il dopo Cav.
I superpoteri di Tajani. Muto muto, cacchio cacchio ha rilanciato Forza Italia
Rispetto ai suoi avversari dentro e fuori dal governo il ministro degli Esteri trama poco, non litiga e appare di rado. Eppure a Bruxelles gioca un ruolo di primo piano. Ma Tajani punta in alto: "Riuscire dove ha fallito Berlusconi"
Bruxelles. Antonio c’è. Mentre nella tempesta della campagna elettorale tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini continuano a volare bordate, il vicepremier Tajani, in silenzio, gira la boa del 10 per cento nei sondaggi e porta la sua Forza Italia, che tutti davano prossima al naufragio, in acque sicure. Al suo saluto d’addio dall’Eurocamera nell’ottobre 2022, ad alzare il calice per Tajani sulla terrazza vetrata di Strasburgo c’erano tutti: fedelissimi, amici e avversari. Nessun nemico però, perché come raccontano del suo staff europeo, “Tajani ha molti avversari ma non ha nemici, è uno dei suoi grandi talenti”.
Fedelissimi a parte però, non tutti erano sicuri del suo successo in Italia, anzi. L’ex presidente dell’Eurocamera infatti partiva, dopo vent’anni di carriera europea che lo portarono sino ai vertici del parlamento Ue, per andare a fare il Ministro di un governo Meloni allora ancora non sdoganato in Ue. Tornava in Italia inoltre a cercare di serrare le fila di un partito in preda alle correnti e appeso agli ultimi travagliati mesi di vita del suo leader e ideatore, Silvio Berlusconi. Pochi mesi dopo Tajani si trova infatti di fronte davanti all’anno zero forzista dettato dalla morte di Berlusconi, ed è lì che il vicepremier raccoglie il testimone della guida del partito e inizia a correre.
Il suo braccio destro a Bruxelles, l’eurodeputato campano Fulvio Martusciello, lo descrive ieri come un Abebe Bikila azzurro, il maratoneta etiope scalzo che trionfo nella maratona delle olimpiadi di Roma. La corsa silenziosa di Tajani lo porta infatti al sorpasso sulla Lega di Salvini, più per colpa dell’avversario che per merito suo certo, ma poco conta davanti al risultato. Rispetto ai suoi avversari dentro e fuori dal governo infatti l’attuale ministro degli Affari esteri, trama poco, non litiga e appare di rado, stando ai canoni della politica italiana la sua leadership non ha quel che serve per volare eppure, come per il calabrone, Tajani vola.
A Bruxelles il vicepremier si gioca un altro profilo. Per il Partito popolare europeo il Tajani è la faccia “presentabile” del governo italiano, “la garanzia sui valori europei”, davanti alle pazzie di Salvini. Il leader di Forza Italia infatti occupa di diritto un posto tra i saggi del Ppe e giocherà un ruolo chiave nella partita dell’ingresso di Meloni nella prossima maggioranza Ue. Passaggio chiave anche per l’eventuale supporto ad un bis di Ursula von der Leyen, a cui però, indiscrezioni burssellesi fanno sapere che il vicepremier preferirebbe la presidente dell’Eurocamera, la “sua” Roberta Metsola, che nel suo staff infatti conserva una nutrita rappresentanza del team installato da Tajani.
Sulle liste per le europee, mentre negli altri partiti proseguono le risse fratricide, il leader di Forza Italia lavora in silenzio e punta tutto sui suoi collaboratori più stretti. I dati attuali sembrano confermare cinque eurodeputati a Forza Italia, uno per seggio con un possibile raddoppio in centro Italia. Al sud strade aperte per Fulvio Martusciello, preferito al re delle cliniche private Aldo Patriciello che ha portato infatti il suo bagaglio di preferenze alla Lega. Nel centro Italia invece probabile la riconferma a capolista di Salvatore De Meo. Nelle isole è sul tavolo l’operazione Chinnici, sottratta al Pd con un’operazione mediata proprio da Tajani e Schifani. Dubbi al nord dove si attende invece una notizia da Letizia Moratti ma in cui nel frattempo Tajani ha ricucito i dissapori con Massimiliano Salini. Per la circoscrizione nord-est le alchimie della legge elettorale dovrebbero infine confermare l’uomo del Svp, Herbert Dorfmann.
Forte di un partito tornato in forma e con un ruolo chiave nel gruppo europeo, quello dei popolari, che si appresta a uscire vincitore dal voto Tajani può infatti puntare in alto, a Bruxelles come a Roma. Da titolare della Farnesina oggi il vicepremier è “il volto del governo più spendibile per un ruolo internazionale”, spiegano dall’ex team del ministro a Bruxelles, “Tajani è uno dei tre nomi spendibili del Ppe, assieme al greco Mitsotakis ed al croato Plenkovic, se l’operazione Ursula dovesse andare male”, confessano invece dai popolari. Corse difficili ma buone per tenersi in forma fino quando si aprirà la maratona più prestigiosa, quella del Quirinale, “riuscire laddove ha fallito Berlusconi”, questa è forse la sua vera ambizione confessa chi a Bruxelles lo conosce da molti anni.