un set cinematografico a Cinecittà (foto Ansa)

l'intervento

Sangiuliano ci spiega perché rivoluzionerà il tax credit nel cinema

Gennaro Sangiuliano

Il meccanismo di detrazione fiscale così com’è disincentiva la creatività e alimenta mediocrità. Ora la svolta. Ci scrive il ministro della Cultura

Caro direttore, ho letto con interesse e attenzione il documentato reportage di Marianna Rizzini dedicato alla realizzazione del nuovo progetto di espansione e riqualificazione degli Studi di Cinecittà tramite il contributo dei fondi del Pnrr. La precedente versione di questa importante iniziativa di rilancio della più grande fabbrica del cinema italiano, come mi resi conto non appena insediato al ministero della Cultura, era piena di complessità e per certi versi irrealizzabile. Il rischio era quello di un costoso fallimento. Con mesi di duro lavoro e il supporto del ministero – come è stato riconosciuto dallo stesso Amministratore delegato di Cinecittà Spa, Nicola Maccanico – il progetto è stato ri-orientato dai tecnici dell’Unità di missione Pnrr del Dicastero e presentato all’Unione Europea, ottenendone l’approvazione. Più volte mi sono personalmente recato a Cinecittà e ora sono sotto gli occhi di tutti i frutti di questo impegno. Il cinema, l’ho ribadito più volte, è una delle più alte e immediate espressioni culturali, quella meglio percepita dal grande pubblico e soprattutto dai giovani. Il suo valore è fuori discussione, soprattutto se consideriamo la sua prospettiva di filiera industriale capace di generare ricchezza economica. Inoltre, il cinema esalta i nostri territori e le loro bellezze.

L’Italia è sin dalle origini tra le eccellenze mondiali di questo comparto e vanta fra le migliori maestranze del settore, riconosciute come tali a livello globale: qui sono nati la prima mostra internazionale d’arte cinematografica, promossa dalla Biennale di Venezia, uno tra i primi studios europei, per l’appunto Cinecittà, e uno tra i primi istituti di alta formazione, il Centro sperimentale di cinematografia.  Il cinema italiano, che ha fatto e continua a fare scuola nel mondo, è un veicolo unico per diffondere le storie e le idee che sono alla base della costruzione del nostro immaginario nel mondo. In questo momento storico l’Italia ha registi eccellenti capaci di adempiere a questa missione (tra i miei preferiti, ricordo Paolo Sorrentino, Matteo Garrone ed Edoardo De Angelis). 

 

Tuttavia, il pieno riconoscimento del valore culturale ed economico del cinema non può esimerci dal denunciare, con forza, le storture e i veri e propri abusi che si sono generati in questi ultimi anni nell’ambito degli aiuti che lo Stato riconosce al cinema che, ricordiamolo sempre, sono soldi dei cittadini italiani. Nel 2016 le risorse disponibili, sotto forma di contribuzione diretta e di tax credit, furono pari a poco di più 250 milioni di euro. Nel 2017, primo anno della nuova legge per il settore cinema, il fondo era di 400 milioni. Nel 2021, lo stanziamento in legge di Bilancio è stato di 636 milioni poi aumentato, per gli anni 2022 e 2023, a 746 milioni. Al momento le risorse sono invariate, fatta eccezione per un lieve taglio che vale per tutti gli ambiti del Ministero per esigenze di finanza pubblica.

 

A questo fiume di denaro pubblico non sempre ha corrisposto la qualità: mi ha fatto piacere leggere, a riguardo, una opportuna dichiarazione di Marco Bellocchio secondo cui molti suoi colleghi farebbero bene a cambiare mestiere. Inoltre si sono generati incontrovertibili abusi: film prodotti e finanziati, misteriosamente non ancora usciti; tantissimi film che hanno fatto segnare poche decine di spettatori in sala e mai trasmessi su piattaforme o in tv; film che, per aggirare gli obblighi di programmazione, sono passati in sala alle 8 del mattino. Per inciso, vorrei tanto conoscere lo spettatore che va al cinema a quest’ora.

Molte inchieste giornalistiche hanno documentato i casi addirittura di film con 29 spettatori che hanno percepito centinaia di migliaia di euro di contributi della collettività. C’è un film costato 29 milioni di euro di cui oltre 9 a carico del contribuente italiano che ha fatto registrare poche decine di migliaia di spettatori. In alcuni casi abbiamo visto all’opera rampolli di famiglia con risultati davvero modesti. Voglio ricordare che, quando Sorrentino ha realizzato il suo splendido “La grande bellezza”, nel 2013, gli aiuti al settore ammontavano a 190 milioni. Più o meno accadeva lo stesso in anni precedenti con grandi successi come “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores e “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore. Per non parlare della grande stagione del Neorealismo, quando i produttori si finanziavano da soli. Provare a correggere le storture di questo sistema non significa voler limitare l’intervento pubblico, sia sotto forma di aiuti selettivi che di tax credit, ma solo evitare sprechi, addirittura vere e proprie truffe, e riportare tutto in un quadro di legalità. Chi produce un film deve assumersi un rischio d’impresa e non può più pretendere il finanziamento pubblico al cento per cento, fatta eccezione per i giovani che si misurano con un’opera prima.

 

Da diversi anni il cinema italiano sta conoscendo un’autentica rinascita ed è tornato ad essere capace di parlare al mondo. Chi era abituato ad amarci è tornato ad ascoltarci. Per questo motivo ora è importante non sprecare il nostro talento, dissipando risorse in progetti cinematografici non sempre di livello adeguato, né dal punto di vista artistico né tantomeno commerciale. Delle 459 opere cinematografiche sostenute attraverso il tax credit automatico tra il 2022 e il 2023, oltre 345 non sono mai uscite in sala. Ciò non è solo un antieconomico spreco di denaro pubblico, ma anche un disincentivo alla vera creatività, che rischia di affogare in un mare di mediocrità. 

Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura

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