Europee

Draghi platonici. Salvini lo boicotta, Meloni pensa ad altro. Il Parlamento gli preferisce Tajani

Carmelo Caruso

È di nuovo effetto Quirinale. Viaggio tra i parlamentari che dell'ex premier pensano: "grande personalità". Per la presidente del Consiglio il dibattito su Draghi alla guida della Commissione Ue è solo "filosofia"

Gli chiederanno di svuotare la pattumiera la sera: “Scendi, Mario”. Per Giorgia Meloni è  “filosofia”, Salvini dice che “si è sacrificato per lui”, Giuseppe Conte lo ritiene un addetto allo sportello della Bce. Provate a domandare a un parlamentare cosa pensa di Draghi alla guida della Commissione Ue. Preferiscono Tajani. Manlio Messina,   di FdI: “Gli unici Draghi che conosco sono quelli delle serie tv. Per il resto l’ex premier è una grande personalità”. Roberto Pella, di Forza Italia, “Draghi è una grande personalità ma Antonio è Antonio”. Tutte le competizioni si mettono male quando di un candidato si dice: “Grande personalità”. Andrea Crippa, vicesegretario della Lega: “Perché dovremmo appoggiare uno che ci indica Macron?”. Lo amano come il tiratardi ama la sveglia, come il genero ama  la suocera. Non se ne può parlare male, ma nessuno vuole averla in casa.


Chi lo apprezza, chi lo stima, chi pensa che Draghi meriti la guida della Commissione Ue dovrebbe suggerirgli di farsi amare meno dai giornali o di farsi amare totalmente dai politici. A ogni articolo di elogio, un grande elettore di Draghi muore, a ogni sua relazione sulla competitività un deputato di sinistra muore dalla voglia di votarlo, ma non può perché il Pse ha lo spitznkandidat, Nicolas Schmit, che Elly Schlein chiama “Nico”. Giorgia Meloni, che davvero può decidere il futuro dell’Europa, e di Draghi, quando le hanno chiesto, ieri, dell’ex premier, ha risposto: “Sono contenta che si parli di un italiano per un ruolo del genere, ma questo dibattito è filosofia buona per i titoli dei giornali”. Lei pensa a Tajani che è perfetto, e non solo per i giornali. La più bella gara europea è italiana ed è quella tra la rotondità di Antonio (Tajani) e la sprezzatura di Mario (Draghi), tra il gilet in piuma d’oca (Tajani) e il foie gras (Draghi). Renata Polverini che sarà candidata alle europee con Forza Italia, al centro,  rivela che è stata la prima a profetizzarlo: “Antonio, farai il presidente della Repubblica. Antonio tu sei fortunato”.

 

In Transatlantico, un democristiano, amico di Mattarella, spiega che Draghi perse il Quirinale perché non ha la dote di Tajani: “Lei possiede il numero di telefono di Draghi? Bene. E quello di Tajani? Bene. Come lei pure io possiedo quello di Tajani. Perché un politico dovrebbe tifare per un presidente a cui non può chiedere neppure un cavalierato?”. I leghisti non appena sentono il suo nome vanno a casa del nonno a cercare l’alabarda arrugginita. Al Senato, Claudio Borghi sta preparando i manifesti: “Draghi? Già dato”. Senatore, ma lei vuole Draghi alla Commissione? “Già dato”. Ma a cosa dobbiamo questa antipatia, questa ostilità, contro l’ex presidente? “Come a cosa dobbiamo? Siamo scesi dal trenta per cento al sette. Ci ha prosciugati”. Non si esclude che chiedano a Draghi i danni per inappetenza. Andrea Barabotti, altro leghista, uno che Matteo Salvini farebbe bene a indicare come esempio, per stile, modi, lingua, anche lui pensa che la Lega “abbia pagato lo scotto”, ma ciò che rende lontani Draghi dalla Lega, per Barabotti, è l’idea del mondo, “lui crede che l’Europa si possa cambiare con le sue ricette economiche, noi con valori non negoziabili”.

  

Ci sarebbe la bella sinistra, almeno una parte del Pd, che le ricette di Draghi le apprezza, come apprezza il rigore, il parlar poco, e però, i socialisti saranno meno degli europarlamentari popolari, i popolari guardano ai conservatori e, in Italia, il Pd socialista è già tanto se riesce a non farsi scippare da Avs pure il colore rosso oltre a Ilaria Salis. Virginio Merola, ex sindaco di Bologna, ad esempio, dice che “mi piace, lo grido. Mi piace Draghi, la sua competenza, l’indipendenza”. E pure Vinicio Peluffo, che la relazione di Draghi l’ha letta, pensa che “siamo di fronte a una relazione da cambio d’epoca. Draghi sfida i conservatori, le destre. Parla d’ investimenti anziché chiedere le deroghe”. E Tajani? “Ha dalla sua la famiglia popolare, e in Europa la famiglia conta”.  I politici italiani non  hanno mai amato Draghi, e continuano, perché gli rimproverano di essere stato sempre indicato, e perché loro si prendono sputi, indagini, lui solo  onori. Racconta Giuseppe Castiglione, di Azione, che, un giorno,  da sottosegretario,  fece visita in Abruzzo e tutti, in paese, gli mostravano le lettere di Fanfani. Iniziavano con la stessa dicitura “lieto comunicarvi che il governo ha appena destinato i fondi…”, oggi “temo che sarebbero notizie di reato. I politici rischiano anche solo per una stretta di mano”. Ci sarebbe poi il M5s. Barbara Floridia, presidente della Vigilanza Rai, quando le viene chiesto di Draghi risponde: “Sono stata sottosegretaria del suo governo”. Una dicitura. Giuseppe Conte ha un’opinione ben precisa. Pensa che Draghi sia solo un Conte dimezzato, e non lo nasconde perché “il Pnrr in Italia l’ho portato io, ne conviene?”. Non se la prenda, caro Draghi. Per Luca Sbardella di FdI, “il solo fatto che l’Italia se la gioca, con Tajani e Draghi, è un grande risultato”. Ma Draghi? “Grande personalità”. Ahi. Meloni lo sosterrà? E Sbardella: “A Draghi riconosco la signorilità con cui è uscito. Draghi non ha tradito”. E chi avrebbe tradito? “Mario Monti. Ha chiesto la pensione agli italiani e poi si è candidato”. Finisce sempre così, con la grande personalità: salvatore dell’Italia/ quirinabile/ “ma questo, che vuole ancora?”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio