Il racconto
I baci non definitivi di Salvini a Meloni. La premier: "Fino alle europee sarà così"
Alla Camera il leghista si presenta per dieci minuti vicino alla leader di FdI. Il tempo di una foto. Lei insiste: la linea estera la dò io. Nel campo largo solco fra Schlein e Conte: il capo M5s attacca Biden. Il Pd assiste gelido
I baci sono definitivi (come da titolo di un felice libro di Buttafuoco)? Oppure quelli di ieri così plateali, alla Camera, tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini servono solo a dissimulare uno scontro politico che sembra insanabile? La risposta dopo le europee. Fino a quel giorno la premier e il suo vice, dalle uscite così imbarazzanti sulla politica estera, sembrano essere condannati a una convivenza fatta di pane, amore e tanta fantasia. Intanto il 19 aprile a Potenza saliranno insieme sul palco (con Tajani) per le regionali in Basilicata.
Per Giorgio Mulè di Forza Italia la scenetta di ieri è stata una “bidenata”, come la riedizione del bacio sulla fronte che il presidente americano ha dato alla premier italiana. Alla Camera per le comunicazioni del Consiglio europeo in programma oggi e domani a Bruxelles, è andato in scena lo stesso copione del Senato. Meloni ha fatto capire che nonostante l’incontinenza verbale di Salvini la politica estera la decide lei con il ministro degli Esteri. Il leader della Lega, grande assente il giorno prima a Palazzo Madama, si è fatto vedere per dieci minuti a Montecitorio. Il tempo di far scatenare i fotografi in tribuna, mimare tenerezze e vicinanza politica verso la premier e poi, capito che tanto tutti gli avrebbero rinfacciato le parole sulle elezioni russe e su Navalny, ha tagliato la corda senza assistere alla replica della presidente del Consiglio. Lo attendeva il vicepresidente e ministro degli Affari esteri del Turkmenistan, Rashid Meredov. E poi l’evento di sabato organizzato dal Partito Identità e Democrazia a Roma, partiti di estrema destra distanti dall’Ucraina e vicini a Mosca (intanto Salvini ha nominato Paolo Formentini viceresponsabile esteri affiancando Lorenzo Fontana, presidente della Camera).
Per Meloni normale amministrazione, consapevole com’è che ormai fino al 9 giugno sarà così. Dall’altra parte a specchio la leader di Fratelli d’Italia, controluce può consolarsi con le divisioni dell’opposizione. Giuseppe Conte, urlante e incisivo, le ha rinfacciato il rischio di portare l’Italia verso la Terza guerra mondiale, di essere una capocomica, di non aver coraggio sull’Ucraina e nemmeno sul conflitto a Gaza, poi la sfida sugli extraprofitti. La premier, al contrario delle volte precedenti, non lo ha mai guardato in faccia, impegnata a prendere appunti e a scrivere. Schlein, invece, l’ha onorata del suo sguardo, seppur con piccole smorfie di insofferenza. A nessuno, a proposito di divisioni, è sfuggito l’attacco di Conte a Biden. Nemmeno ai vertici del Pd che continuano a guardare con facce perplesse il capo del M5s. Anche in questo caso i baci non sono definitivi. Anzi. Se ne riparlerà dopo il 9 giugno.