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l'attrazione degli opposti

“Sono contento che Tarquinio condivida le mie idee su Russia e Israele”. Parla Vannacci

Francesco Gottardi

"Ben venga. A prescindere dal colore politico. Non precludo alcuna collaborazione Mi continuano a chiamare razzista, xenofobo, putinista. Però può andare anche peggio, no? Mi avrebbero potuto sparare”, dice il generale candidato con la Lega

“Ben venga chi condivide le mie idee. A prescindere dal colore politico”, dice Roberto Vannacci. Vediamo: pure se sulla stessa barca sedesse Marco Tarquinio, tra i volti forti voluti da Elly Schlein per l’Europa alle prossime elezioni? “Non conosco il signore candidato del Pd”, sorride il generale al Foglio. “Non conosco le sue posizioni”. Allora gliele diciamo noi: bioetica conservatrice, no all’invio di armi in Ucraina, “la pulizia etnica” che starebbe commettendo Israele. Per ora tutto giusto, conferma? “Mettiamola così: io mi batto per i pensieri che rappresento, ho scritto e divulgato. Se c’è un’altra persona allineata al perseguimento di questi obiettivi va benissimo. Non precludo alcuna collaborazione”.


E’ l’attrazione degli opposti. Il rosso insieme al nero, paradosso stendhaliano nella politica che si va formando. “Non conosco la politica in genere perché ho fatto altro nella mia vita”, rivendica il capolista della Lega nelle circoscrizioni Centro e Sud Italia. Amen. Tarquinio pure ha fatto altro, in effetti, da storico direttore dell’Avvenire. Per anni si è battuto contro la maternità surrogata, Vannacci è un antiabortista convinto. Da tempo esalta l’ignavia del Papa sull’invasione russa, Vannacci – va da sé – è dichiaratamente contro la Nato. L’uno giornalista, l’altro militare. Ma è proprio questo cortocircuito ideologico, in barba al proprio percorso o passato, a permettere l’inopinabile sponda fra certa destra e certa sinistra. “Non so dare una risposta precisa e consapevole all’analogia col signor Tarquinio”.

Pare Socrate, Vannacci. Eppure gli danno del retrogrado, del postfascista, sfogliando “Il mondo al contrario” che porta la sua firma. Tarquinio invece è considerato da a sinistra un uomo da frequentare. O nel peggiore dei casi “il Superfluo”, come l’ha incalzato in questi giorni il Giornale scimmiottando l’omonimia con l’ultimo re di Roma. Ma non darà fastidio questa disparità di trattamento, al generale? “Nessuno quando si sente dare del retrogrado è contento”, ammette. “E mi continuano a chiamare razzista, xenofobo, putinista. Però può andare anche peggio, no? Mi avrebbero potuto sparare. Queste invece sono parole e le prendo come tali”. Dall’altra parte la protezione di Schlein vale come una panacea. “A me al contrario serve una corazza. Ma a questo proposito sono fortunato: ce l’avevo già da prima. Ho fatto trentasette anni in caserma, tutto sommato non se ne esce fuori se non si è ben protetti”. A chi la Folgore, a chi il ramoscello d’ulivo.