(foto Ansa)

rai da cani

Schlein contro TeleMeloni. Buio, risse, reduci. E tiramisù. Un gran carnevale a viale Mazzini

Carmelo Caruso

Al presidio organizzato dal Pd sotto la sede della tv di stato non si vede un accidenteE’ in pratica una pagina di storia: la Raivoluzione di Febbraio. Il racconto

Scriviamo con il favore delle tenebre. Non si vede un accidente. Siamo a viale Mazzini, per seguire il presidio contro la Rai di Giorgia Meloni, organizzato dal Pd, da Elly Schlein, e il grido più sentito è “hai pestato ‘na m.. de cane”, “ah, te possano mozzicare”, “non se senteee. Voceee”. Le luci sono spente. I lampioni sono pochi. Sembra appuntamento al buio. Si infiltra Marco Rizzo, la pelata comunista italiana, che ora sta con Gianni Alemanno, e che viene fischiato dai militanti del Pd: “A’ sciacallo”, “A’ buffone”. E’ in pratica una pagina di storia: la Raivoluzione di Febbraio. E’ la prima rivolta con il despota fuori ufficio. I dirigenti Rai, l’ad Sergio, e il dg Rossi, i gerarchi, sono a Sanremo. La scena se la sono già presa gli agricoltori infuriati che marciano su Roma. La premier si trova in Abruzzo. Il sindacato della destra Rai ha scippato la piazza al Pd. Manifestano anche i destri Rai, ma alle 17, un’ora e mezza prima dei sinistri. Manca solo la multa sul tergicristallo di Andrea Orlando (che è presente e che ci saluta alzando il pugno, compagno vero) e sarebbe una giornata perfetta. E’ come assaltare Pietrogrado e scoprire che lo zar è in villeggiatura a Baden Baden, come preparare il tiramisù senza i savoiardi. Se dovesse arrivare Lenin, con il treno piombato, il segretario di Unirai, Francesco Palese, gli direbbe: “A lottizzato, che te lamenti”. Appare Sandro Ruotolo poi Beppe Giulietti, di Articolo 21, che al Foglio confida: “Neppure Berlusconi aveva devastato la Rai, la Costituzione, come il governo Meloni”. Sono tutti Raiammosciati.

 

I giornalisti, che devono spedire l’articolo, maledicono il Pd fino alla quarta generazione. Le redazioni devono chiudere ma la segretaria del Pd concluderà alla fine. Alle 20. L’inizio è da riunione di condominio. Alle 16,50, si radunano i giornalisti Rai di Unirai, il sindacato di destra. Sono 23. Li contiamo. Cercano di aggraziarsi giornali e televisioni regalando delle torcette, tipo pistola di Pozzolo, che si riveleranno una manna dal cielo. La paladina di Unirai si chiama Elisabetta Abbate, del Tg1, ma la star è Saverio Montingelli, un volto di Rai Sport, che dice: “Finalmente possiamo protestare pure noi. Ho sognato di poterlo fare da una vita”. Sognava una vita da Saviano. E invece è Montingelli. A rimarcare il sempre solito senso dell’istante di Schlein, la capacità di essere al posto giusto, vale la pena ricordare che alla Camera, quando inizia questo sit-in, si vota sulle armi in Ucraina che non è proprio il disegno di legge sull’agricoltore custode (c’è pure questo). Le agenzie battono come notizia l’ira di Salvini contro il treno Rai, il Frecciarossa, Roma-Sanremo. Dice che lui non sapeva nulla, ma lui è ministro dei Trasporti, che diamine! Salvini ora tifa l’ad Rai Sergio, che vuole restare ad, ma Meloni sta con Rossi, che vuole diventare ad al posto di Sergio. Il Pd alle 18 è ancora in tangenziale. Per fortuna c’è Ruotolo che alla napoletana, ci confonde con l’altro Caruso: “Ah, ma che piacere. Lei è l’altro”. Lui è sempre lo stesso e ce l’ha infatti con Gian Marco Chiocci, il direttore del Tg1, che avrebbe deciso di fare una scaletta dove Mattarella arriva dopo  Lollobrigida, il che va in cortocircuito con la libertà di informazione. Se un giornalista, un direttore, è libero, il direttore è libero pure di fare la scaletta. Quando si parla di libertà ecco che l’unico titolato si paracaduta. E’ Sigfrido Ranucci, applauditissimo, detto anche “Sig, Sig”, che gioca a tennis meglio di Sinner. Ruotolo lo vorrebbe baciare. Giulietti ricorda invece Saviano a cui la Rai ha tolto il programma e poi mette insieme “la Costituzione aggredita, il dilettantismo e l’arroganza”. Il buio è così fitto che tutti scambiano tutti. C’è la giornalista che sembra la sosia di Monica Magioni e poi, in quota sbiellati, uno che dice: “Sono il fleximan delle notizie. Le voglio tagliare”. Schlein non c’è ancora. Al suo posto ci sono Anna Rossomando, Filippo Sensi, la sardina Cristallo, Boldrini, e poi un uomo con il cappello a cilindro, la Schlein di Striscia la notizia. Quella vera (almeno pare) dice che “al Tg1 sono accaduti fatti tra il grottesco e il vergognoso”. Poco prima che lo dica scoppia una quasi rissa tra Rizzo, con il suo solito rennino, il giubbotto al caviale, che fa la parte del trattore. Per non sbagliare partecipa al sit in di Unirai, poi a quello di Pd Rai, per dire che “tanto tutti uguali”. Infrattati ci sono Bonelli e Fratoianni. Riccardo Magi ha la sua sub protesta. Ciascuno porta il suo malumore. Mentre protestano, garantiamo che abbiamo visto con gli occhi, c’è il giornalista che segue la riunione di redazione, su Skype, e che fischietta l’inno nazionale. Giulietti, che ama il Foglio, e ora pure Berlusconi (finirà che al Nazareno gli titoleranno una stanza) spiega che “il governo Meloni espianta la costituzione”. Lo urla da una panca. Nella protesta contro la Rai entra la liberazione di Salis che il Pd chiederà oggi. Ci sarebbe pure Maria Elena Boschi ma non si sente cosa dice.

 

Schlein potrebbe perfino annunciare che si candida alle Europee e nessuno registrarlo. Il più furbo è Giuseppe Conte che mica va al parco di Mazzini a  protestare. Al buio. Chiama il direttore del Corriere della Sera e rilascia un’intervista di 180 righe contro il Pd. In ogni caso la “Raivoluzione” continua. Viene chiesto a Schlein quale canzone voglia dedicare a Meloni e lei: “Gli dedico la rabbia non gli basta”. Il suo staff manda le foto dalle tenebre e promette ai giornalisti, quelli che scrivono bene del sit in, che i più bravi, i più diligenti potranno duettare, cantare, fare un colloquio, con la segretaria. C’è chi non ama Sanremo. La segretaria è convinta che “in Rai la misura è colma e che si stiano svilendo professionalità e che Meloni ha un atteggiamento proprietario” (il giornalista ha concluso la riunione di redazione protestando. La professionalità è salva). Alle 20 si raimmoscia la rivoluzione. Zingaretti ricorda al mondo che lui ha qualcosa da dire. Nulla.  Schlein va via  sulle note di Bella Ciao e l’imprecazione del militante dem che si accorge, ancora una volta, che la scarpa ha pestato un altro tiramisù.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio