Angelo Panebianco (LaPresse)

L'intervista

“Premierato? Serve un asse tra Meloni e riformisti Pd”. Parla il prof. Panebianco

Ruggiero Montenegro

"L'attuale proposta del governo è debole e contradditoria. Mentre per la sinistra la Costituzione è un tabù ideologico", dice il politologo. Dopo le europee però potrebbe aprirsi il dialogo con la minoranza dem: "Ma la premier sia disposta a trattare sull'elezione diretta"

Da una parte una riforma con tanti limiti, dall’altra un’opposizione pigra nella critica e troppo spesso ideologica quando si parla di modifiche alla Costituzione. “Pensare agli assetti istituzionali in funzione del contingente è chiaramente un approccio molto miope”, dice al Foglio Angelo Panebianco, politologo e docente universitario a Bologna e Milano. Si riferisce a quelli che considera  vizi della sinistra e alle debolezze di questa maggioranza. Al dibattito sul premierato. Professore, a che punto siamo? E come se ne esce? “La proposta Meloni è migliorata rispetto alla prima versione ma è ancora molto debole, perché contiene al suo interno spinte  contraddittorie, quelle della Lega e  di FdI. Così, ancor prima di arrivare a discutere se sia giusta o meno l’elezione diretta del primo ministro, è difficile avanzare un progetto minimamente coerente”, risponde Panebianco. “Oltre a questo, il disegno della maggioranza tace sul sistema elettorale che invece è fondamentale per dare stabilità al governo. L’idea adombrata inizialmente, quella di un proporzionale con una sorta di sbarramento al 40 per cento, non solo non risolve il problema ma rischia di esasperarlo in quanto ogni coalizione dovrà reclutare piccole liste, che finiscono per acquisire un grande potere di contrattazione”. Le premesse insomma non sono delle migliori. 

 

Tuttavia va riconosciuto al governo di aver provato a dare una risposta, seppur limitata, all’annosa questione della stabilità politica. Una necessità condivisa pure da quell’opposizione che al  momento riesce solo a denunciare “pericolose derive autoritarie”. Panebianco, che idea si è fatto? “Sono le classiche critiche. Bisogna tener conto che per una parte della sinistra la Costituzione è una sorta di tabù ideologico, tanto è vero che molti di loro parlano di cancellierato alla tedesca ma fanno finta di non sapere che se rafforzi la posizione del primo ministro devi necessariamente ridimensionare almeno in parte le prerogative del presidente della Repubblica”, spiega il professore. E non è tutto: “Questa difesa a oltranza dei poteri del capo dello stato è anche buffa perché sembra presupporre che uomini di equilibrio come Napolitano o Mattarella siano e saranno sempre la norma. Ma non è affatto detto”. Al contrario, continua il politologo, “l’idea di rafforzare il primo ministro senza toccare il resto, significa alla fine creare le condizioni per un conflitto al vertice della Repubblica, tra un premier un po’ più forte e un presidente che vuole affermare la propria posizione. Non di garanzia ma politica”. Un bel pasticcio.

E pensare che anche il programma dell’Ulivo puntava a rendere più forte il ruolo del premier. Poi cosa è successo? “Quella era una sinistra con la vocazione maggioritaria, per davvero. Quella attuale sa di essere minoranza nel paese. E pensa che le poche possibilità di andare al governo passino per la caduta di maggioranze fragili. Così da ottenere per via parlamentare quello che non si ottiene elettoralmente”, è la lettura di Panebianco che individua in questo atteggiamento anche un certo timore a misurarsi con il consenso. Eppure sempre a sinistra, anche su questo giornale, avanzano voci autorevoli – da Fassino a Parrini, fino a Salvati e Ceccanti – che chiedono di aprire un confronto. Si rivolgono alla destra ma ancor prima al Pd di cui fanno parte. Elly Schlein li ascolterà? “Per ora le sue dichiarazioni sul premierato sono in linea con le tradizioni del conservatorismo costituzionale a oltranza. La segretaria non ha fatto una proposta alternativa, migliore. Ha semplicemente detto: ‘Qui c’è l’anticamera del fascismo’, insomma siamo alle solite”. Tempi duri per i riformisti dem. “Rappresentano una minoranza per ora e hanno un’altra visione della sinistra. Le loro richieste comporterebbero una modifica degli equilibri interni”. E  oggi non sembra all’ordine del giorno tra i democratici. Per Panebianco tuttavia è proprio a questa minoranza che la premier dovrebbe rivolgersi per provare ad arrivare a dama. “Ma ci sono alcune condizioni”. Quali? “Che Meloni rinunci a portarsi dietro tutta la sua maggioranza e che sia disposta a trattare sull’elezione diretta del premier. In questo caso, non so se si arriverebbe a una maggioranza tale da evitare anche il referendum, ma di certo parti dell’opposizione dialogherebbero con il governo”. Sarebbe già un gran passo in avanti. Professore è ottimista? “Lasciamo stare i pronostici. Aspettiamo di capire come andranno le europee, sperando che il quadro politico sia più chiaro. Prima di allora sarà difficile fare progressi”.

 

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