Matteo Salvini - foto Getty Images

Operazione sindaci

La Lega contro tutti: scatta l'offensiva per il Veneto

Francesco Gottardi

Al via la presentazione dei candidati. Sopra i 15mila abitanti, in 13 comuni su 24 il Carroccio correrà da solo. E in un caso FdI gli preferisce il Pd: se la regione di Zaia è lo specchio dell’alleanza di governo, auguri a Meloni

Dopo i proclami, i fatti: seguire la Liga, o peggio per gli alleati. È la controffensiva lanciata dal Carroccio per non mollare il Veneto. A partire dai comuni al voto, 309 in tutta la regione il prossimo giugno. Di questi, 24 sono sopra i 15mila abitanti. E il fulcro della contesa sarà proprio lì. Da domani il partito ufficializzerà le prime candidature. “Con o senza Fratelli d’Italia: non possiamo aspettare nessuno”, aveva spiegato al Foglio il segretario regionale Alberto Stefani. Esaminando il taccuino dei verdi, il piano d’azione appare evidente. Qualche numero: in 13 grandi comuni la Lega correrà da sola, col centrodestra spaccato; in 2 avrà l’appoggio degli alleati; in 3 soltanto sosterrà candidati altrui (un civico, un meloniano, un forzista). Nel resto delle città la situazione è ancora in fase di trattativa. Ma a dettare le condizioni sono sempre le truppe di Zaia. Redivive, riunite, in posizione di guardia contro gli assalti di FdI. Come dire: il territorio è roba nostra. E provate voi, a portarcelo via.

 

 

Vale la pena passare in rassegna i casi più interessanti. Si inizia dalla provincia di Padova, quella di Stefani e dell’assessore Marcato. A Monselice, Giorgia Bedin scende in campo con la Lega e tre liste civiche: FdI vira invece su Luca Callegaro, già sindaco di Arquà Petrarca in quota Forza Italia. A Selvazzano il Carroccio punta su un profilo senza colori (Giovanna Rossi), contro FdI e FI. Il centrodestra s’abbraccia a Cadoneghe, finalmente: ma a sostegno del sindaco uscente, il leghista Marco Schiesaro. La sfida si alza di giri nel Vicentino. A Bassano del Grappa c’è una larga intesa – Lega, FI, partiti di centro – contro la Fiamma. A Valdagno e Arzignano gli zaiani hanno un loro candidato, a Schio sostengono un civico: ovunque, FdI ne sta cercando altri. Ma ecco lo schiaffo più forte, figlio di recenti diatribe. Lo scorso agosto, in Consiglio regionale, la leghista Milena Cecchetto accusa di molestie sessuali il collega Joe Formaggio: un meloniano d’antan, suprematista bianco dichiarato. Lui ammette “un comportamento inappropriato”, lei si accontenta delle scuse. Ebbene. Oggi il Carroccio candida Cecchetto a Montecchio Maggiore. E FdI ingoia il rospo.
 

Passiamo alla Marca trevigiana, terra del doge Luca. Gianluca Posocco, vicesindaco leghista di Vittorio Veneto, correrà insieme all’intera destra e Azione. Ruoli invertiti a Preganziol, dove la coalizione al completo ruoterà attorno al forzista Dino Vecchiato. Ricompare la frattura a Paese, dove la prima cittadina uscente – Katia Uberti, vincitrice nel 2019 anche grazie a FI e FdI – sarà sostenuta soltanto dal Carroccio. Quindi il Veneziano, dove saltano gli schemi. A Spinea (comune commissariato) sarà derby: Lega e Coraggio Italia per Claudio Tessari, FdI e FI per l’ex sindaco Martina Vesnaver. Esperimento da tenere d’occhio in ottica capoluogo lagunare, con Brugnaro in scadenza e i meloniani pronti a puntare su Raffaele Speranzon. E delle volte, piuttosto della Lega, meglio il Pd. Succede davvero a Noale, dove gli zaiani (con Azione) scelgono Stefano Sorino mentre il resto del centrodestra preferisce il vicesindaco della dem Andreotti. Amen.
 

Ultimi botti, virando verso il Garda. I partiti di governo sono spaccati a Legnago, San Bonifacio, Negrar e Pescantina: sembra il Far West, ma è la provincia di Verona. In tutta la tornata elettorale, si va al voto in un solo capoluogo di provincia: Rovigo. Fotografia dell’impeto meloniano. Straripante alle urne, in crescita fra gli amministratori locali, dietro la lavagna all’atto pratico. Perché qui i Fratelli hanno già presentato 8 candidati. “Ne stanno bruciando uno al giorno”, spiegano fonti interne alla Lega. “Sono divisi in diverse correnti”. E però addirittura otto, suvvia. Manco il Polesine fosse Montecitorio. Finora gli zaiani hanno atteso. Ma se non perdono la pazienza loro, la perderanno i veneti. In un senso o nell’altro.

 

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