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L'editoriale dell'elefantino

A Renzi, Calenda e Bonino serve un pugno nella rosa

Giuliano Ferrara

Procedere divisi è giusto, ma colpire uniti in una lista di concentrazione riformista è il minimo sindacale alle europee. Stavolta il quorum ci vuole

Palla al centro, anzi, due palle al centro. La prospettiva di votare per la quattordicesima volta la Bonino, stavolta non con il Pd ma con la sua lista di concentrazione liberalriformista e europeista, mi fa assopire. Ma non si può avere tutto dalla vita. Meloni è la più brava ma io sono indegnamente lontano dalla sua famiglia politica, come si usa dire tra di noi presunti antifascisti. Elly o Ella sarebbe potabile solo sotto il tallone di ferro di un De Luca, che ancora nei fatti latita sebbene si faccia sentire tonante. Per gli altri non ho parole. Dunque non restano che i due rompipalle al centro, con la terza pallina che va sempre in buca, e quantomeno fu presentata in società dal vecchio Pannella.

Una volta, a proposito, fui generoso con lui di complimenti per la sua Rosa nel pugno, fuori da uno studio televisivo dove lo avevo ospitato, lui a parlar male del concordato con il socialista Boselli, io a rammentare il capolavoro di Togliatti, e lui pensò che lo volessi sfottere, e mi disse guardandomi in tralice: “Guarda che non faremo nemmeno il quorum”. Aveva ragione, purtroppo, come spesso gli capitò, perfino con me. Stavolta il quorum ci vuole. Associarsi non è una garanzia. Particolarmente associarsi al centro nel gioco delle élite eurotecnoradicaldemocratiche. Ci vorrebbero i soldi del Qatar, che però sono andati tutti a Hamas per i tunnel, un investimento che si spera senza ritorno. I sauditi dividono, Rinascimento o no, pur essendo la nostra unica e ultima speranza in medio oriente e oltre, Israele a parte. 


Bene che i centristi procedano divisi, ciascuno facendo il suo, ma colpire uniti in una lista di concentrazione riformista è il minimo sindacale alle europee. Credo. Azione è la serietà fino agli estremi del pedagogismo. Renzi è la manovra, qualche volta burlesca, e l’oratoria parlamentare di prim’ordine. Bonino e Della Vedova sono la personificazione della noia, però con lo stemma araldico giusto. Dovrebbero trovare un portabandiera al di sopra o al di sotto delle parti, che sia capace di dare il senso di un’avventura elettorale, non di una unificazione dei probabili perdenti. In questo il vecchio capo era uno specialista assoluto. Sapeva maneggiare i simboli senza venirne corroso, superando ogni volta il loro limite e inventandosi ogni volta una loro luce stellare. Lasciamo stare le famose praterie, che non esistono, specie se dovesse funzionare la bipolarizzazione televisiva tentata dalle due primedonne, ai danni sopra tutto dei grillini. Ma se al centro si trovasse stavolta un pugno nella rosa, una faccia e una storia significativa, per evitare l’effetto oligarchia o oligovotìa, cioè pochi voti e malsicuri, sarebbe una bonanza.

Non posso dire che avrei un’idea in proposito, che so, un soldato o una soldatessa israeliana di cittadinanza italiana, un capo carcerario carcerato o una capa, uno scienziato o una scienziata, sono tutte trovate al di sotto del pannellismo, e forse non funzionerebbero. Ma i voti sono allodole e cercano uno specchio, non basta aver avuto ragione su Industria 4.0 o sull’Ilva, non bastano i diritti civili, tra cui quello strambo e popolarissimo di morire, tipico di una società che vuole vivere a più non posso, e possibilmente molto male, nulla basta ma qualcosa è necessario. Chi è al timone, o nelle vicinanze del pozzetto di poppa, ci pensi e si faccia vivo. Si discuta, per lo meno, e ci si accapigli, ma per un bel trovarobato teatrale, efficace, attraente. La nomenclatura seguirà, si spera, e una parte dell’elettorato deluso e illuso anche.

            

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.