Danni autoinflitti
È proprio difficile il rapporto della destra con la cultura: quella degli altri, ma soprattutto la sua
Il caso Scurati è l'ennesima dimostrazione che i servi sciocchi fanno più danni degli avversari. E non si fermano più, da Antoniozzi a Malan fino ad Augusta Montaruli
Vabbé, ormai si è capito: il caso Scurati è l’ennesima dimostrazione che i servi sciocchi fanno più danni degli avversari. Però sottolinea, una volta di più, anche il difficile rapporto della destra con la cultura: quella degli altri, ma soprattutto la sua. Perché di Antonio Scurati si può dire davvero tutto e il suo contrario però, come ha fatto il senatore Raffaele Speranzon, vicepresidente vicario del gruppo di FdI (all’Ansa, sabato, ore 16.47), per definirlo “questo Carneade” ce ne vuole. Con i suoi Mussolini, Scurati ha venduto appena mezzo milione di copie ed è tradotto soltanto in quaranta paesi, non è che ci voglia un critico letterario per accorgersi della sua esistenza. E nemmeno per costruire frasi comprensibili. Prendete Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo alla Camera (Ansa, ore 11.23): “Oggi su Repubblica Scurati ribadisce che ci sono i fantasmi e noi dobbiamo chiamare gli esorcisti metaforicamente per chi crede ancora ai fantasmi”, tutto chiaro?
Ma intanto era arrivato l’ordine di scuderia di buttarla sul piano economico. Scurati non è stato censurato, è che voleva essere pagato, e troppo. Dunque, “è uno di quegli autori molto intelligenti che, con la destra al governo, sanno di poter fare marketing vendendo libri e incassando soldi dalle apparizioni pubbliche” (sempre l’Antoniozzi); “va bene la lotta ma è più importante la pagnotta” (il sullodato Speranzon); “gli ideali per essere davvero tali non hanno bisogno di essere pagati” (il presidente dei senatori fratelli, Lucio Malan, Ansa, ore 19.46). Insomma, il lavoro intellettuale non è un lavoro: è un hobby, un passatempo, un gioco, quindi non va remunerato. “Povera e nuda vai, Filosofia, / Dice la turba al vil guadagno intesa”, come scriveva un altro di questi scioperati del pensiero, un certo Francesco Petrarca (Antoniozzi & bros. possono googlare: su Wikipedia c’è). Siamo sempre lì, lavorare di testa non vuol dire lavorare e, nell’ingiusto caso che siano remunerate, le prestazioni vanno valutate a minuti, che non si esageri con il vil guadagno. Infatti tutti ti chiedono l’articoletto e il saggetto e la prefazioncina senza nemmeno fare il gesto di pagarla se non con buone parole, tu che hai facilità di scrittura, eh già; ma a nessuno, come diceva Arbasino (cito a memoria, quindi il sommo sacerdote dell’arbasinismo Michele Masneri corregga pure), verrebbe in mente, conoscendo un macellaio, di domandargli una bistecca gratis, tu che maneggi così bene la mannaia.
Tutto questo rivela una certa estraneità ai libri. Ma, come ammonisce la senatrice Augusta Montaruli (Ansa, ore 19.04), “in fin dei conti gli ideali non dovrebbero avere un costo”. Detto da una condannata in via definitiva per peculato, tre gradi di giudizio e tutto, lo preciso per noialtri ipergarantisti, è davvero interessante. Ma, a dir la verità, con i soldi dei contribuenti piemontesi Montaruli non comprava soltanto borse Borbonese e orologi Swatch, ma anche libri. Per esempio, “Sexploration. Giochi proibiti per coppie”. Poi dicono che questa destra non ama la cultura.