte al segretario della Lega oggi vi è semplicemente uno scenario da incubo. Vi è lo scenario di un governo che sull’immigrazione cerca di ottenere risultati puntando su un’agenda opposta a quella proposta dal leader del Carroccio. Cinque anni fa, alle europee, la Lega ottenne risultati da sballo (33 per cento) puntando sulla linea dura sull’immigrazione (porti chiusi, con processi conseguenti). Oggi, alla vigilia delle europee, la linea scelta da Meloni, fuori e dentro al Palazzo, va in una direzione del tutto diversa.
La premessa la conoscete. Il governo Meloni ha dato il via al Decreto “flussi” più importante della storia della Repubblica, ha avviato l’iter per la revisione della Bossi-Fini, ha firmato un accordo sull’immigrazione in Europa andando contro Orbán, ha chiesto alla Commissione europea un sostegno per provare a creare una forma di stabilità in Tunisia, uno dei paesi da cui nel 2023 sono partiti più migranti (“Le partenze di migranti dall’inizio di ottobre sono diminuite nella misura dell’80-90 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”, ha detto due giorni fa il commissario europeo per gli Affari interni, Johansson), ha scelto di collaborare nel Mediterraneo con le stesse ong che hanno mandato a processo Salvini e piuttosto che portare avanti una politica di respingimenti nel Mediterraneo ha deciso di portare avanti un piano che per quanto sia al momento fumoso va in una direzione di saggio mainstream europeista: il famoso Piano Mattei.
Lunedì a Roma, al Senato, Meloni ha convocato un vertice internazionale ambizioso, intitolato “Italia-Africa”, dove saranno presenti quindici capi di governo e di stato africani (Togo, Congo, Zimbabwe, Eritrea, Ciad, Senegal, Repubblica centroafricana, Guinea-Bissau, Mauritania, Somalia, Comore, Kenya, Mozambico, Tunisia, Ghana: astenersi imitatori russi!). In quell’occasione verrà ricordato, anche alle anime più riottose del governo, che per governare l’immigrazione non occorre alzare muri, non occorre chiudere porti, non occorre giocare con il cattivismo, ma occorre imboccare una strada poco amata dai teorici del nazionalismo: chiedere una mano all’Europa per governare il fenomeno, che evidentemente non si può “fermare”, e occuparsi di governare i flussi concentrandosi un po’ meno sui luoghi di arrivo, “chiudere i porti”, e un po’ più sui luoghi di partenza. Già, ma in che senso?
La notizia che il Foglio ha raccolto, confermata da fonti qualificate di Palazzo Chigi, è che la novità che il governo proporrà nei prossimi giorni per rendere il Piano Mattei qualcosa di più concreto di una incomprensibile chimera (finora lo è stato) e di una truffa modello Albania (costi per centinaia di milioni all’anno, capienza circa 720 migranti al mese) è quella di stanziare, senza aspettare i fondi europei, tra i due e i tre miliardi di euro per investire con urgenza in alcuni paesi africani strategici nell’ottica di governare l’immigrazione. I tre miliardi sono compresi all’interno del Fondo “Clima” e saranno stanziati al 70 per cento dal governo e il resto dalle partecipate di stato (Eni, Enel) che investiranno in alcuni paesi (Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia) per provare a responsabilizzarli anche in un’ottica di migliore gestione dell’immigrazione. E’ un approccio che i sovranisti di oggi un tempo avrebbero definito “buonista” ed è un approccio che dal punto di vista simbolico si accompagna a un’altra meccanica fino a qualche tempo fa imprevedibile: un governo guidato da politici che per molto tempo hanno flirtato con i sentimenti xenofobi che ora si ritrova non solo a combattere gli istinti sovranisti del suo stesso governo ma anche a sostenere agli Oscar un film come quello di Matteo Garrone nato per denunciare anche gli orrori portati avanti dai professionisti della xenofobia. Fascisti su Marte, diceva Corrado Guzzanti nel 2006, ironizzando anche su chi vedeva fascisti ovunque. Urge ora aggiornamento: fascisti su Dakar, e sto.