Luigi Zanda (Ansa)

L'intervista

“Pd subalterno a Conte. Schlein ha dimenticato gli iscritti”. Parla Zanda

Ruggiero Montenegro

"Al Pd manca l'orgoglio. Dalla Basilicata al Piemonte, il M5s vuole sfiancarci. Schlein? Il partito si sta trasformando in un movimento, cioè in un grande comitato elettorale. Dovrebbe lavorare sulla democrazia interna, sullo statuto e sulle sezioni, cambiando direzione e segreteria"

Roma. “Va bene l’unità del centrosinistra. Ma la politica estera e quella interna ormai si fondono, per questo sono praticamente impossibili alleanze stabili e durature tra partiti che non abbiano un idem sentire nella collocazione internazionale dell’Italia. Questo, naturalmente, riguarda il Partito democratico e i rapporti con i suoi alleati”. Dopo cinque legislature, Luigi Zanda ha dismesso nel 2022 i panni di senatore, ma da attento e interessato osservatore continua a seguire le vicende del suo Pd, di cui è stato tra i fondatori, senza nascondere qualche preoccupazione. E in effetti gli spunti non mancano.

La candidatura di Piero Marrese in Basilicata non ha offerto un bello spettacolo. Che idea si è fatto? “Che le debbo dire... Nel Pd dovrebbe esserci più orgoglio nel sostenere le proprie ragioni e i propri interessi. Mi sembra invece che da questo punto di vista difettiamo molto nel rapporto con il M5s. Il Pd aveva un candidato, Angelo Chiorazzo, ma l’ha mollato per il veto di Conte. Poi il partito non è riuscito nemmeno a convincere Roberto Speranza, che avrebbe vinto certamente, mostrando un altro limite”, risponde al Foglio. 

Per Zanda quello tra Pd e grillini è un “rapporto subalterno a vantaggio dell’ex premier”, che  rischia di diventare strutturale e va ben oltre la recente telenovela lucana. “Persino in Sardegna, dove pure le elezioni sono andate bene, ne abbiamo avuto conferma. Il M5s, nonostante Alessandra Todde, è arrivato al 7 per cento, il Pd ha preso quasi il doppio dei voti”. E poi c’è il Piemonte: “Vedremo come andrà a finire, ma è singolare come non appena il Pd ha indicato Gianna Pentenero, immediatamente Conte ha contrapposto un’altra candidatura”, ragiona l’ex senatore.

La sensazione è che il M5s sia disposto a fare asse solo se può guidare. “Direi che la cosa è anche più grave. Mi sembra che la tecnica di Conte sia sempre la stessa: sfiancare il Pd”. E spesso ci riesce, aggiungiamo noi, spianando la strada al centrodestra. Insomma ha ragione Prodi quando dice: se volete perdere, continuate così? “Con leggi elettorali scadenti come la nostra le alleanze sono necessarie. Ma se manca un progetto condiviso, una visione a lungo termine, le coalizioni risultano fragili e incapaci di incidere”, spiega l’ex capogruppo dem a Palazzo Madama. Ma non è tutto, ci sono anche contingenze specifiche: “Le coalizioni funzionano solo se al loro interno un partito ha la leadership nei numeri e nelle idee, perché quando le forze si equivalgono, così come quando c’è il ricatto del voto marginale di piccoli partiti, le alleanze hanno vita molto breve”. 

In questa chiave, data la situazione attuale, il “testardamente unitari” che  Elly Schlein continua a ripetere non sembra avere troppe possibilità. “Mi pare che nel Pd sia in atto una tendenza a trasformarsi in un movimento  – rileva Zanda  –  cioè in un grande comitato elettorale. L’indicazione che mi sento di dare alla segretaria è quella di lavorare molto sulla forza e sulla forma del partito”. In che modo? “Vuol dire mettere mano allo statuto, alla struttura territoriale, alle sezioni, valorizzando e modificando la composizione della direzione e della segreteria. Il Pd viene da grandi culture politiche e può tornare a essere un partito guida, se non se ne dimentica. Bisogna ricostruire una classe dirigente davvero degna di questo nome”.

Intende dire che i dirigenti attuali hanno perso un po’ la bussola, che non sono all’altezza delle sfide attuali? “Non me la sento di dare valutazioni sui singoli. Ho fatto anche io parte della classe dirigente fino a pochi anni fa e riconosco di aver fatto molti errori. Per esempio quando il Pd ha preso decisioni che non condividevo: l’ho fatto presente all’interno del partito ma non l’ho detto fuori, pubblicamente, come forse avrei dovuto”. Per esempio quando è stato cambiato il regolamento per permettere a Schlein di partecipare al Congresso? “Quel cambio di statuto in corsa, al cui voto non ho partecipato, è stato un vulnus alla democrazia interna, che invece andrebbe rafforzata sempre di più”.

Altri appunti per la segretaria, che intanto lavora alle liste per le europee. Accanto ai nomi di partito si fanno quelli di Marco Tarquinio, Cecilia Strada e Lucia Annunziata. Passa anche da qui la svolta movimentista del Pd? “Ne riparliamo se e quando dovessero diventare ufficiali”, conclude Zanda, sorridendo. “Parlo da semplice iscritto e quella degli iscritti è una posizione molto importante. Proprio per questo sulle candidature sarebbe forse più giusto informare i militanti a cose fatte, evitando speculazioni”.

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