Denis Verdini (Ansa)

contro la malevolenza impicciona

Evviva i Verdini, e anche i Soprano. E vi spiego perché

Giuliano Ferrara

Generosi, irreprensibili secondo criteri di giustizia e valore garantiti dalla amicizia più che dai tribunali. Contro di loro, un esempio  di malevolenza impicciona, altro che giustizia giusta, ai danni del circolo di Berlusconi

Per come li conosco, i Verdini sono anche meglio dei Soprano, affettuosi, generosi, irreprensibili secondo criteri di giustizia e di valore garantiti dall’amicizia più che dai tribunali. Denis è un patriarca ironico, che non conosce l’invidia, è stato impeccabile consigliere delegato del Foglio, un giornale che avrebbe sopportato anche Michele Sindona come amministratore, tanto rigorosa e inattaccabile la sua gestione, aveva tra le mani una banchetta di Campi Bisenzio con cui avrà fatto qualche pasticcio, chi non ne fa, ma mentre c’è la fila per i beneficiati non si è mai vista, bancarotta o no, la fila dei danneggiati. Lanfranco Pace, compianto e meraviglioso debitore, una volta si presentò a Campi con la vecchia mamma e il direttore finanziario di Denis, in quel trabiccolo finanziario con annesso ristorante dove si mangiava bene e con grandi vini, lo incrociò e osò: “Non vorrei che il Pace ci chiedesse di impegnare anche la su’ mamma”.

 

La cara Maria Giovanna Maglie, che come tutti quelli di cui si sospetta avidità non aveva mai una lira che fosse una, e se ne aveva finivano tutte in cosmetici, era un’altra nostra collaboratrice incline al prestito bancario: un patrimonio di rossetti e fard. Ma quella banca fu vittima di Bankitalia e della sua famosa e non famosa sorveglianza, meglio prendersela con i piccoli che con i grandi, alla fine fu data via per un centesimo, il suo capo travolto in opache vendette, sei anni non si negano a nessuno, specie se non si intravedono creditori abusati e avviliti dall’insolvenza che non c’era, specie se il banchiere capo è un uomo di mercato rionale, oltre che un sapiente gestore della politica migliore, tipo patto del Nazareno, che se non si fosse rotto il paese avrebbe avuto un diverso e nobile destino. Comunque Denis l’ho rovinato io, presentandogli Berlusconi quando facevo campagna nel Mugello contro quello stinco di santo che ora è al fianco dei trattori in lotta.

 

Tommaso e Francesca, che conosco da piccoli, un tesoro di bambini diventati grandi, erano famosi spendaccioni come il babbo. Una volta al Negresco di Nizza, distrattisi il Denis e la Simonetta Fossombroni mamma per un momento, i genitori tornarono in camera che i ragazzi, preadolescenti decisi a tutto, avevano chiamato il room service e si erano fatti portare la qualunque di ostriche e champagne. La vita non è sempre avara di sorprese e incanti sentimentali, fin dall’infanzia. Di Francesca parlo con difficoltà, perché ha messo su una casa di produzione fantastica che ha prodotto due dei quattro film girati da mia moglie, conflitto di interessi familiare. Posso solo dire che è molto bella, molto affettuosa, molto comandina in ditta, come è giusto, e che ama Salvini, con il quale alle prime red carpet mi sbaciucchio malgrado la voglia di strangolare lui e Putin in una stessa morsa, voglia che non mi posso togliere per varie ragioni. Mi limito a scribacchiare incurante del conflitto.

Tommaso, che vi devo dire, è un imprenditore nato, uno che vuole giustamente emulare il padre, padre lui stesso ormai, e chi ha mai il diritto di proibirglielo? Non so niente degli incontri e dei traffici di influenze, che cara controfigura di reato universale è questa, con quelli dell’Anas, penso che in genere se uno intreccia imprenditoria e lobbismo è così che si fa, Soprano o non Soprano, basta che non si uccida e non si rubi. Le commissioni non sono un furto. Di Simonetta, a parte che ha il volto di una Venere di Botticelli, posso solo dire che è meravigliosa, il contrario della lagnosa moglie di Tony. L’opera di distruzione dei Verdini passerà alle cronache come un esempio preclaro di malevolenza impicciona, altro che giustizia giusta, ai danni del circolo di Berlusconi, che ha lasciato un’eredità pulita, esemplare, e ha avuto da pagatore di tasse indefesso una condanna per truffa fiscale che, a leggere le cronache dell’Italia alta d’oggidì, fa ridere spropositatamente le persone più o meno per bene. Ora vogliono rimetterlo in galera, questi giustizieri, per un paio di cene a Roma, tra un domiciliare e l’altro. Viva i Verdini, e anche i Soprano.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.