L'intervista
“Ucraina, mar Rosso e Africa. L'Europa s'è desta”. Parla Minniti
L'ex ministro Pd loda la premier: "Tenendo duro con Orbán ha dimostrato che ci può essere una destra europea che riesce a controllare i populismi"
“L’accordo europeo sugli aiuti all’Ucraina e il ruolo che hanno giocato l’Italia e Meloni ci fanno sperare che, in un momento di grande incertezza, si possa costruire in Europa una destra europea e non populista, non è poco”. Marco Minniti, ex ministro dell’Interno del Pd e oggi presidente della fondazione Med-Or, guarda con soddisfazione all’accordo trovato tra i leader europei giovedì per garantire 53 miliardi di aiuti all’Ucraina fino al 2027. “Possiamo dire senza retorica – dice – che è stata una giornata della riscossa europea, si è dimostrato che l’Europa ha un suo profilo e una sua vitalità politica che possono in qualche modo prescindere da quello che accadrà negli Usa”. Un fatto non secondario, secondo Minniti, a pochi mesi dalle elezioni che potrebbero riportare Donald Trump alla Casa Bianca. “Ci eravamo abituati – spiega – al fatto che l’Europa faceva la sua parte certo, ma che nei passaggi più complicati senza gli Usa non ce l’avrebbe fatta a tenere il punto. Giovedì invece, ha battuto un colpo, mostrando che un grande continente democratico non viene meno ai suoi impegni e non dimentica quello che l’Ucraina ha fatto difendendo anche la nostra libertà”. “In questo ambito – prosegue Minniti – Meloni, che era la nuova al tavolo, ha tenuto il punto facendo capire al premier ungherese Viktor Orbán, che pure è un suo alleato politico, che su quel terreno non c’era possibilità di ascolto”. Un fatto importante, sostiene l’ex ministro, “non solo per l’oggi ma anche per il prossimo futuro”. Per una ragione articolata e fondamentale. “Se negli Usa dovesse vincere Trump, con il ritorno fortissimo del principio dell’America first, l’Ue sarà esposta a una sfida senza precedenti su tre grandi questioni: Ucraina, Mediterraneo e Africa”, dice Minniti. “Senza una forte identità diplomatica e di difesa comune, anche con cooperazioni rafforzate tra gruppi più omogenei di paesi – prosegue – sarà impossibile occuparsi di questi scenari. In questo ambito il fatto che ci sia o si possa costruire una destra europea capace di controllare gli istinti populisti è molto rilevante”. Ma non c’è solo l’impegno per l’Ucraina a fornire un po’ di ottimismo. “Anche la risposta di una missione navale europea per contrastare gli attacchi degli houti, seppur non con la partecipazione di tutti, nel mar Rosso è un altro buon segnale”, dice l’ex ministro.
E’ soprattutto l’attivismo del governo sull’Africa, comunque, a convincere Minniti. E d’altronde fu lui, da ministro del governo Gentiloni, il primo a sostenere che l’Italia debba svolgere un ruolo cruciale nei rapporti con il continente africano. Meloni dà la sensazione di seguire quel solco. “L’idea di un’Italia che faccia da apripista per un nuovo rapporto tra l’Europa e l’Africa – dice – è fondamentale, anzi, è la missione storico politica dell’Italia nei prossimi vent’anni, per una ragione semplice: un pezzo fondamentale degli interessi europei si gioca lì. Le partite aperte sono tre: gli squilibri demografici tra i due continenti, con gli inevitabili movimenti di persone che ne derivano, l’approvvigionamento energetico e dei metalli rari, e il terrorismo. L’Italia – prosegue Minniti – non può fare da sola, il suo impegno deve essere quello di coinvolgere l’Europa, facendo con il piano Mattei da modello. Tutto questo può diventare l’obiettivo di legislatura della prossima Commissione europea”.
L’ex ministro entra nel dettaglio: “Nella foto iniziale della conferenza Italia-Africa era rappresentata la possibilità concreta di promuovere canali legali d’immigrazione: allo stesso tavolo c’erano i vertici dell’Ue, quelli dell’Unione africana e le Nazioni unite. Sono questi tre soggetti che possono dar vita a un grande patto per l’immigrazione legale. Sbaglieremmo però a finalizzare solo a questo i rapporti tra l’Europa e l’Africa. Il futuro dei nostri continenti è interconnesso: l’Africa possiede le risorse minerarie, energetiche e di terre rare che servono all’Europa, e l’Europa può offrire con il suo intervento la stabilità, la crescita economica e la prosperità, da pari a pari, senza lasciare il continente all’influenza russo-cinese, ma si può fare tutto questo solo creando un clima di fiducia reciproca”. Molti leader africani hanno fatto capire però che russi e cinesi si sono mossi con largo anticipo rispetto all’Europa. “E infatti – dice Minniti – questa è una sfida da far tremare le vene e i polsi, ma se l’Europa si presenta con il profilo e l’ambizione di cui abbiamo parlato è attrattiva, anche perché sappiamo che tra Russia e Cina c’è una divaricazione strategica”. Ci spieghi meglio. “La Russia – chiarisce Minniti – usa l’Africa come un fattore di destabilizzazione nella sua guerra asimmetrica all’Occidente, la Cina invece non ha interesse a un’Africa destabilizzata perché il suo modello sociale si base sulla crescita del mercato interno, l’instabilità mina al cuore quel modello, e infatti quest’anno la Cina è cresciuta solo del 3 per cento. Non è un caso che Xi abbia rilanciato un rapporto per la stabilità del mondo con gli Usa”.
A legare Africa ed Europa, infine, secondo Minniti, c’è la questione terrorismo. “Insieme all’Afghanistan – dice l’ex ministro – quel continente è il più grande incubatore del terrorismo internazionale, sono presenti tutte le varianti autoctone di Isis e Al Qaeda”.