l'intervista
Bonanni: “Basta retorica sui subappalti. Landini? Solo scioperi e zero proposte”
L'ex segretario della Cisl: "La retorica del dolore ha stancato. I sindacati facciano proposte concrete sulla sicurezza del lavoro. Le mobilitazioni? Sono efficaci se usate con parsimonia"
“Tutta questa retorica sui subappalti ha stancato. Viene agitata come uno slogan, ma non si fa una proposta che sia una. Così però non si risolvono i problemi dei lavoratori: si aggravano”. L’ex segretario della Cisl Raffaele Bonanni al Foglio dice di non capire l’atteggiamento di alcuni sindacati, a partire dalla Cgil di Maurizio Landini, che dopo l’incidente di Suviana hanno preso a indire scioperi, brandendo soluzioni semplici come “no ai subappalti”, additati di ogni responsabilità. “E’ finito il momento delle proteste, della strumentalizzazione politica. La retorica del dolore, come la chiama il cardinale Zuppi, dimostra tutta la sua impotenza. Per ottenere risultati bisogna essere disposti a fare delle proposte, a lavorare tutti insieme. Il protestantismo è una paratìa che ci impedisce di affrontare la vera furbizia di certi ambienti”.
Secondo Bonanni, che la Cisl l’ha guidata per otto anni e le dinamiche legate alla sicurezza sul lavoro le conosce bene, “non ha senso limitarsi a chiedere più controlli o più formazione. Che vuol dire? Quel che bisognerebbe fare è restringere il campo in cui operano questi controlli, ma soprattutto far sì che l’Inail investa di più nella cultura della sicurezza. In quest’epoca digitale l’innovazione più aiutare tantissimo, ma le piccole e medie imprese, che sono l’ossatura del nostro sistema produttivo, vanno messe nelle condizioni di poter essere dotate di attrezzature appropriati. Oramai esistono tutta una serie di strumentazioni che sono in grado di segnalare anomalie”. Anche sui subappalti problemi ce ne sono, ma è poco utile usare frasi fatte: “Bisogna intervenire a monte, non a valle”, spiega Bonanni. “Sapendo che gli appalti al massimo ribasso sono la cosa peggiore per la tutela del prodotto, perché spingono fuori dal mercato gli operatori sani. E perché introducono tutta una serie di personaggi discutibili. Ma su questo non s’interviene perché ci sono tutta una serie di interessi politici. E allora ognuno preferisce buttarla in caciara”.
Il segretario della Cgil Maurizio Landini, insieme a quello della Uil Paolo Bombardieri, per esempio hanno preferito indire lo sciopero. Criticando pure la Cisl (l’ha fatto Landini) perché ha deciso di non partecipare alla mobilitazione “nonostante i morti”. “Ma Landini non ha mai una proposta su niente. Ripete ciò che sente al bar perché non ha mai un contenuto. E’ una specie di cinghia di trasmissione rispetto ai suoi alleati politici”, dice ancora al Foglio Bonanni. “Così facendo, per altro, crea un malumore che potremmo evitarci. Uno già rimane sgomento di fronte alla morte di lavoratori come quelli di Suviana. Ma questo sgomento che sbocco ha, che risposte ottiene? Ecco perché ognuno deve fare la sua parte. E i sindacati possono fare molto di più, per esempio indirizzando il lavoro dell’Inail, insieme ai decisori politici, alle varie parti in causa. Sarebbe anche un modo per essere trasparenti, un modello pedagogico che costringerebbe tutti ad avere un’opinione più precisa”.
Tornando alle continue mobilitazioni indette dalle sigle sindacali, Bonanni ha una lettura tutta sua: “Lo sciopero è efficace quando usato con parsimonia, quando tutti i soggetti sono coinvolti, e quando emerge una vera proposta. Ma non è uno scherzo che può essere usato contro degli avversari. Perché se fai a lupo a lupo lo svilisci, lo sciopero. E questa retorica di protesta si ritorce contro gli stessi lavoratori. Ecco, il sindacalismo di Landini non si pone mai il problema della cointeressenza. Ovvero raggiungere il massimo dei risultati e dell’unità sociale. Ed è un po’ a corrente alternata. Mi sembra che all’epoca di Marchionne con la Fiat fosse incendiario. Mentre adesso si fa fatica a trovare sue dichiarazioni su Stellantis”. Insomma la prassi predominante sembra essere quella di “fare casino per fare casino”, dice ancora il sindacalista. “E questo fa sì che lo sgomento senza risposta conduca direttamente alla disillusione. Che poi a lungo andare diventa populismo”.