Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro - foto Ansa

Cinque euro per i "giornalieri"

Venezia e il ticket d'ingresso: il sindaco Brugnaro risponde a chi contesta la scelta

Marianna Rizzini

"L'idea è quella della prenotabilità della città. Il mondo si è arricchito, anche se non uniformemente, e sempre più persone vogliono girare, scoprire. E a Venezia tutti trovano un pezzettino della loro storia" dice il primo cittadino al Foglio

“Un esperimento per garantire una migliore qualità della vita in una città fragile”: così il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro spiega al Foglio la ratio del cosiddetto “ticket”, il contributo di ingresso alla città lagunare che dovrebbe rendere meno ingolfate le giornate di picco turistico. Un modo per capire quante persone arriveranno, e, dice il sindaco, prepararsi a gestire la situazione. Al suo debutto due giorni fa, con Venezia prima città ad attivare un modello simile, la misura ha visto però la contestazione di attivisti e comitati. Com’è nata l’idea e che cosa rispondere a chi protesta? “L’idea”, dice Brugnaro, “è quella della prenotabilità di una città. Quando ero bambino già si parlava di ‘over-turismo’ che uccide Venezia: ho un filmato di un telegiornale del 1964 che sembra girato oggi. Da sindaco ho cercato di ascoltare il territorio, ma non mi è mai arrivata una proposta concreta. Il leitmotiv era: la città si spopola perché non si può vivere qui. Ma se si guarda il saldo migratorio degli ultimi anni, si vedrà che è più o meno stabile. Ma ogni anno muoiono quattro-cinquecento persone. Il vero tema è quello della denatalità e non riguarda solo Venezia, come non riguarda solo Venezia l’innalzamento dei mari. Ma a Venezia, città sensibile per struttura e architettura, queste tendenze si ‘percepiscono’ prima che in altri luoghi”.

 

 

Il grande afflusso, dice il sindaco, “si lega poi a profondi mutamenti nella mobilità. Il mondo si è arricchito, anche se non uniformemente, e sempre più persone vogliono girare, scoprire. E a Venezia tutti trovano un pezzettino della loro storia”. Di fronte agli arrivi sempre più numerosi, però, “si sentiva il bisogno di capire qualcosa in più”, dice il sindaco: “Solo che mancavano gli strumenti per poter conteggiare l’affluenza. I dati erano parziali. Allora abbiamo messo in piedi una smart control room, luogo-chiave dove affluiscono i dati di telecamere e celle telefoniche, oltre alle informazioni della polizia locale su pulizia e decoro. Il tutto per riuscire a misurare quante persone di volta in volta abbiamo nel centro storico, nelle varie aree congestionate, e l’effetto conseguente”. A quel punto, dice Brugnaro, “abbiamo pensato a un contributo di ingresso, e il Parlamento ci è venuto incontro con una legge. L’abbiamo chiesta noi, per avere la possibilità di arginare le presenze ove necessario”.
 

Chi vi contesta dice che volete chiudere la città. “Non è così, non sarebbe la strada giusta. La strada giusta è quella di parlare con le persone, spiegare gli obiettivi e rendere Venezia davvero agibile per residenti, studenti e turisti. Tutti devono ricevere massimo rispetto e tutti rispettare la città: abbiamo il dovere morale di consegnarla alle prossime generazioni”. Da qui l’idea: “Ho immaginato di fare come si fa per i musei e i siti più visitati: creare un sistema di prenotazione per chi viene in giornata. Perché mentre su chi soggiorna negli alberghi avevamo dati certi, sul flusso giornaliero non potevano prevedere e quindi non riuscivamo a organizzare al meglio i vari servizi, a partire dalla raccolta dell’immondizia, macchina complessa”. Le telecamere intercettano il flusso in diverse direzioni, con altissima approssimazione. L’obiettivo “è sgravare il centro e diluire presenze anche in altri giorni dell’anno”, dice Brugnaro: “Non abbiamo ancora una serie storica numerica, stiamo iniziando la sperimentazione per poter poi, negli anni successivi, capire con precisione quali sono le giornate più gettonate”. Altro problema, la microcriminalità. La soluzione per il sindaco “non risiede in misure coercitive come il carcere. Bisognerebbe riuscire a fare processi immediati e comminare magari la sanzione di una sola notte di cella. La via è depenalizzare e recuperare, penso anche alle baby gang; e far comprendere che non si può violare la legge e restare impuniti. Altro tema che riguarda il Parlamento, noi facciamo il possibile”.
 

Venezia precorre i tempi anche per le polemiche? “Quando si fa qualcosa”, dice Brugnaro, “si corre il rischio di essere criticati. Ci sta, è il costo della democrazia, anche quando le critiche sono immotivate. E io spero di convincere sul contributo d’ingresso anche i contrari, come è stato per il Mose: abbiamo avuto manifestazioni agguerrite, ma poi ha funzionato e ora non parla più nessuno. La classe dirigente deve assumersi la responsabilità di agire. Sono pronto anche a dire: abbiamo sbagliato. L’importante è fare le cose”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.