l'editoriale del direttore
Il mondo al contrario dei nazionalisti allo specchio di Amazon
Un tempo era il simbolo di tutto ciò che una destra moderna deve combattere. Oggi Salvini consiglia il suo libro proprio su Amazon e candida un generale che senza Amazon non sarebbe mai salito alla ribalta. Contorsioni di un populismo che fa i conti con la realtà
Avete presente Vannacci? Ecco. C’è stato un tempo, lo ricorderete, in cui i principali leader della destra sovranista, nazionalista e populista avevano una parolina magica con cui spiegare ai propri elettori l’essenza del proprio messaggio politico, l’essenza del proprio essere dei leader disposti a fare qualsiasi cosa per proteggere i piccoli elettori dai grandi potentati mondiali: Amazon. C’è stato un tempo, lo ricorderete, in cui i nazionalisti italiani plaudevano, con eccitazione, di fronte agli sganassoni che uno dei campioni del populismo mondiale, Donald Trump, rifilava ad Amazon ai tempi poco gloriosi della Casa Bianca. C’è stato un tempo, lo ricorderete, in cui Matteo Salvini e Giorgia Meloni sostenevano che Amazon era il simbolo di tutto ciò che una destra moderna deve combattere. L’internazionalismo sfrenato, la globalizzazione imperante, il potere delle multinazionali, la penalizzazione dei commercianti, l’esondazione del capitalismo. C’è stato un tempo, ricorderete, in cui la destra nazionalista suggeriva, nientemeno, di boicottare Amazon.
Lo fece Giorgia Meloni nel 2018, quando invitò gli elettori a boicottare Amazon, con queste parole: “Il mio modello è la partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa e costruire anzi nell’Italia di oggi una società nella quale si sa che il datore di lavoro e il lavoratore sono persone esposte alle stesse intemperie della globalizzazione e del mercato, che quindi devono darsi una mano. Il mio modello è totalmente opposto, è un modello centrato sulla persona, non un modello centrato sui soldi, non un modello centrato sulla grande speculazione finanziaria. Io dico agli italiani ‘non comprate su Amazon’”.
Lo fece Matteo Salvini nel 2020, quando cavalcò la ribellione dei commercianti contro Amazon arrivando a postare su Facebook uno pseudo-sondaggio in cui chiedeva ai suoi follower se fosse giusto boicottare Amazon, andando a comprare i regali nei negozi invece che sulla piattaforma web.
E lo fece ancora Salvini, delizioso, tenerissimo, quando la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, lanciò, a ridosso del Natale 2020, un appello con questo hashtag: #NoelSansAmazon. Traduzione: a Natale, boicotta Amazon.
Amazon, per molto tempo, ha rappresentato tutto ciò che i sovranisti odiavano e ha rappresentato il terreno su cui i populisti scaricavano il proprio disprezzo nei confronti del mercato, del profitto, della concorrenza, del globalismo, della competizione sfrenata. La galassia salvinian-meloniana per molto tempo ha fatto dei big tech non i simboli di un capitalismo da sogno, che grazie alla concorrenza riesce a creare maggiore ricchezza, ma i simboli più genuini dei nuovi nemici del popolo, che grazie alla concorrenza non possono che aggravare la nostra povertà, e la notizia interessante degli ultimi mesi è che tra le mille marce indietro fatte dagli azionisti di maggioranza del governo ce n’è anche una che riguarda proprio Amazon. Si potrebbe fare un ragionamento sofisticato spiegando che, a livello generale, la destra nazionalista ha capito che la globalizzazione la si può combattere a parole, ma non con i fatti, e che Amazon non è un nemico del popolo, e dei commercianti, ma è un moltiplicatore delle loro possibilità e delle loro potenzialità. Si potrebbe, maliziosamente, far notare che nella giornata del Made in Italy, celebrata dal ministro Adolfo Urso lo scorso 15 aprile, il governo ha riservato un posto d’onore anche ad Amazon, dimostrando che persino le multinazionali possono aiutare a promuovere le eccellenze italiane (Amazon è stata coinvolta anche dal sottosegretario Butti, con delega all’Innovazione, per studiare e limare alcuni dettagli relativi al disegno di legge sull’intelligenza artificiale, approvato pochi giorni fa in Consiglio dei ministri).
Ma in verità lo spunto malizioso da cui parte questo articolo è diverso e coincide con tre fatti interessanti che riguardano il rapporto meraviglioso che esiste oggi tra i due leader della destra italiana, Meloni e Salvini. Indovinate dove ha consigliato di pre ordinare Matteo Salvini il suo nuovo libro, uscito a metà aprile? Guardate il suo canale su WhatsApp, risalite al 13 aprile e troverete questo messaggio: “I miei anni di Lega, vita e passione politica, con amici, alleati, processi e avversari. Un’idea chiara di futuro, in nome delle libertà. Puoi pre-ordinare il mio nuovo libro ora, cliccando sul seguente link!”. E indovinate dove porta il link? Su Amazon, of course. E indovinate, sul suo sito personale, Giorgia Meloni dove consiglia di comprare il suo libro? Ma che domande: anche su Amazon, of course. Ma tutto questo è ovviamente poco e persino ridicolo se si pensa alla storia di colui che Matteo Salvini considera oggi il simbolo della lotta contro il politicamente corretto, contro il mainstream, contro il capitalismo imperante, contro l’europeismo sfrenato, contro il pensiero unico della sinistra e ovviamente contro la globalizzazione. E chissà cosa penserebbe il Salvini del 2020 se gli dicessero che il Salvini del 2024 avrebbe puntato alle europee su un generale che è riuscito a farsi conoscere grazie allo spazio di libertà e di opportunità che gli ha offerto non un editore ma una piattaforma crudele, spietata, illiberale, globalista di nome Amazon, dove Vannacci ha pubblicato, senza spendere un euro, il suo primo libro di successo diventato per il leader leghista un simbolo di ciò che significa difendere la libertà. La libertà che difende Vannacci, che in questo è perfettamente salviniano, è in verità non la libertà generica ma la libertà di essere estremisti, ma siamo così ottimisti e irresponsabili da dire che persino nella candidatura di Vannacci esiste un elemento di interesse per il mondo salviniano. Un tempo Amazon era il simbolo dei grandi capitali che “trattano i lavoratori come se fossero delle bestie”, il simbolo di chi “fa concorrenza sleale contro i piccoli commercianti”, il simbolo delle “imprese predatrici di lavoro, di commercio, di terre”, il simbolo di tutte quelle aziende che vale la pena boicottare per “difendere gli artigiani italiani”. Oggi Salvini consiglia il suo libro su Amazon, suggerisce ai suoi ministri di dialogare con Amazon, non apre bocca se il governo collabora con Amazon e candida alle europee un generale che senza Amazon non avrebbe mai scoperto il brivido della ribalta. Il populismo di Vannacci è fuori discussione, e anche deprimente. Ma le contorsioni del populismo di fronte a uno specchio chiamato Amazon mettono di buon umore e meritano una riflessione ulteriore su quanto il vero mondo al contrario sia quello che i leader nazionalisti raccontano ai propri elettori prima di fare i conti con la realtà.