la premier e il voto

Meloni non ha gettoni elettorali per le europee e si butta sull'immigrazione. A partire dal piano Albania

Simone Canettieri

La premier è pronta a un'operazione verità in campagna elettorale sui conti e la crisi internazionale. Ecco perché spinge per inaugurare l'accordo con Tirana per fine maggio

“Purtroppo ci sono due guerre in atto vicino a noi e quindi fattori di congiuntura internazionale contro i quali possiamo fare poco. Per non parlare poi del Superbonus”. Prima di presentare nel dettaglio il Def ai colleghi, Giancarlo Giorgetti ha fatto questa premessa in Consiglio dei ministri. E tutti hanno notato l’espressione di Giorgia Meloni. La premier ha annuito, senza proferire parola. D’altronde aveva già detto tutto il titolare dell’Economia. La situazione non è facile: il prezzo della benzina continua a salire, così come riemergono i video dell’allora leader dell’opposizione che prometteva, una volta al governo, di tagliare le accise. E poi c’è il pungolo del commissario Ue Paolo Gentiloni sul Pnrr da attuare senza rinvii e una serie di dossier economici che preoccupano la “capa”. Ecco perché in mancanza di conigli nel cappello ha in mente di lanciare un’operazione verità in vista delle europee. Puntando sull’immigrazione. 

Meloni, se non deluderà Fratelli d’Italia, alla conferenza programmatica di Pescara di fine mese – il “Giorgia beach party” – annuncerà la candidatura come capolista in tutte le circoscrizioni. 

E quindi, seppur mirati, dovrà in qualche modo ritornare sul palco, per i comizi tra la gente. Oltre alle interviste in tv (compreso il confronto con Elly Schlein). 

Non avendo promesse elettorali da mettere sul piatto, fattispecie di cui va fiera come emblema di diversità rispetto agli atti, Meloni cercherà di capovolgere la narrazione di questi diciotto mesi di governo spiegando che è entrata a Palazzo Chigi con una guerra alle porte dell’Europa, un conseguente problema legato all’energia, la voragine sui conti pubblici causata dal “gratuitamente” Superbonus, poi il 7 ottobre, la crisi in medio oriente e i nuovi paletti della Ue. 

Ecco, nonostante questo, è il ragionamento che le consigliano i suoi più stretti collaboratori, “abbiamo fatto tutto il possibile, a partire dall’attuazione del Pnrr”. Che però potrebbe adesso subire uno slittamento nella tabella di marcia. “E non sarebbe una bestemmia”, come ha spiegato Giorgetti. Il quale è finito, in compagnia di Meloni, nel mirino dell’opposizione per il Def monco di cifre. L’economia è il tallone d’Achille della leader perché ha pochi spazi di manovra e di racconto, soprattutto.

Nella ricerca abbastanza spasmodica di qualcosa da offrire all’opinione pubblica e agli elettori (deve superare il 26 per cento delle ultime politiche), la premier ha in mente di puntare molto sul dossier migranti, che si porta dietro il piano Mattei e un “approccio da protagonista in Europa”. Patti che può rivendicare come elemento di centralità a Bruxelles al contrario dei risultati economici nei tavoli che contano: ha dato il via libera al Patto di stabilità, nonostante mesi di parole sulla logica a pacchetto, e ha detto no alla ratifica del Mes. 

E’ così spiegato perché in questa fase da Palazzo Chigi stiano spingendo tantissimo affinché scatti l’operazione Albania prima di giugno. Il Viminale, di buona lena, sta chiudendo il dossier. Sono state già individuate le tre aziende specializzate che si occuperanno della gestione dei migranti salvati in mare e dirottati nei centri gentilmente concessi dal presidente Edi Rama davanti alle coste italiane dell’Adriatico. Anche il Genio  dell’esercito ha chiuso la parte logistica. Tutto è quasi pronto. Dal punto di vista dell’immagine e della comunicazione, Meloni sogna di “inaugurare” i due centri albanesi a fine maggio. Obiettivo considerato da Palazzo Chigi più che alla portata.  Servono, anche se suona cinico, migranti da trasferire. E poi va continuato il lavoro con i paesi del nord Africa. La settimana prossima infatti la premier tornerà in Tunisia per continuare la strategia legata ad accordi a cavallo fra l’immigrazione e l’economia (piano Mattei). Tutto il partito è concentrato sulla campagna stop sbarchi. La responsabile di questa materia, la deputata Sara Kelany, sta gestendo il tour di parlamentari e membri del governo pronti a spiegare ai cittadini tutte le azioni messe in campo dall’esecutivo. E in particolare, ovviamente, da Meloni. Che non promette più l’irrealizzabile blocco navale, ma è pronta a squadernare tutte le azioni di politica diplomatica in Europa più le iniziative di Palazzo Chigi. Fra accordi con i paesi di transito e l’Albania.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.