da Pescara
In Abruzzo Meloni ritrova il timbro istituzionale, ma si perde Salvini
Per la premier venti minuti di comizio senza gli eccessi teatrali già visti a Cagliari. Il leader della Lega però diserta la foto con Marsilio e gli alleati. Il Carroccio è ai minimi
Dal nostro inviato a Pescara. Dice che ha già l’elmetto in testa perché succederà di tutto da qui alle europee, ma intanto quando può si mette il cappuccio (rosa) per ripararsi dall’acqua. Non è la pioggia nel pineto, quella che cade su piazza Salotto, qui ci sono le palme dietro Giorgia Meloni. Complice il maltempo tutto prende una bella accelerata. La premier chiude come d’abitudine, ma taglia corto: venti minuti di comizio senza gli eccessi teatrali già visti a Cagliari (anche se alla fine una vocina le scappa quando sfotte la sinistra che accusa il governatore Marsilio di fare il pendolare da Roma all’Abruzzo). Usa quello che Ennio Flaiano, nato giustappunto ieri 114 anni fa, avrebbe chiamato “frasario essenziale per passare inosservati in società”. I toni sono da campagna elettorale, ma non c’è lo show che mal le ha portato in Sardegna. Meloni parla per esempio di “infrastrutture di cittadinanza”. E rilancia la Roma-Pescara, spuntata come un fungo nei giorni scorsi. Tutto filerebbe liscio, ma sul finale, mentre i militanti sono bagnati come pulcini, ecco la sorpresa.
Al momento della foto di gruppo sotto le note dell’Inno Mameli non si trova Matteo Salvini. Ci sono Lupi e Cesa, Rotondi e Marsilio, Meloni e Tajani, ma lui, il leader della Lega è scomparso. “Avevo un impegno”, diranno balbettando qualcosa dalla Lega. Ma questa scomparsa di Salvini, apparso remissivo e non di buon umore, la dice lunga. Nel retropalco i tre leader evitano smancerie. Il capo della Lega sa che domenica notte qui potrebbe passare un bruttissimo quarto d’ora quando inizierà lo spoglio. Dettaglio: bandiere della Lega contate in piazza due, quelle dell’Ucraina ben quattro. “Noi andremo in doppia cifra. La Lega? Io penso a Forza Italia”, gongola un rinato Antonio Tajani, pronto a scommettere una frittura a pranzo e un piatto di arrosticini a cena sulla vittoria di Marsilio. Sarà l’ora di cena, ma le metafore gastronomiche vanno per la maggiore. Anche Maurizio Lupi cita una frase letta a Francavilla: “Meglio un’alice fresca che un’aragosta fracica: noi siamo l’alice, il centrosinistra indovinate cosa è?”. Va detto che questa volta tira un moderato ottimismo sulla vittoria de Il lungoo il pragma come gli amici di Colle Oppio chiamano il governatore di Fratelli d’Italia. Che a proposito della polemica sul suo non essere nato qui dice: “Vengo insultato perché non sono nato in Abruzzo e poi fanno la retorica sui i migranti”. E quindi ecco una nuova categoria: quella dei migranti politici. Tuttavia qui a Pescara, nel Bar Ber che diventa il rifugio di chi va di fretta e si ripara dall’acquazzone, tutti parlano benissimo di questo presidente di regione: “Non si è mai parlato così tanto di noi”. Il dispiegamento di forze, in effetti, è stato imponente da parte del governo. Carovane di ministri e sottosegretari in pellegrinaggio in questa regione perché dopo la scoppola sarda questa volta non si può sbagliare. Lo dimostra anche la doppia tappa meloniana: prima a Teramo, terra del candidato del campo larghissimo Luciano D’Amico, con le imprese e poi in piazza. “Sono stata eletta qui: non vorrete mica cacciarmi?”, scherza esorcizzando la grande paura. Anche se questa volta dai classici sondaggi casarecci sembra non esserci il timore della sconfitta. Anche i tassisti parlano bene di Marsilio. E soprattutto le liste del centrosinistra sono tecnicamente più deboli rispetto a quelle del centrodestra: anche se in Sardegna nemmeno il Nazareno credeva molto nell’impresa, poi ha vinto Alessandra Todde e la forbice tra gli sfidanti si è ristretta.
E’ un comizio un po’ rocambolesco, questo sì. Non solo la pioggia, ma anche il malore di un uomo blocca e paralizza la piazza. Si interrompe tutto per un po’. La premier esce dal retropalco per informarsi sullo stato di salute del militante. E scherza anche con i giornalisti inviati qui. “Pagano vi ha consigliato il ristorante per pranzo? Pagano, li dovevi avvelenare!!”. Non c’è quella elettricità percepita alla fiera di Cagliari. La presidente del Consiglio ammette di essere “stanca”, fa la vittima contro i giornali di sinistra, ma tiene un tono meno aggressivo e pirotecnico. Anzi, una cosa forte la dice sul caso del dossieraggio: “Fuori i mandanti”. E poi torna a difendere le forze dell’ordine. Non a caso oggi riceverà con Tajani e Piantedosi i sindacati di polizia per discutere del rinnovo contrattuale, ma anche per continuare sulla linea della solidarietà agli agenti, nonostante la macchia – isolata – di Pisa. Elemento di scricchiolìo con il capo dello stato, come si sa. Al punto che costringe Salvini a dire: “Le parole di Mattarella sui manganelli? Le ho lette, ma non le commento”. Qui il capo del Carroccio si ritrova un partito ridotto ai minimi termini, transumato in gran parte verso Fratelli d’Italia: dagli assessori regionali ai consiglieri passando perfino per un’eurodeputata. I sondaggi dicono che la Lega sarà doppiata da Forza Italia: ecco perché forse Salvini non ha il migliore degli umori, e se ne va, al contrario di Tajani, pieno di soffici sicurezze. Nessuno crede nel colpaccio del campo largo in versione XXL. Basta osservare l’allegria elettrica di Donzelli. Perfino Meloni sembra più moderata e istituzionale, nonostante l’appuntamento. Avrà letto il Frasario di Flaviano quando diceva: “Abbia la compiacenza di parlarmi con dolcezza”.