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L'editoriale del direttore

Da Putin a Trump fino all'Ue. Un video del leghista ci spiega cosa è cambiato tra Meloni e Salvini

Claudio Cerasa

In trenta secondi il vicepremier ha condensato un numero così alto di falsità da far impallidire il miglior Donald Trump. Poi attacca il governo di cui fa parte. Così i partiti di centrodestra sono passati da essere complementari ad alternativi

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ieri mattina ha postato sui suoi social un video di trenta secondi, particolarmente istruttivo. Il video è un frammento dell’intervista concessa mercoledì sera dal leader della Lega a Bruno Vespa e contiene due elementi di notevole interesse.

 

 

Il primo elemento riguarda l’istinto naturale mostrato dal vicepremier nel declinare uno degli elementi chiave dell’agenda del trumpismo: la postverità. O, se volete essere meno raffinati, la capacità unica di Salvini di riuscire a condensare in pochi secondi un numero così alto di falsità da far impallidire il migliore Donald Trump. Al terzo secondo del video, Salvini dice che votare Lega significa fare una scelta di “coerenza” (come giustamente ha notato Carlo Canepa di Pagella Politica, il Salvini coerente dieci anni fa prometteva l’uscita della Lega dall’euro, due anni fa ha votato un governo guidato da colui che l’euro l’ha salvato: Mario Draghi). Al settimo secondo, Salvini dice che votare Lega significa votare un partito che non ha mai votato insieme con i socialisti a Bruxelles, ma Salvini dimentica di ricordare che la Lega, in questi anni,  ha fatto di più e con i socialisti, in Italia, ha governato insieme per quasi due anni. Salvini dice poi che in questi cinque anni, in Europa, la Lega non ha mai votato contro le norme folli sull’agricoltura, ma anche qui Salvini dimentica di ricordare che i suoi deputati, al Parlamento europeo, nel 2021 hanno votato a favore di due regolamenti su tre che hanno dato vita alla “folle” riforma della Politica agricola comune. Fin qui, per così dire, le postverità fanno notizia a sé e strappano un sorriso.

Ma superato il quindicesimo secondo Salvini entra in una dimensione: l’attacco al governo di cui fa parte. In pochi secondi, il vicepremier dice che l’Europa “non ha fatto nulla per aiutarci a contrastare l’immigrazione clandestina”, dice che sull’immigrazione in generale “l’Europa non ha mosso un dito” e conclude che la Lega “non può svendere la propria identità per qualche poltrona di sottogoverno a Bruxelles”. Quando Salvini dice che l’Europa non ha fatto nulla sull’immigrazione sta dicendo che il governo guidato da Meloni non ha ottenuto nulla dall’Europa sull’immigrazione e sta dicendo che l’approccio scelto dal governo Meloni su questo dossier, più Europa, più integrazione, più solidarietà, è un approccio che va contro gli interessi italiani. Sono dettagli che si sommano naturalmente ad altri dettagli rilevanti che comprendono le posizioni diverse che Salvini e Meloni esprimono a parole sul futuro dell’Ucraina, sulle elezioni russe, sulla traiettoria di Trump, sulla presidenza Biden, sulla bontà del Patto di stabilità, sulla riforma del mercato elettrico, sulle alleanze europee.

Non è una novità dunque il fatto che i partiti di centrodestra facciano parte di mondi apparentemente incompatibili l’uno con l’altro: ci si divideva sulle sfumature, ma sulla ciccia, sui fondamentali, alla fine era possibile intendersi. È una novità invece il fatto che quei mondi appaiano oggi non più complementari ma semplicemente alternativi. La fase storica in cui si trova l’occidente, con una democrazia europea che prova a resistere all’aggressione della Russia, con un’America che prova a resistere al populismo trumpiano, con un’Europa che prova a resistere a chi cerca ogni giorno una scusa per non farla diventare grande, ha creato evidentemente delle divaricazioni profonde.

E quando al governo ci sono partiti che hanno idee diverse sui fondamentali su cui poggia una democrazia liberale (Ucraina, Europa, solidarietà) non ci si può sorprendere se uno dei due partiti (per esempio Fratelli d’Italia) si senta così distante da uno dei suoi alleati (per esempio la Lega) da non considerare scandalosa l’idea di avvicinarsi dopo il 9 giugno in Europa ai vecchi nemici (socialisti) allontanandosi dai vecchi amici (i leghisti). Fermare Salvini, un tempo, era una prerogativa del centrosinistra. Oggi è diventato, alle europee, l’obiettivo numero uno della destra più europeista. Meloni compresa. Urgono popcorn, grazie.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.