l'editoriale del direttore
Quanto spende l'Italia per l'Ucraina: un impegno reale che vale più delle parole
E’ vero, come sostiene la Welt, che il nostro paese “non fa quasi nulla”? No. Il Foglio è in grado di riportare la dimensione reale dell’impegno militare dell’Italia verso l’Ucraina: 2,2 miliardi di euro in equipaggiamenti, tre volte di più della cifra ufficiale
Difesa sincera o retorica ridicola? Impegno concreto o disimpegno progressivo? Sostegno reale o paraculismo imperante? Il Foglio ha recuperato una tabella importante che aiuta a rispondere a una domanda chiave relativa al futuro dell’Italia e al suo posizionamento nella difesa dell’Ucraina. La questione è semplice e nasce da qui. Nasce da un tema grande come una casa che riguarda il rapporto costruito dal governo italiano con l’Ucraina di Zelensky. Un tema che riguarda il sospetto concreto che tra le parole e la realtà vi sia un crepaccio, un pericoloso doppio standard. Il tema in questione è presto detto. Il governo italiano, prima con Mario Draghi e poi con Giorgia Meloni, dal primo giorno dell’invasione dell’Ucraina ha messo in campo, a livello politico, il meglio del suo arsenale. Ai tempi di Draghi, governo di larga maggioranza, a sostenere la difesa dell’Ucraina erano tutti i partiti che sostenevano l’esecutivo (compresi i Cinque stelle) e anche il solo partito che si trovava all’opposizione (Fratelli d’Italia). Ai tempi del governo Meloni, il partito che si trovava all’opposizione ha continuato a sostenere l’Ucraina con continuità, gran parte dei partiti che erano al governo con Draghi ha continuato a votare a favore dell’invio delle armi in Ucraina e solo uno in questi ultimi quindici mesi ha mostrato diffidenza nei confronti del sostegno militare all’esercito di Zelensky.
E’ il M5s, secondo cui sarebbe sufficiente che il presidente ucraino scegliesse di mostrarsi in abiti civili per avvicinare la pace: ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. In ogni caso, come è evidente, sulla carta pochi paesi in Europa possono vantare la presenza di un numero così elevato di partiti desiderosi di non togliere il sostegno all’Ucraina (anche la Lega, che pure non sopporta Zelensky, è da due anni che vota tutto ciò che c’è da votare in Parlamento per inviare armi a Zelensky). Ma la domanda che negli ultimi mesi in molti si sono posti di fronte a questo reale impegno verbale e politico nei confronti dell’Ucraina da parte dell’Italia è se a fronte di cotanto trasporto vi è anche un simmetrico impegno a livello militare. La scorsa settimana, una delle testate più importanti d’Europa, la Welt, ha dedicato a questo equilibrio, la differenza tra ciò che l’Italia dice e ciò che l’Italia fa, un articolo molto duro. L’articolo nasce dallo studio del rapporto indipendente più compulsato in Europa quando si parla di impegno militare, il rapporto Kiel, e quel rapporto segnala un problema: l’Italia chiacchiera molto, sull’Ucraina, ma in verità spende poco. Titolo della Welt: “L’Italia, sull’Ucraina, non fa quasi nulla”. Svolgimento: “Secondo il rapporto, l’Italia è solo al 17° posto tra i paesi donatori con sovvenzioni finanziarie, umanitarie e militari di 1,3 miliardi di euro – anche se ha la terza economia più forte dell’Ue. Se si lasciano fuori le promesse che attraversano l’Ue, e si guardano solo gli aiuti che sono stati promessi bilateralmente, l’Italia sta ancora peggio”. E ancora: “D’altra parte, l’Italia ha anche estremamente poco da mostrare in tema di aiuti militari. Per esempio, anche se il Parlamento ha recentemente dato il via libera alle consegne di armi durante tutto l’anno in corso, il contenuto e la portata esatta di queste consegne sono soggetti a segreto. L’unica cosa chiara è che questo non dovrebbe essere un aiuto decisivo per l’autodifesa per l’Ucraina”. L’accusa della Welt è particolarmente dura perché nasce da un ragionamento politico duro e verosimile: Meloni a parole è perfetta quando parla di Ucraina ma nei fatti non può aiutarla molto per quella maggioranza che si ritrova, tra la Lega alleata con il partito di Putin e Forza Italia storicamente vicina a Putin. Le cose stanno davvero così? Non proprio per fortuna.
