il congresso
Fratelli coltelli: a Roma scontro fra il meloniano Perissa e il rampelliano Milani
Salta la mediazione in vista dell'appuntamento del fine settimana. Nessuno è contro Giorgia, è il concetto che viene rilanciato, ma il punto è la gestione locale del partito
Alla fine sarà un congresso di scontro, quello romano di Fratelli d’Italia in programma sabato e domenica prossimi. Qualsiasi mediazione è saltata: da una parte Marco Perissa e dall’altra Massimo Milani. Il primo è espressione di tutto il partito meloniano, compreso Giorgia e la sorella Arianna. Mentre il secondo, presidente uscente e poi commissariato dalla leader, rappresenta Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e padre politico della presidente del Consiglio. Non c’è una terza candidatura di sintesi all’orizzonte. Anzi, delle parti di Perissa dicono che sono per l’unità, ma il candidato non ha la minima intenzione di ritirarsi. Insomma sarà la conta, salvo sorprese che sembrano impossibile.
Il mantra “stiamo lavorando al massimo per un congresso unitario” alle 20 è finito nel secchio. Per tutta la giornata di ieri è stato un susseguirsi di “non si sa ancora nulla”, “non ci sono al momento novità”, “siamo in riunione”, “stiamo discutendo per trovare una soluzione”, “mistero, mistero fitto” (ironia ma neanche tanto) portava comunque lì, al bivio che nelle precedenti settimane aveva inchiodato al selciato il congresso romano. Per tutta la giornata di ieri la faccenda è stata avvolta anche dal giallo: candidature pervenute, ma non ufficializzate né sul sito di FdI né in comunicati vidimati dall’alto. La svolta è arrivata intorno alle 20. E si andrà dunque verso una sfida che suona così: da una parte i Gabbiani rampelliani, dall’altra la nuova generazione, quella di Atreju, che è nata intorno a Giorgia, Arianna e Lollo, triade di comando in via della Scrofa sul governo, ma anche come è ovvio su Roma, il giardino di casa della leader. Dalle parti di Rampelli cercano di sminuire la portata di questa frattura: la leadership di “Giorgia non è mai stata in discussione e mai lo sarà”.
Sempre il vicepresidente della Camera nei giorni scorsi per tirarsi fuori aveva anche annunciato che non avrebbe sottoscritto nessuna delle due eventuali candidature. Il partito romano però ribolle. E c’è chi racconta che a far saltare il banco sia stato il no dei vertici di Fratelli d’Italia alle richieste del co-fondatore che cercava ruoli e spazio anche nel partito nazionale (si è parlato del ruolo di coordinatore nazionale lasciato libero da Guido Crosetto). Allo stesso tempo, su Roma, Perissa avrebbe offerto a Milani e ai Gabbiani la vicepresidenza del partito, più una serie di posti nella direzione e negli organismi di governo. Tuttavia il deputato quarentenne avrebbe ricevuto un secco “no, grazie”. Resta da capire quale sia stato il ruolo di Giorgia Meloni. Da Via della Scrofa dicono che la premier in questi giorni non ha certo pensato al congresso romano, impegnata com’era su fronti ben più caldi come quello egiziano, per non parlare delle elezioni in Russia.
Nessuno è contro Giorgia, è il concetto che viene rilanciato in queste ore dall’ala di Milani, pronto a giocare, suo malgrado, il ruolo di playmaker dell’opposizione interna. Il punto è la gestione locale del partito, è l’altro concetto. Fatto sta che il conto alla rovescia per sabato è iniziato, e c’è chi, in FdI, nella Capitale, assicura che la premier voglia stare fuori dal congresso locale, e chi ritiene non si possa prescindere né da quello che si pensa nell’area vicina a Lollobrigida (e quindi di rimando vicina alla premier) né da quello che pensa Rampelli, nume tutelare del partito locale e della premier stessa, intesa come Giorgia Meloni militante storica a Roma. Tuttavia un congresso s’aveva da fare: è da molti anni che a Roma la federazione di FdI lo attendeva, e la ricerca della cosiddetta “soluzione unitaria” alla fine è stata una chimera. Decideranno le urne. E chissà se Meloni di ritorno dal Consiglio europeo si presenterà sabato o domenica al Palazzo dei congressi dell’Eur per esprimere il suo voto. Chi la conosce dice che ci sarà.
Equilibri istituzionali