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Nell'"Europa che vogliamo" di Schlein non c'è l'Ucraina
La segretaria del Pd lancia la campagna per le europee, ma riesce a non menzionare mai l'aggressione russa e la difesa di Kyiv
Se un marziano avesse partecipato alla conferenza stampa di Elly Schlein alla sede della stampa estera, dopo oltre un’ora di intervento avrebbe capito che il conflitto principale nel cuore dell’Europa non è quello tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, ma quello tra Vito Leccese e Michele Laforgia. La segretaria del Pd dice che i due contendenti baresi “stanno discutendo”, precisando che lei sosterrà Leccese sia che voglia “andare avanti” sia che voglia “tentare ancora un dialogo” per una soluzione negoziale. Manca solo l’iniziativa diplomatica del Vaticano, magari dell’arcivescovo di Bari, il monsignor Zuppi pugliese.
Se c'è chi pensa che la libertà dell’Europa passi da Kharkiv, la città ucraina che da dicembre viene bombardata ogni maledetto giorno da droni e missili russi, a sentire Schlein pare quasi che il futuro dell’Europa passi da Bari. Dalla città, cioè, dove il Pd litiga con Giuseppe Conte per la scelta del candidato sindaco. Perché nel programma per le europee del Pd, presentato tra l’altro proprio ai giornalisti della stampa estera, dell’Ucraina non c’è traccia.
Da oltre un paio di anni si dice che, dopo quasi ottant’anni, in Europa è tornata la guerra. Ma per Schlein è come se non fosse accaduto. Nella campagna per le europee del Pd, dal titolo “L’Europa che vogliamo”, si parla di “aria pulita” e “lavoro”, ovvero di giustizia climatica e giustizia sociale. Nella sua presentazione Schlein parla anche di una lunga serie di argomenti politici che riguardano la politica interna, più che quella europea: legge sulla rappresentanza, l’autonomia differenziata, le riforme istituzionali e il premierato, la libertà di stampa alla Rai e la vendita dell’Agi. Ma di Ucraina proprio niente.
Dell’evento che ha stravolto la sicurezza dell’Europa e che condizionerà irreversibilmente il futuro dell’Unione europea, nella sua politica energetica e di sicurezza, e le relazioni con il suo bellicoso dirimpettaio russo, neppure un cenno.
Nell’ultimo punto della presentazione del programma, Schlein proietta una slide che dice: “Un’Europa per la pace, ma non di guerra – Vogliamo un’Europa che si impegni per il cessate il fuoco”. Ma non si parla di Ucraina. Schlein si riferisce al Medio Oriente: “Il Pd già da ottobre chiede con forza un cessate il fuoco, di liberare gli ostaggi nelle mani di Hamas e portare tutti gli aiuti a Gaza – dice –. La nostra richiesta al governo è di fare tutto il possibile per arrivare a un cessate il fuoco”.
L’argomento è certamente di fondamentale importanza, ma a maggior ragione risalta l’assenza di qualsiasi riferimento all’Ucraina, proprio in uno dei momenti di maggiore difficoltà di Kyiv. Schlein dice qualcosa in senso opposto: “Ci preoccupiamo quando si comincia a parlare dell’Europa come un’economia di guerra”. Il riferimento è al presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, che con quell’espressione ha indicato la necessità di rafforzare la capacità di difesa dell’Unione e dell’Ucraina. Schlein, invece, dice che i singoli paesi dell’Ue non devono andare verso il “riarmo” e l’aumento della spesa militare, ma bisogna fare investimenti comuni europei “ottimizzando la spesa e riducendola”.
Sia il detto sia il non detto sono, però, in contrasto con la posizione dei socialisti europei. Il manifesto del Pse per le elezioni europee cita l’aggressione russa all’Ucraina nella prima pagina e, poi, dice chiaramente: “Manteniamo fermo il nostro sostegno incondizionato all’Ucraina, fornendo assistenza politica, umanitaria, finanziaria e militare per tutto il tempo necessario”.
La linea di Schlein sulla difesa è opposta a quella dei principali leader socialisti europei, da Scholz a Sánchez, che stanno aumentando le spese militari o propongono di farlo quando saranno al governo (Starmer in Regno Unito). Nel Pd di Schlein, invece, tutti sono convinti che parlare dell’Ucraina faccia perdere voti: meglio concentrarsi su Bari e far finta che Kharkiv non esista, prima ancora che Putin finisca di raderla al suolo.