(foto Ansa)

l'intervista

L'antifascismo senza ipocrisie. Parla Lorenzo Fontana

Claudio Cerasa

Parole nette sul 25 Aprile, elogio dell’europeismo, nessuna sbandata trumpiana, solidarietà all’Ucraina. Una forma di resistenza  al populismo di destra. Chiacchierata con il presidente della Camera

Parla poco, affetta prudenza, si muove con cautela, cerca di non fare notizia, prova a dribblare le domande più provocatorie e in un anno e mezzo di presidenza della Camera la sua voce, a differenza del suo collega del Senato, di cui si conosce ogni pensiero e di cui si conoscono tutti i busti presenti nel soggiorno, quasi non si conosce. Lorenzo Fontana, presidente della Camera, leghista, in questi mesi ha scelto di adottare, a differenza del suo collega del Senato, uno stile guardingo, misurato, equilibrato e provare a farlo parlare di attualità non è semplice perché sa che ogni sua parola potrebbe essere utilizzata in modo malandrino (sta facendo l’anti La Russa?), sa che ogni sua frase potrebbe essere utilizzata in modo furbetto (sta facendo l’anti Salvini?) e sa che il modo migliore per far dimenticare il Fontana del passato che in alcuni passaggi interpretò in modo carnale il nazionalismo putiniano della Lega è occuparsi più di fatti e meno di chiacchiere. Abbiamo provato, dopo un lungo corteggiamento, a dialogare con il presidente della Camera su un tema che oggi movimenterà il dibattito pubblico, il 25 aprile, la libertà, l’antifascismo e gli inevitabili tabù che la destra più populista fatica ancora oggi a superare quando si trova di fronte questa data. E il presidente della Camera, con toni istituzionali ma netti, ha accettato di dialogare qualche minuto con noi. 

 

Presidente, dunque, eccoci qui. Ci spiega oggi come si fa a riconoscere un antifascista sincero da un antifascista di facciata? E lei fino a che punto si considera un antifascista? “L’ho detto lo scorso anno e lo ribadisco oggi. Sono pienamente antifascista e la Resistenza è un valore che fa parte della storia del nostro paese. Il mio pensiero va anche ai tanti cattolici che ne hanno fatto parte, dando un contributo fondamentale nella lotta di liberazione. L’antifascismo si vede poi dai fatti, dalle azioni che si compiono nella vita di tutti i giorni, dal rispetto del pluralismo delle idee e dai valori che si trasmettono ai propri figli”.

Lei dice che dividersi sul 25 aprile è un errore che non va commesso, e ha ragione. Ma ci spiega perché c’è qualcuno che sul 25 aprile cerca ancora di dirsi antifascista con i se e con i ma? “Se manca l’impegno per favorire una vera riconciliazione sul nostro passato, si continuerà a sabotare il futuro delle prossime generazioni. La storia del nostro paese va approfondita nella sua interezza e studiata con imparzialità e amore per la verità. L’Italia deve custodire e tramandare la memoria, allo stesso tempo bisogna anche guardare avanti. Ci sono sfide cruciali all’orizzonte, che minacciano la pace e il futuro dei nostri figli. Non possiamo mancarle. C’è ancora una guerra alle porte dell’Europa, conflitti in medio oriente e, come se non bastasse, una crisi nel Mar Rosso altrettanto grave e di cui si parla troppo poco”. 

 

E’ necessario, come fa qualcuno nella maggioranza di governo, dire di essere anche anticomunisti per poter dire di essere antifascisti? “No, non è necessario, ma se mi chiedono se sono anticomunista rispondo di sì. E prendo le distanze da ogni forma di totalitarismo”.  Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sostiene che essere antifascisti oggi significhi anche essere dalla parte di chi difende l’Ucraina dall’aggressione della Russia: è d’accordo? “Penso che il 25 aprile, con il suo messaggio di lotta per la libertà, debba vivere anche oggi e debba infondere nel presente la spinta al comune e costante impegno per la pace. In questo modo potremo dire di aver imparato la lezione dei nostri padri e di averne colto l’eredità”.  Insistiamo.  Il presidente Mattarella, due anni fa, ricordiamo a Fontana, ha detto che il 25 aprile ci ricorda cosa vuol dire essere “un popolo in armi”, disposto cioè a qualsiasi cosa per “affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista”.

