similitudini
Forza Fratelli d'Italia. Tajani fa i congressi, ma come Meloni preferisce i plebisciti alle sfide vere
I forzisti stanno celebrando i congressi. Eppure sono per lo più la ratifica di nomine del passato. Dinamiche che si sono già viste per gli appuntamenti organizzati dai meloniani
“A dispetto di quanti pensavano che, con la morte di Silvio Berlusconi, ci saremmo estinti, Forza Italia si sta confermando centro di gravità permanente del centrodestra e della politica nazionale”. Antonio Tajani ne è convintissimo. “Il tesseramento è stato un grande successo, come lo sono le adesioni sempre più numerose al partito, anche a livello locale”. Le tessere sono circa 108mila, aveva reso noto il ministro degli Esteri. Dicendosi convinto “che anche i congressi, attraverso il confronto di idee e la collaborazione interna, rafforzeranno ulteriormente il nostro legame con i territori”. Solo che poi vai a vedere più da vicino i congressi di FI, che si stanno svolgendo dall’inizio di dicembre. E altro che “confronto di idee e collaborazione interna”. Tutt’altro. Sono, nella quasi totalità dei casi, dei plebisciti senza alcun tipo di vera competizione. A praticamente tutte le latitudini. Facendo assomigliare sempre più Forza Italia a FdI nella selezione della propria classe dirigente. Mentre almeno la Lega un minimo di contesa interna ci tiene ancora ad averla.
Il 20 gennaio scorso s’è celebrato il congresso a Milano. Erano presenti i big del partito: Tajani, Ronzulli, Cattaneo, ma anche Letizia Moratti e Gabriele Albertini. Risultato? La riconferma, scontata e in solitaria, di Cristiana Rossello come nuova coordinatrice cittadina. A Roma c’è stato un cambio della guardia. Eppure il passaggio di consegne tra Maurizio Gasparri (che nel frattempo è diventato capogruppo al Senato) e l’assessora alla Sicurezza della Regione Lazio, Luisa Regimenti, è avvenuto nel solco della più totale continuità. Come sostenuto dallo stesso Gasparri. A Napoli il congresso non si faceva da ventidue (!) anni. Un’occasione per rinnovare i vertici, per fare entrare aria fresca, si direbbe. E invece è servito solo a trasformare la figura di Iris Savastano, capogruppo di Forza Italia al comune di Napoli, da commissaria a coordinatrice. Riconferme anche a Firenze, con l’uscente Paolo Giovannini, e a Torino, con Marco Fontana. Così come in Toscana sono stati riconfermati (sempre in solitaria) Roberto Berardi a Grosseto, Chiara Tenerini a Livorno e Carlo Bigongiari a Lucca.
Umberto Valois da commissario è diventato coordinatore a Bergamo, dove l’omologo regionale Alessandro Sorte ha ringraziato ben quattro candidati per essersi sfilati dalla corsa a sindaco (si vota in primavera). Una mosca bianca è il caso di Bologna, dov’è stato eletto Lanfranco Massari, ex di Confcooperative. Nel barese il viceministro Francesco Paolo Sisto ha lasciato al vicesindaco di Gioia del Colle Giuseppe Gallo il ruolo di coordinatore, dopo dieci anni di reggenza. Ma solo perché è stato nominato coordinatore a Bari città. Restando in Puglia, in provincia di Foggia ha vinto il consigliere regionale Paolo Dell’Erba. Il potenziale sfidante, il collega Napoleone Cera, è stato invitato al passo indietro. S’è autosospeso dal partito.
In tutta Italia le vere sfide si contano sulle dita di una mano. Per esempio quella di Pavia. Alla fine qui ha vinto Antonello Galiani, sostenuto dall’ex vicesindaco di Pavia ed ex coordinatore Pallavicini. Mentre con Amedeo Quaroni s’era schierato l’ex capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo, dell’ala ronzulliana. Questo per restare alle situazioni in cui s’è trovata una quadra. Ma non ovunque è andata così. Bernardo Grasso e Antonio Barbera sono stati riconfermati rispettivamente coordinatore a Messina provincia e Messina città. Tanto è bastato perché montasse l’insofferenza nella base. “Basta con le decisioni prese in un salotto, anche abbastanza piccolo. I congressi sono una farsa”, ha accusato il consigliere Cosimo Oteri. Che ha deciso di sbattere la porta e lasciare Forza Italia senza suoi esponenti in Consiglio comunale. Anche a Crotone la convergenza su un unico candidato, Sergio Torromino, ha portato a penalizzare l’ala che appoggiava il presidente della provincia Marco Ferrari. Che sbuffando ha chiesto un riequilibrio dei delegati al congresso nazionale, in programma il 23 e 24 febbraio.
Insomma dovevano servire a dare l’idea di un partito che guarda al futuro. Ma più che altro i congressi forzisti sono serviti a congelare il presente. Se non proprio a rifugiarsi nel passato. In questo Tajani sembra molto allineato a Meloni e ai suoi.