Lo strano pranzo di Schmidt con Calatrava, Sangiuliano e Donzelli per la candidatura a Firenze
Nuovo pressing di Fratelli d’Italia sull'ex direttore degli Uffizi. Perché il partito di Meloni è sempre più convinto che il tedesco-italiano possa essere la carta giusta per tentare il colpaccio nella città da sempre fortino della sinistra
La tavolata non è passata inosservata: l’archistar Santiago Calatrava, il neo direttore del Museo di Capodimonte – via Uffizi – Eike Schmidt, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e Giovanni Donzelli, coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, uomo macchina di Giorgia Meloni, il vigile che controlla il traffico delle candidature nel partito dei patrioti. Cosa ci facevano insomma uno spagnolo naturalizzato svizzero, un tedesco della Foresta nera e due italiani? Potrebbe essere l’inizio di una barzelletta, ma non è così. La settimana scorsa i quattro si sono visti a pranzo a due passi dal Senato, tra le colonne monumentali di “Casa Bleve”. Menù: primo piatto di politica e secondo di arte, ma anche viceversa. Il vero ospite, o super star della compagnia, era Calatrava il genio del reparto ponti e grandi archi, con enormi orme già lasciate a Reggio Emilia come a Venezia per non parlare di Roma. Adesso a titolo gratuito, in continuità con l’èra Franceschini, si sta occupando ancora della chiesa di San Gennaro a Capodimonte, nel polo diretto da Schmidt che da gennaio ha dato un bacione a Firenze per scendere al sud. I camerieri del ristorante raccontano che Donzelli si è aggiunto in corsa su invito del ministro Sangiuliano, che conserva sempre un certo senso della notizia: fra pochi mesi si vota a Firenze.
Sicché alla fine tra un ponte e l’altro, si è passati a parlare della città più importante che andrà al voto a giugno, fortino della sinistra. In caso di piena dell’Arno, la leadership di Schlein potrebbe passare davvero un brutto quarto d’ora, per il Pd sarebbe una sbornia che nemmeno dieci Negroni, inventato non a caso a Firenze dall’omonimo conte Camillo. Donzelli a pranzo ha incontrato dunque per l’ennesima volta l’ex direttore degli Uffizi, con la scusa della chiesa di San Gennaro si è finiti a parlare della presa di Palazzo Vecchio. Scenario così suggestivo da fare il giro del mondo, visto che meno di un mese fa il New York Times ha dedicato all’argomento un’intera pagina. Dopo aver custodito la Venere di Botticelli il sovrintendente riuscirà a resistere alle avance di donna Giorgia?
Mentre la sinistra è alle prese con una trattativa con Matteo Renzi (auguri a voialtri), Fratelli d’Italia è sempre più convinta che l’uomo di Friburgo possa essere la carta giusta per tentare il colpaccio che sa di storia (tipo Giorgio Guazzaloca a Bologna nel 1998). Per ora è coperta, come carta. Perché Meloni e Donzelli aspettano - e sperano – che il centrosinistra continui nel dibattito interno, con un possibile effetto ribollita. Poi, se non ci saranno sorprese da parte del diretto interessato, arriverà l’annuncio: ok, ich bewerbe mich. Cioè: mi candido. Il pranzo è servito anche a questo, il coordinatore di Fratelli d’Italia ha portato ambasciate da Palazzo Chigi all’amico tedesco. A fine pranzo chi stava vicino alla tavolata ha raccontato un fantastico siparietto: “Ragazzi, pago io e di tasca mia, che sia ben chiaro”, ha scherzato a voce alta Sangiuliano, ancora scosso, ma non troppo, dal caso Sgarbi.