Il racconto
La mozione di cartone contro Salvini: noia alla Camera. L'unico lampo: l'apparizione di Fascina
Non passa (come da pronostico) la sfiducia nei confronti del leghista: la maggioranza tiene. E domani bis con Santanchè. Spunta l'ex compagna del Cav. e i cronisti si svegliano dal torpore
Per noia e trascinamento, Matteo Salvini porta a casa la pelle. Com’era prevedibile, d’altronde. Il capo della Lega messo nel mirino per i suoi rapporti con la Russia di Putin si gode a distanza il voto sulla mozione di sfiducia che lo riguarda. Alla Camera al momento della chiamata nominale non c’è. Si affaccia a Montecitorio giusto un’oretta dopo pranzo per il question time: parla di ponti, dighe e infrastrutture. E’ reduce da un incontro con i tassisti, poi tornerà a Porta Pia a “occuparmi di autostrade”. Tutto come se niente fosse. In effetti la storia del Parlamento non lascia scampo ai precedenti: solo Filippo Mancuso, nel 1995, cadde sotto i colpi di una sfiducia ad personam. Il resto sono mozioni di cartone. Servono all’opposizione per belare (manco abbaiare) e alla maggioranza per stringersi a coorte. Nonostante tutto. Nonostante Salvini.
Con i parlamentari costretti a perdersi un pezzo della partita della Fiorentina contro l’Atalanta, la sfiducia a Salvini va in onda con i banchi del governo semivuoti. Finiscono nel taccuino in ordine i ministri: Ciriani, Giorgetti, Pichetto e Calderoli. Si affacciano, per farsi vedere, perché l’immagine è molto, se non tutto, una decina di sottosegretari. Si sta qui perché il capo della Lega da anni magnifica le sorti della Russia di Putin, ha stretto in passato patti di sangue con il partito Russia Unita e sull’invasione dell’Ucraina, a parole, è sempre pronto a piazzare una bella avversativa. “Ma anche Zelensky, ma le armi....”.
A rincuorare gli animi stanchi della maggioranza, che si presentano in Aula come si va in palestra il primo lunedì dopo le feste di Natale, c’è stata però la nota di Salvini, quella della vigilia, quella dell’abiura nei confronti di anni di putinismo spinto con la promessa che il gemellaggio con Russia Unita sia svanito sotto i colpi dell’invasione ucraina. Questa nota ha reso più semplice, almeno a parole, il ruolo di Forza Italia, ma anche e soprattutto quello di Fratelli d’Italia, partito leader del centrodestra. E allora ecco Tommaso Foti, presidente del gruppo meloniano a Montecitorio: “Mi pare sia naturale che i parlamentari siano tutti presenti, abbiamo deciso di volerla discutere dopo il primo punto all’ordine del giorno perché riteniamo che anziché lasciare l’opposizione a continuare a far pubblicità a tesi abbastanza infondate era meglio dare una risposta seria puntuale e decisa in Aula”. E’ convinto di ciò che dice, Foti? “Per Salvini parlano gli atti e i voti in Parlamento”. Antonio Tajani, fervente atlantista nonché ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, non è in Aula. Sarebbe stato troppo, anche per la migliore dissimulazione. E allora tocca anche al capogruppo azzurro Paolo Barelli dire che “volere attaccare un ministro di questo governo per un accordo del proprio partito stipulato nel 2017, un’era fa, è francamente risibile”. Ma come, c’è un’ampia letteratura che dura da anni: tutto dimenticato? Barelli, uomo di mondo capace di farsi pesce in barile, aggiunge che “ogni partito ha una sua indipendenza e autonomia”. E così dai banchi della maggioranza si arriva a dire che “il centrodestra, Lega compresa, è stato sempre e convintamente a fianco dell’Ucraina e contro l’invasione russa, cosa che non tutte le forze di opposizione possono rivendicare”. Fanno fede le parole di Salvini dell’altro giorno, quelle appunto della vigilia “sul fatto che l’aggressione all’Ucraina del febbraio 2022 ha privato di qualsiasi significato politico l’accordo stipulato nel 2017 tra Lega e Russia Unita, parole nette”.
Le opposizioni si giocano attacchi e tweet che vanno bene su tutto, senza bisogno di un armocromista. Lia Quartapelle, del Pd, ricorda che Meloni quando formò il governo non assegnò gli Esteri, la Difesa o i Rapporti europei alla Lega perché non si fidava. Riccardo Magi di +Europa punta l’indice contro l’anomalia Salvini che altrove non sarebbe ministro. Il M5s, con Vittoria Baldino, rilancia che è “tutto un mercimonio”. Già, perché domani si voterà un’altra mozione di cartone, questa volta nei confronti di Daniela Santanchè, indagata per truffa ai danni dello stato per aver usufruito della Cassa Covid in qualità di imprenditrice, pur facendo lavorare i dipendenti. Una storia che finirà come quella di Salvini, senza sussulti, con un risultato abbastanza scontato, come da accordi. Io non faccio scherzi a te, tu non fai scherzi a me. Nemmeno la ministra del Turismo, come il collega leghista, sarà presente a Montecitorio. Sfogatoio delle minoranze e palestra muscolare della maggioranza, pronta a urlare: “Vedete quanto siamo compatti e uniti?”.
L’unica vera scossa del pomeriggio porta la voce di Marta Fascina, presente alla Camera (e questa sì che è una notizia) per votare contro la sfiducia a Salvini. Niente chignon ma capelli biondo platino sciolti e mossi, in stile beach waves, tailleur gessato blu (non più nero), scarpe basse e cover del cellulare con impresso il volto di Berlusconi: si è presentata così l’ultima compagna del Cav. Con tanto di doppia fede nuziale d’oro al dito della mano sinistra (la sua e quella che portava Berlusconi scomparso il 12 giugno di un anno fa), oltre al diamante a forma di cuore regalatole dal leader azzurro per il “matrimonio simbolico” di Villa Gernetto. Dettagli che non sfuggono ai cronisti, a partire da quelli dell’Adnkronos, in un pomeriggio di lento trascinamento fino a sera. E questa mattina ci sarà il bis. Ieri Salvini l’ha sfangata con 221 no, 129 sì e 3 astenuti.