Il racconto
Prodi a Conte: "Unitevi o continuerete a perdere". Differenze e analogie fra i due ex premier
Il padre del centrosinistra e il capo del M5s per la prima volta a un evento pubblico: storia di intese ed emulazione (del grillino) fra alti e bassi
“Riuscirà a mantenere alta la tradizione? Si ricorda dell’insegnamento di mio padre?”, chiede Antonia De Mita, figlia di Ciriaco, a Giuseppe Conte. L’ex premier: “Certo, ricordo suo padre, e l’ho anche conosciuto”.
I due in effetti si incontrarono ad Avellino, appena nato il governo rossogiallo, per un convegno su Fiorentino Sullo. In quella occasione Conte disse per la prima volta che puntava a essere il nuovo Prodi, il federatore del centrosinistra. E proprio la nascita del tormentato rapporto, odi et amo, con il Pd porterà il Prof. e l’Avvocato a costruire un legame telefonico abbastanza costante – e segreto – durante la seconda esperienza del leader grillino a Palazzo Chigi. Alti e bassi. Ieri alla Galleria di Arte Moderna per la prima volta Conte e Prodi si sono palesati a favore di flash. Dandosi del tu, chiamandosi per nome. Con il padre nobile del centrosinistra abbastanza prodigo di consigli, ma comunque critico. E il leader del M5s sorridente, ma puntuto nelle controrisposte. Eppure Conte punta a ripetere l’Asinello prodiano.
Un partito di medie dimensioni, ma in grado di condizionare il primo partner con lo sguardo a Palazzo Chigi. Una sorte di Jep Gambardella in grado di far fallire la festa del campo largo o giusto, come dir si voglia, se non c’è lui o gli invitati che dice lui. Eccoli dunque i due ex premier, cattolici adulti, simili ma non uguali e non solo per i venti anni di differenza. Qualcosa deve essersi rotta con la caduta del governo Draghi quando Prodi, a questo giornale, disse: “Conte si è suicidato, politicamente parlando. E poi quando ha detto ‘la mia gente mi chiede di non votare la fiducia’ mi è sembrato di ascoltare di nuovo le parole che usò Fausto Bertinotti con me”.
Alti e bassi, appunto. Ma anche convergenze: entrambi per esempio pensano che un leader di partito, in questo caso Elly Schlein, non debba candidarsi come capolista alle europee perché sarebbe un modo per prendere in giro gli elettori (intanto circola forte la carta di Lucia Annunziata capolista al sud con i dem). C’è rispetto e forse anche emulazione da parte di Conte, che a differenza di Prodi è arrivato a Palazzo Chigi per un incrocio di destini più che per la volontà delle urne. Tuttavia dal dialogo di ieri – in occasione della presentazione del libro di Michele Ainis “Capocrazia” moderato da Conchita Sannino di Repubblica – i punti in comune fra i due sono emersi. Come la bocciatura del premierato di Giorgia Meloni.
Prodi: “Questa riforma è nel solco di Berlusconi, che diceva di essere espressione del popolo e non del Parlamento. E comunque è chiaro che punta a diminuire il potere delle Camere e quello del presidente della Repubblica”.
Conte: “E’ un obbrobrio e un inganno confondere la stabilità del governo con i poteri del Parlamento”. E ci saranno in questo caso sguardi di intesa e sorrisi. Salvo arrivare al siparietto dei consigli prodiani. “Se volete vincere mettetevi d’accordo, altrimenti continuate così”. E questo sarà il titolo della serata, che Conte proverà a rovesciare spiegando che il problema non è lui, ma chi “cannoneggia l’alleanza”. Ce l’ha con Carlo Calenda, il grande offeso lucano. “La sommatoria non basta”, aggiunge infatti il capo del M5s, consapevole di quanto potere di veto abbia. In Sardegna ha vinto una grillina (Alessandra Todde), in Abruzzo si è speso per un civico (Luciano D’Amico) e in Basilicata alla fine è riuscito a far ritirare Chiorazzo per puntare sullo sconosciuto oculista Lacerenza. Una situazione ideale per non perdere mai troppo e dettare i tempi, come i vogatori nel canottaggio, al Pd di Schlein. E’ il M5s il nuovo Asinello del centrosinistra aspettando un Ulivo 2.0 che fatica a mettere radici? Forse sì. Tuttavia sono meno vicini di tempo ormai. Anche sulla scelta del candidato della Casa Bianca nelle scorse settimane Prodi era stato abbastanza categorico nei confronti dell’ambiguità contiana, calcolata al millimetro della dichiarazione.
Nel gioco delle cose che non hanno in comune, il Prof. e l’Avvocato hanno preso le distanze a vicenda anche sulla legge elettorale, segno che la strategia di Conte è molto più ampia e tonda, ormai. Per il leader M5s “non rimane che tornare a un proporzionale con una soglia di sbarramento seria e una preferenza per evitare che si creino meccanismi di giochi di cordate. In questo modo credo che l’elettore possa davvero scegliere”. Per il nonno del centrosinistra invece sarebbe più opportuno il sistema maggioritario. “Quando la società si complica il proporzionale ti obbliga a coalizioni sempre più disomogenee. L’uninominale invece spinge al raggruppamento”. Finisce tutto con una stretta di mano e altre foto per gli archivi: entrambi sono accomunati dalla stessa sicurezza di essere stati – e di esserlo per il futuro – indispensabili per portare la sinistra al governo.