Il trattore proletario
“In questa sollevazione universale e non corporativa, io sto con i contadini”. Parla Mario Capanna
"Difendere Lollobrigida? Non scherziamo, non è mai salito su un trattore”. Colloquio con il fondatore di Democrazia proletaria, che ora si diletta a lavorare la terra nella campagna umbra
In un’altra vita, ha capeggiato il Sessantotto, fondato Democrazia proletaria, iniziato l’ambientalismo italiano. Oggi, invece, Mario Capanna fa il contadino nella campagna umbra di Città di Castello e si rammarica di non essere potuto arrivare fino a Bruxelles con il suo “trattorino” – un Same 50 cavalli, “piccolo, ma tenacissimo” – per unirsi alla battaglia degli agricoltori che hanno scatenato il finimondo giovedì contro la cattivissima Europa. “Questa è una sollevazione universale, e non corporativa, di tutto il mondo agricolo, che dalla Grecia arriva fino in Olanda, una protesta mai vista prima con uguale simultaneità”. In verità anche il Sessantotto fu una rivolta multinazionale, ma non per questo il vecchio sessantottino è diventato sessantrattorino: “Capisco la rabbia degli agricoltori. Hanno preso finalmente coscienza dell’importanza che hanno nel sistema di produzione odierno”. Oggi, in Italia, scenderanno di nuovo in piazza a Orte. “E io non ho dubbi: sto dalla loro parte”.
Narrano le cronache che, quando scoppiò la rivolta sessantottina, Capanna, studente dell’Università Cattolica di Milano, e credente, scrisse un trattato di settanta cartelle per convincere la propria ragazza che i rapporti sessuali prematrimoniali erano compatibili con l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino. “Invece, le regole europee sono inconciliabili con la vita reale di un agricoltore. Per esempio, l’obbligo di lasciare il 4 per cento del terreno incolto per ricevere i finanziamenti è folle”. Recitava uno slogan degli anni d’oro di Capanna: “Siamo realisti, vogliamo l’impossibile”. Gli agricoltori invece vogliono il diesel, e, per giunta, a prezzi calmierati. Mentre l’Unione europea lo sta mettendo progressivamente fuorilegge, perché inquina. Per un pioniere della politica verde, come Capanna, un bel dilemma: tifare pulito o tifare diesel? “Questa è una contraddizione vera, che l’Unione europea non ha risolto. La transizione ecologica è stata improvvisata. L’Ue è caduta nella trappola dell’immediatezza. Ha voluto tutto e subito. Sottovalutando le conseguenze delle proprie scelte. E questi sono i risultati”.
Nei suoi tre ettari di terreno, Capanna produce un olio che definisce “pregiatissimo” ed è stato “premiato anche in Giappone”. Parla con il Foglio dopo aver finito di piantare alcuni alberi di prugne, pere e ciliegie. Dice: “I contadini sono esausti di vendere i propri prodotti a una miseria e di rivederli sui banconi dei supermercati a prezzi otto, nove, dieci volte più alti. Di qui nasce la loro frustrazione, la loro collera. Si sentono espropriati di un valore che producono svegliandosi ogni mattina alle cinque e lavorando, soprattutto d’estate, per tutto il giorno. Mentre in parecchi guadagnano un mucchio di soldi infiocchettando i loro prodotti con l’etichetta bio e la falsa religione naturista. Non è solo una questione di prezzo del diesel. E’ anche una battaglia tra il materiale e l’immateriale. Il sudore del lavoro contro il packaging delle merci”.
Dai katanga – servizio d’ordine del Movimento studentesco – Capanna è per caso passato alle dottrine del ministro Lollobrigida? “Per carità, non scherziamo”. Contesta al ministro di aver incontrato, mercoledì, i falsi agricoltori italiani. Mentre i veri lo volevano scuoiare. Ma più nel dettaglio: “Che non è mai salito su un trattore”. Come Mussolini? “No, come un agricoltore qualsiasi”. Eppure, anche Capanna è un contadino anomalo. Si sveglia dopo le 8. Nei campi apprende lezioni magistrali “sull’infinita armonia della natura” e, sebbene non sia più credente, anche sul “miracoloso equilibrio del creato”. Mentre la rivolta dei trattori è connotata da un’aria sinistra. Tanto più ora che a Bruxelles hanno abbattuto una statua dell’Ottocento, lanciato bottiglie contro il Parlamento, appiccato il fuoco in piazza. “Sono sfoghi di rabbia comprensibili. Ma penso che più si terranno lontani dalla violenza, più i contadini avranno possibilità di successo. La storia recente della Francia l’ha dimostrato: il modello gilet gialli non funziona”.