Ufficialmente, l’Italia ha speso finora per gli aiuti militari all’Ucraina 0,691 miliardi di euro. I dati però non comprendono quelli secretati e il Foglio è in grado di riportare quella che è la dimensione vera dell’impegno militare dell’Italia verso l’Ucraina. Un numero che è tre volte più grande: 2,2 miliardi di euro, che coincide con gli equipaggiamenti donati all’Ucraina. Si tratta di una cifra significativa, che metterà di malumore i soliti utili idioti del putinismo, e che se rapportata con l’impegno di altri grandi paesi può aiutare a mettere a fuoco la dimensione del sostegno offerto dall’Italia all’Ucraina. Una tabellina che circola al ministero della Difesa, e che conferma il dato che ha ricavato il Foglio sull’Italia, aiuta ad avere un quadro della situazione. La Germania, finora, ha stanziato 17,7 miliardi, 3,5 miliardi all’anno fino al 2027. La Gran Bretagna 9,1 miliardi. L’Olanda 4,4 miliardi, spalmati su più anni (nel 2022 e nel 2023 i miliardi versati sono stati 2,6, incluso il contributo del paese al Nato Trust Fund). La Danimarca ha stanziato 8,4 miliardi, ma spalmati in sei anni, dal 2023 al 2028, significa 1,4 miliardi all’anno a partire dal 2023. La Norvegia 3,8 miliardi spalmati in cinque anni, poco più di 0,7 miliardi all’anno. La Polonia 3 miliardi, spalmati anch’essi su più anni. Il Canada meno dell’Italia, 2,07 miliardi. La Svezia 2,03 miliardi, ma la cifra offerta dalla Svezia comprende anche aiuti civili non scorporabili dai dati generali. La Finlandia, finora, ha messo a disposizione dell’Ucraina aiuti pari a 1,64 miliardi. La Svizzera 1,64 miliardi di franchi svizzeri, spalmati fino al 2028.
Il ministro Guido Crosetto, in un’intervista al Corriere della Sera, ha detto che in Europa più dell’Italia si sono impegnati solo la Germania e il Regno Unito. I numeri indicano che in verità ci sono anche altri paesi che hanno fatto più dell’Italia ma sapere che l’impegno del nostro paese nei confronti dell’Ucraina è tre volte superiore a ciò che dicono i dati ufficiali (un impegno che tra l’altro è in linea con gli aumenti previsti per il 2024 per le spese militari, che quest’anno supereranno per la prima volta i 29 miliardi di euro, con una crescita del 5,1 per cento rispetto al 2023 che arriva dopo un aumento di circa 1,8 miliardi già realizzato tra il 2022 e il 2023: in due anni il Bilancio della Difesa ha toccato un aumento di circa il 12,5 per cento) non ci permetterà di dire che si può essere soddisfatti ma ci permetterà di dire che fino a oggi si può essere orgogliosi di ciò che l’Italia ha fatto per l’Ucraina: sia con le parole sia con i fatti. Più difesa sincera che retorica ridicola. Più impegno concreto che disimpegno progressivo. Più sostegno reale che paraculismo imperante. Spiace per Salvini e Conte, e per la Welt, ma per fortuna l’Italia quando parla di Ucraina, grazie a capi del governo responsabili, grazie a ministri della Difesa con la testa sulle spalle e grazie a un capo dello stato in grado di mostrare la giusta rotta in politica estera, accanto alle buone parole da vendere ha anche qualche fatto positivo da rivendicare. Siamo migliori di quel che si dice ma un fatto resta. Lo scollamento tra parole e fatti è il grande problema dell’Europa che ha lasciato l’Ucraina con metà delle munizioni promesse. L’Italia, come l’Europa, ha fatto ciò che è necessario. Ma dire che ciò che è necessario è anche sufficiente sarebbe troppo. Tenere duro. Non perdere la rotta, e ricordare ogni giorno che difendere l’Ucraina non significa solo difendere una democrazia assediata ma significa anche e semplicemente difendere noi stessi dai nemici della libertà.