Il caso
Ora in Puglia la destra fa come Rep. con Berlusconi: ecco le 10 domande a Decaro
La conferenza-show di Sisto e Gemmato ricorda molto da vicino gli articoli di Repubblica contro il Cav. La parabola del centrodestra pugliese, che spruzza garantismo alle cime di rapa
Bari. Francesco Paolo Sisto e Marcello Gemmato, come maschere delle firme di Rep. Giuseppe D’Avanzo e Carlo Bonini, declamano le dieci domande al sindaco Antonio Decaro su malaffare e tentacoli dei clan in città. Pura estasi post-berlusconiana. E’ il cortocircuito del caso Bari, un affresco sul costume meridiano antimafia. E così il viceministro della Giustizia, già avvocato di Silvio Berlusconi, oggi ha tenuto – durante la conferenza stampa del centrodestra nella sala consiliare del Comune – una arringa da pm (o da giornalista di largo Fochetti) contro il magistrato Michele Emiliano, reo di aver “affidato” l’allora suo giovane assessore, Antonio Decaro, alle cure della sorella del potente boss della città vecchia Antonio Capriati (proprio per introdurre – che nemesi – la Ztl, cara a certa narrazione reazionaria!).
Lo show del penalista azzurro si muove in parallelo con videoclip mixati tra uno spezzone di discorso emilianista e l’altro. “Regia, vai un po’ indietro”. E così scorrono le immagini in cui l’emiro ricorda che Decaro fu minacciato da un malavitoso che mostrava presumibilmente una pistola (“o un dito grosso”), o quelle della fuga da ignavi dei consiglieri comunali decariani mentre un esponente della maggioranza chiedeva lumi sulla municipalizzata, ora commissariata dalla Dda. “Nei confronti delle mafie sono insopportabili le bugie dei politici”: l’incipit di Sisto. Il cuore del suo j’accuse è la frase dello sceicco Emiliano: “Andiamo a casa della sorella del boss”. Per il viceministro configurerebbe una sorta di “ossequio e riconoscimento di un potere mafioso”. E codice alla mano sul caso delle minacce a Decaro, richiama l’articolo 331 del codice di procedura penale che “obbliga il pubblico ufficiale in presenza di reati a rivolgersi alle forze dell’ordine”. Si gioca sapientemente con le iperboli: “Se un imprenditore fosse andato da un mafioso per raccomandare un lavoratore, un pm avrebbe contestato un affidamento alla cosca di un suo dipendente”, chiosa ancora.
Ci sono quasi trecento persone nella sala consiliare, tra applausi, grida “vergogna-vergogna” e appelli dei relatori contro la retorica da comizio. Sono gli esponenti del centrodestra barese attaccati dalla piazza dem come “usurpatori” dopo la nomina della commissione d’accesso. Ora si prendono la rivincita. Sisto annota ancora sulla manifestazione dem: “Il primo attore è Emiliano, la spalla Decaro, condivisione completa tra i due…”. La chiusura del principe del foro barese è di raffinato sofismo e inquadra al meglio la strategia della destra: “La difesa è sacra, non c’è responsabilità finché non c’è condanna. Ma non ci occupiamo di responsabilità penali. L’articolo 143 del Testo unico degli enti locali prevede un procedimento amministrativo, vale per tutti i comuni. Lo scioglimento non è nella nostra prospettiva, ma una operazione verità sì”.
Anche Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute e leader di FdI Puglia chiede “l’emersione della realtà”. Il quadro noir del meloniano sembra la trama di una puntata di “Lolita”: “Qui vigili urbani offesi per strada non si rivolgevano a poliziotti ma chiamavano la mala per farsi difendere. Rubano l’auto a un funzionario della prefettura e anche lui chiama i boss. La disgregazione del tessuto sociale è evidente, l’azienda dei trasporti è infiltrata”. L’acme dell’intervento di Gemmato: “Dovevamo stare zitti? Dovevamo come Emiliano andare dai boss di Barivecchia?”. La sala si spella le mani. Tocca ai leghisti Roberto Marti e Davide Bellomo. Chiude Filippo Melchiorre, senatore meloniano, che aggiunge al decalogo dei quesiti per il sindaco Decaro, un ulteriore interrogativo. In serata arriva la replica del primo cittadino sui social. Qui Bari, in attesa di una nuova puntata, si vota per il Comune l’8 e 9 giugno e la settimana dopo la Puglia ospita il G7.