La parola misteriosa
L'ipotiposi rispiegata alla belva Salvini
Siamo stati fraintesi: il nostro appunto era un complimento diretto al leader della Lega, che al tempo godeva di una forza politica diversa da oggi. E per fortuna che ha detto di aver fatto il liceo classico!
Acrobazie mirabolanti del “Foglio”. Finire a “Belve” (quale onore!) chiamati in causa nell’intervista a Matteo Salvini per l’uso sconsiderato della parola “ipotiposi”. I fatti: acquattato sullo sgabello, Salvini versione medioman-tenerone ha parlato di tante cose: del suo rapporto con Bossi e con “l’uomo Tigre”, del burraco, del fatto che dal vivo è meno grasso che in TV, e che con la serie “Rocco” ha “scoperto un mondo che non conosceva” (vai a capire). Ma quell’“ipotiposi” non gli è andata giù. Va bene tutto ma “ipotipotico” no.
A “ipotiposi”, tirata fuori con consueta astuzia da Fagnani, Salvini va in schermo blu. Strizza l’occhio, aggrotta le ciglia, sembra preoccupato (è il contributo del Foglio alla crescita culturale del paese, come Di Maio quando disse “impeachment” da Fazio e tutti giù a googlare, ma a fatica anche perché dalla pronuncia non si capiva cosa avesse detto). Salvini dice che ha fatto il classico e poi Lettere, ma questa ipotiposi “gli manca”. Si insolentisce. Forse è una cosa brutta (“uno che parla di ipotiposi deve avere un problema, non c’ho un problema io”, dice Salvini). Sarà una malattia? Tipo gli otoliti che indisponevano Meloni (“ma il medico che dice? Ma niente, c’ho un po’ d’ipotiposi, devo prendere due pasticche di ekphrasis la sera”).
Cogliamo l’occasione quindi per scusarci. Eravamo animati da buone intenzioni. Ai tempi del Salvini cristiano-identitario, col rosario al posto delle ruspe, quando il capitano impazzava su ogni talk e mangiava la Nutella su Facebook e sul sito “Salvini premier” campeggiava il video “Katia Ricciarelli legge La Rabbia e l’Orgoglio”, ci capitò appunto di definire il leader della Lega un “maestro dell’ipotiposi” (al Foglio succede, uno si fa prendere la mano, scrive “ipotiposi” fiducioso glielo toglieranno poi dal pezzo, invece te lo lasciano così). Colpiva all’epoca la vividezza con cui Salvini si sforzava di far vedere i problemi del paese. Non il solito, “parlare alla pancia del paese”.
Ma la forza plastica della descrizione che risveglia fantasie e visioni in chi ascolta. Salvini che ripeteva in continuazione, “signori, l’Africa in Italia non ci sta!” e tutti che vediamo un continente gigantesco in sovrimpressione su una piccola penisola incapace di contenerne anche un ventesimo. Salvini che “l’Europa perde tempo a misurare le vongole e le nostre aziende sono in ginocchio!” (e vedevi le commissioni di Bruxelles che prendono il girovita alle vongole); “chi vuole più Europa vuole più whisky per curare un alcolizzato”, e via così. Avete capito.
Era insomma un complimento. Salvini come Gadda, Quintiliano, il Calvino delle “lezioni americane”, maestri indiscussi dell’ipotiposi. Siamo stati fraintesi. Ma è anche un amaro segno dei tempi: Salvini, che ha fatto il classico, scambia l’ipotiposi per un’offesa. Io che ho fatto il tecnico e a scuola ci andavo anche pochino, la infilo in un articolo per darmi un tono, avendola usata più che altro come ottima password (“ipotiposi73”, poi l’ho cambiata).