 

Si sente anche lei, come il capo dello stato, di paragonare la resistenza eroica degli ucraini alla resistenza eroica dei nostri partigiani? “Fu un discorso di grande lungimiranza. Ne ho condiviso, in particolare, la conclusione: ‘Riflettere sul valore dei diritti dell’uomo, primo fra tutti quello di poter vivere in pace, è il forte messaggio che ci ha consegnato la Resistenza’. Per questo dico che i valori che animano il 25 aprile – e l’insegnamento che la Storia ci ha lasciato – oggi sono più che mai attuali”. A proposito di antifascismo contemporaneo. Che impressione le fa vedere, soprattutto nelle università, collettivi di sinistra che si dicono antifascisti e poi si schierano contro chi il fascismo lo ha subìto gravemente, come Israele, come il popolo ebraico? “Appunto, l’antifascismo si vede dai fatti. Quando queste manifestazioni si trasformano in violenza non sono più in linea con la democrazia e la libertà di manifestare il proprio pensiero, che sono princìpi cardine della nostra Costituzione frutto dell’estremo sacrificio di tanti italiani”. Come mai in Iran i giovani vanno contro gli ayatollah, mentre da noi i collettivi dei giovani vanno contro Israele? “Questo è un argomento che, in un contesto di confronto costruttivo, bisognerebbe affrontare proprio con i ragazzi. Le università sono luoghi dove poter discutere anche di questi temi. Certo è che il prerequisito deve sempre essere quello di bandire ogni genere di violenza, anche verbale, dal dibattito”.

 

Giorni fa, presidente, l’Eurobarometro  ha segnalato una rinnovata vicinanza degli elettori italiani all’Europa. Il lavoro compiuto dall’Europa negli ultimi cinque anni l’ha fatta sentire o no orgoglioso di essere europeo? “Diversi casi, soprattutto recenti, hanno mostrato l’impatto delle scelte europee sui territori. Da qui, forse, nasce anche una sempre maggiore attenzione per la politica comunitaria. Detto questo, è sicuramente positiva questa rinnovata vicinanza alle istituzioni europee e questa voglia di partecipazione, soprattutto in vista delle attuali e future sfide decisive che spettano all’Europa: il ruolo nei contesti internazionali di crisi, la politica estera, la difesa comune, la capacità di governare le rivoluzioni tecnologiche, prima fra tutte l’Intelligenza artificiale, lo Spazio”. A novembre gli Stati Uniti d’America eleggeranno un nuovo presidente. In questi mesi, il governo Meloni ha mostrato in più occasioni di avere una forte sintonia con l’attuale Amministrazione americana sui temi della politica estera, della ricalibratura delle politiche ambientali, dell’attenzione al Mediterraneo. Anche il presidente della Camera considera il rapporto tra questo governo e l’Amministrazione americana come una sorpresa positiva? “Tra governo italiano e Amministrazione statunitense c’è da sempre una forte sintonia che riflette perfettamente i rapporti solidi e imprescindibili tra i due paesi, indipendentemente dalle scelte elettorali del popolo americano. L’eredità dei tanti italiani che hanno costruito gli Stati Uniti di oggi traspare nelle ottime relazioni istituzionali, politiche ed economiche e nella storica amicizia che ci lega. L’Italia è e resta un fedele alleato degli Usa, con i piedi ben saldi nel Patto atlantico e nella consapevolezza del proprio ruolo centrale nel Mediterraneo, concetto che ho sottolineato anche in occasione della recente Conferenza dei presidenti dei parlamenti dell’Unione europea”.  

 

Ci dice un film che consiglierebbe a chi fa fatica oggi a considerarsi antifascista? “Certo: ‘Il delitto Matteotti’, di Florestano Vancini. Quest’anno ricorre il centenario dell’omicidio”. Ci dice un film che consiglierebbe a chi oggi fatica a definirsi un europeista? “Consiglio un libro, piuttosto: ‘Europa’. Di Joseph Ratzinger”. Parole nette sull’antifascismo, elogio dell’europeismo, nessuna sbandata trumpiana, amore per la resistenza ucraina, denuncia dei fascismi del presente. La prudenza c’è, ma i messaggi in codice pure. E per un populista ascoltare il presidente Fontana potrebbe essere uno spettacolo poco gratificante. Buon 25 aprile a tutti. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.