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s'è rotto l'incantesimo

Ecco come Bari s'è trasformata in appena quattro mesi in Gomorra

Gabriele De Campis

Le martellate al racconto cosmetico sul capoluogo e sulla Puglia si susseguono una dopo l'altra, tra inchieste e polemiche. E per non farsi mancare niente, ecco che il rettore dell'università barese vuole alzarsi lo stipendio del 128 per cento. Mentre la squadra di calcio rischia la retrocessione in C

Da cartolina Lonely Planet a città d’elezione per una inedita Tangentopoli alle cime di rape, tra voti comprati per una bombola del gas e decadimento della società civile e delle istituzioni. In pochi mesi Bari e la Puglia corrono il rischio di perdere il fascino acchiappa turisti (e produttori cinematografici di tutto il mondo) costruito in quattro lustri di “narrazioni” immaginifiche che hanno saldato la retorica territoriale con la difesa corporativa di una terra – una volta definita “l’Emilia nera” perché fortino dei missini – di colpo diventata il laboratorio della “primavera pugliese”, la stagione dei buoni sentimenti, della buona amministrazione, e dei comunisti buoni, con la sorprendente vittoria di Nichi Vendola alle regionali del 2005, poi seguita dalla stagione extralarge dell’emiro Michele Emiliano, in grado di unire falce e martello con le ultime raffiche della destra radicale e con peones berlusconiani in cerca di posti al sole.

Ecco, il poeta di Terlizzi appassionato di Pasolini e di Scotellaro, è stato il primo “favoliere delle Puglie”, importando nella sinistra, una volta solo internazionalista, l’epica della canzone popolare “Un megghie paise”, una sorta di “über alles” alla barese, unita a foto vacanziere di tanti vip progressisti sulle spiagge del Tacco d’Italia, all’exploit degli scrittori-magistrati, cantori del noir (ovviamente alla barese), da Gianrico Carofiglio a Francesco Caringella, allo Strega per Nicola Lagioa, al noir securitario dalle forme morbide della vice commissaria Lolita Lobosco, emersa dalle pagine di Gabriella Genisi per incarnarsi nella bellezza di Luisa Ranieri… 

Le martellate al racconto cosmetico su Bari e la Puglia si susseguono con una cadenza simile alle ondate della pandemia. Da fine febbraio, quando arrivata la prima scossa con l’inchiesta antimafia, non c’è più una “controra” senza turbamenti: la Dda ha messo fuori gioco una consigliera comunale della maggioranza di Decaro e suo marito, già competitor contro il presidente Anci nelle primarie del 2015 (salvo poi passare fugacemente a destra nel 2019, per poi ritornare a sinistra). Poche settimane dopo i fari della procura sul voto di scambio: arrestato Sandro Cataldo, il leader di Sud al centro, tentacolare formazione civica vicina allo sceicco. Guai anche per la moglie, Anita Maurodinoia, assessore regionale, dem, prodigiosa “Lady preferenze”. Anita si dimessa dalla giunta Emiliano, ma ci sono voluti oltre dieci giorni per estrometterla dal gruppo dem regionale, e resta prima dei non eletti Pd alla Camera. Il suo uomo al comune di Bari Alessandro D’Adamo? Costretto a lasciare l’assessorato al Bilancio della giunta Decaro da una inchiesta della procura europea. Poi l’arresto dei fratelli Alfonso ed Enzo Pisicchio, vere istituzioni postdemocristiane travestite da civismo colto, nell’ambito di una indagine su concorso in corruzione e turbativa d’asta.  Tra una retata e l’altra c’è stata anche l’adunata legalitaria pro Decaro in piazza a Barivecchia, resa una caricatura dal racconto di Emiliano sulla visita alla moglie del boss con il presidente Anci (che però ha smentito, dando vita ad una fiction con ben sette o otto versioni della vicenda).

In una terra dove il gattopardismo è evoluto in levantinismo, dove la lettura del saggio “L’umiltà del male” di Franco Cassano è stata abolita per aderire ad una ideologia presentista tutto hashtag e video emozionali alla Ferragnez, si è così rotto un incantesimo. Ora Elly Schlein chiede allo sceicco di azzerare la giunta regionale. Giuseppe Conte ha ritirato i suoi assessori rifugiandosi nella formula levantina dell’appoggio esterno. Big Mike ha dribblato tutti e ha fatto un piccolo aggiustamento con tre nuove “nominicchie”, mentre litiga un giorno sì e l’altro pure con la Commissione antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, per fissare la data della sua audizione a San Macuto. La città non si fa mancare altri scandali: il rettore Stefano Bronzini, oltre a festeggiare l’elezione con il pugno chiuso e abbandonare la Fondazione Med-Or, su impulso pacifista, adesso ha proposto e avviato l’iter per aumentarsi lo stipendio del 128 per cento…

Martedì in Consiglio regionale si discuterà la mozione di sfiducia (che non avrà i numeri) contro il governatore, mentre il Bari calcio scivola mestamente verso la terza serie (con il capitano Di Cesare che prende le pasticche per dormire). Da “Megghie Paise” a un eterno “Cado dalle nubi” è un attimo.

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