L'intervista
“Il carcere per i giornalisti? Tremo all'idea. L'arbitrarietà dei giudici è pericolosa”. Parla Sallusti
Il direttore del Giornale boccia la proposta di FdI sulla diffamazione: "Nella legge in discussione ci sono anche alcuni aspetti positivi, Ma non servono nuovi reati. Mai i giornalisti dovrebbero essere arrestati per il loro lavoro". Nel 2019 la Cedu condannò l'Italia per la sua detenzione
“Tremo di fronte all’idea del carcere per i giornalisti, di fronte all’arbitrarietà di un giudice che deve decidere sulla mia buona fede o su quella di qualche collega”. Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, si sa, è vicino alle idee e al sentire di questo governo. Ma non fa sconti. Si riferisce agli emendamenti presentati da Gianni Berrino, senatore di Fratelli d’Italia, al disegno di legge sulla diffamazione di cui si discute a Palazzo Madama. Le proposte del parlamentare meloniano puntano a introdurre, in alcuni casi, il carcere fino a 4 anni e mezzo e sanzioni pecuniarie fino a 120 mila euro per i cronisti.
Direttore che ne pensa? “Non è stata una grande idea, diciamo così. Prendo atto che nel complesso la legge in discussione abbia anche aspetti positivi, che puntano ad alleggerire in alcuni casi le responsabilità di chi fa informazione. Ma mai i giornalisti dovrebbero essere arrestati per il loro lavoro. Lo dico con una battuta: non vorrei che il Parlamento volesse colpire Report e poi invece un giudice finisse per colpire Sallusti”. Che intende? “Per come sono stati formulati, quegli emendamenti attribuiscono ai giudici un potere e una discrezionalità che rischiano di diventare pericolosi”. Il direttore del Giornale d’altra parte sa bene di cosa parla, l’ha vissuto in prima persona tanto che il suo è diventato un caso da manuale di giornalismo. Nel 2012 fu condannato a 14 mesi per omesso controllo (“un reato del cavolo”) e diffamazione. Ha scontato una parte della pena ai domiciliari prima della grazia concessa dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “La mia vicenda – spiega Sallusti – è paradigmatica, perché dimostra i danni che si possono fare quando ci si affida all’interpretazione di un giudice. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha poi condannato l’Italia perché la mia pena era sproporzionata, sono stato risarcito”.
Una lezione che non abbiamo imparato, a quanto pare. “Per quanti emendamenti possano fare, il diritto europeo li sconfesserebbe subito”. E c’è anche una sentenza della Corte costituzionale che va in questa direzione.
Il punto comunque per Sallusti non è l’impunità. “Intendiamoci: non è che tra giornalisti non ci siano i mascalzoni, la nostra categoria non ne è esente, ed è giusto che i mascalzoni vengano perseguiti. E’ che semplicemente non serviva introdurre nuovi capi d’imputazione, c’è già il codice penale a punire chi fa un uso distorto delle informazioni e delle notizie. C’è il reato di estorsione, c’è quello di calunnia”.
Dal punto di vista politico, intanto, l’intemerata dei meloniani ha offerto l’occasione alle opposizioni di andare all’attacco, rilanciando le sempreverdi accuse di autoritarismo contro il governo. Hanno ragione questa volta? “L’idea che la sinistra sia liberale e la destra fascista è un’invenzione. Ho ricevuto tante querele da sinistra. Hanno governato per anni e non mi pare abbiano fatto molto contro il carcere per i giornalisti. Quando è toccato a me non ricordo grandi manifestazioni di solidarietà”, dice Sallusti.
Insomma non è vero che il governo Meloni ce l’ha con i giornalisti? “Io non lo so se ce l’ha con i cronisti. Credo invece – prosegue il direttore – che spesso fra politica e stampa ci sia un conflitto, ma può essere anche positivo. L’importante è che non si trasformi in accanimento, da una parte o dall’altra”. E però le querele non mancano, di recente per esempio è toccato a Luciano Canfora. “Se un illustre professore dà della neonazista alla premier, penso che quest’ultima abbia tutto il diritto di tutelarsi. Allo stesso modo se io scrivessi domani che Elly Schlein è peggio dei brigatisti, la segretaria avrebbe tutte le ragioni per querelarmi. Farebbe bene”. Sempre a proposito di querele, com’è finita con il ministro Crosetto? “Quel caso è ridicolo, non so cosa gli sia venuto in mente. Sarebbe bastata una telefonata di sfogo, di quelle che noi direttori riceviamo tante volte, e avremmo risolto. Se ha ritenuto di fare così comunque è un suo diritto. Ma questo dimostra anche che su certe questioni non è la distinzione tra destra e sinistra che fa la differenza”.