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il colloquio

"Conte sapeva del metodo Emiliano dal 2020. Ma oggi ci sono le elezioni", dice l'ex M5s pugliese Laricchia

Ruggiero Montenegro

Lo sfogo della consigliera regionale dopo la rottura dei grillini con la giunta Emiliano: "Finalmente il M5s ha capito". Era la candidata per la presidenza alle scorse regionali, lasciò il Movimento in polemica per l'alleanza con il Pd. "Non c'è più spazio per il dissenso"

“C'è una certa soddisfazione, da una parte, perché finalmente il M5s ha capito. Perché queste cose le denunciavo da anni. Ma dall'altra anche tanta amarezza personale per come sono stata trattata io e chi mi è stato vicino. Estromessa da chat, assemblee, eventi pubblici. Siamo stati messi ai margini”. Antonella Laricchia era la candidata del Movimento alle scorse regionali pugliesi. Grillina della prima ora, di quelli che non se ne vedono più. Provò in tutti i modi a evitare il matrimonio con Michele Emiliano, lasciando in polemica il M5s per quelle scelte. “Ma ho mantenuto il seggio in regione, per rispetto verso gli elettori. Mi avevano votato per fare quello che ho fatto”, dice al Foglio.

Quattro anni dopo, dopo le inchieste per corruzione e compravendita di voti che hanno coinvolto a vario titolo il comune di Bari ed esponenti della giunta regionale pugliese, rompe con Emiliano anche Giuseppe Conte (che nel 2020 non era ancora a capo del M5s). 

Questa mattina Laricchia si è sfogata con un lungo post sui suoi social in cui ripercorre le vicende di questi anni. Ne aveva parlato anche con Conte? “L'ho sentito subito dopo le elezioni in Puglia del 2020, quando era premier. Spiegai quelle che erano le mie perplessità, certe modalità opache di fare politica del centrosinistra. I motivi della mia rottura”. Senza ottenere grandi risultati, a quanto pare. Cosa le rispose? “Non fece pressioni per farmi cambiare idea, spiegò le sue ragioni, fu istituzionale. Ma quella era un'altra fase, il Movimento aveva ormai aperto alle alleanze. Io sono rimasta coerente a differenza di altri. Il M5s è diventato a tutti gli effetti un partito”.

 

 

Insomma Conte era a conoscenza dell'andazzo pugliese già da tempo. Come mai secondo lei ha aspettato tanto tempo prima di prendere questa drastica decisione? “Ci sono stati tanti arresti e questo ha portato inevitabilmente ad aumentare la pressione mediatica. E poi ci sono le europee, la campagna elettorale”, risponde la consigliera pugliese. Ha risentito l'avvocato di Volturara Appula successivamente? “Sì, mettendolo in guardia sui rischi di abbandonare la piattaforma Russeau, che offriva una certa garanzia per i processi di democrazia interna, per la partecipazione degli iscritti”. Anche quella volta i suggerimenti non furono accolti. “E ora non esiste più nulla di tutto questo, c'è un finto coinvolgimento dei militanti. Io infatti ho smesso di votare M5s da tempo, non ci credo più. E in consiglio regionale ho spesso votato in dissenso”.

Secondo Laricchia il naufragio del campolargo (“una pagliacciata”) era un punto d'arrivo inevitabile, “figlio di scelte sbagliate”. Si riferisce a qualcosa in particolare? “Il grande errore è stato fatto quando tra il 2020 e il 2021 Vito Crimi era reggente. Avrebbe dovuto convocare gli Stati generali e permettere che la leadeship fosse davvero davvero contendibile”. E invece? “In quella fase Crimi, Conte e Di Maio avevano una linea simile. Quando si sono accorti di essere in minoranza, hanno scelto un'altra strada, a discapito degli iscritti, che ha portato poi Conte alla guida del Movimento. Sapevano che in una reale consultazione avrebbe vinto Alessandro Di Battista”.
 

Da quel momento, secondo Laricchia, il M5s ha iniziato un percorso quasi irreversibile rispetto alla sua natura inziale. “Paradossalmente chi è rimasto fedele alle idee, alle ragioni per cui è nato il M5s, non è stato più ascoltato. Non c'è spazio per le voci critiche nel Movimento di oggi”. Qualcuno infatti se ne è andato, altri come Virginia Raggi, che pure è stata una delle personalità di punta, trovano sempre meno spazio. E' un caso? “Sicuramente”, ride Laricchia. “C'è una volontà quasi scientifica di limitare il dissenso”.