Gli effetti dell'inchiesta
L'arresto di Toti apre il Sudoku politico in Liguria. Il Pd schiera Andrea Orlando
Nella maggioranza nessuno chiede le dimissioni del governatore, ma tutti sono convinti che alla fine lui farà un passo indietro. Si pensa già al futuro, i nomi ci sono, e si teme per l'effetto dell'inchiesta sul modello Genova
Lo difendono, ma lo danno per perso. Cominciano a litigare, e forse perderanno anche la regione. Sarà la magistratura a decidere se davvero il presidente della regione Liguria Giovanni Toti ha “svenduto la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti allo scopo di ottenere l’elezione”, come scrive nell’ordinanza di custodia cautelare il gip di Genova, ma intanto già si ragiona sugli effetti dell’inchiesta della Dda ligure sul futuro politico della regione. “Vedrete, Toti si dimetterà, così è uno stillicidio”, ripetono in tanti, anche dentro alla maggioranza. Si pensa già al futuro.
L’avvocato del governatore ora ai domiciliari, Stefano Savi, ieri spiegava: “Per ora non si parla di dimissioni. Il presidente si sospende dalla funzione, poi vedremo cosa succederà”. Le veci di Toti, per adesso, le svolgerà il vicepresidente della regione, il leghista Alessandro Piana. Ma in pochi credono che si possa andare avanti così fino all’ottobre del 2025, la naturale scadenza del mandato. Il Pd chiede “elezioni subito”, il M5s, in un moto di populismo giudiziario galoppante, parla già di “nuova Tangentopoli”. Dalla maggioranza invece si predica garantismo. Lo fa il vicepremier Matteo Salvini: “Anch’io per gli sbarchi rischio la galera” e lo fa il ministro della Giustizia Carlo Nordio parlando di “perplessità tecniche ”. Ma mentre Giorgia Meloni è in missione in Libia e si prepara a incontrare oggi a Roma il segretario della Nato Jens Stoltenberg, il più politico dei suoi ministri, Francesco Lollobrigida, parla invece di “accuse pesanti”. Una dichiarazione rafforzata dalle parole del deputato ligure di FdI Matteo Rosso: “Non si possono escludere le dimissioni”. Nel pomeriggio con una nota probabilmente imposta da Via della Scrofa la posizione viene leggermente ritrattata: “Massima solidarietà al presidente Toti che ha amministrato con grande capacità la regione e saprà agire per il suo bene”. Proprio in quel “saper agire per il bene della Liguria”, s’intuisce la linea del partito sulla vicenda.
Nessuno glielo imporrà, gli istinti giustizialisti non estranei a FdI saranno silenziati, ma Toti alla fine dovrà lasciare. Anche perché la preoccupazione, in parte trasversale ai partiti, riguarda i grandi cantieri che interessano la regione. Dalla diga di Genova, allo scolmatore del Bisagno, fino al tunnel sotto il porto del capoluogo ligure. Tutte opere che tra l’inchiesta e una regione a mezzo servizio rischiano di impantanarsi. Non solo. Con Toti e l’altro indagato di rilievo, l’ex presidente dell’autorità portuale del mar ligure occidentale, Paolo Emilio Signorini, rischia di essere travolto anche quel modello Genova, nato con la ricostruzione del ponte Morandi, che negli anni ha permesso di far ripartire gli investimenti. Un rischio che nessuno può permettersi, perché, come diceva ieri il sindaco di Genova Marco Bucci: “Ci sono sette miliardi da mettere a terra”.
Il Sudoku sul futuro della Liguria dunque è inevitabilmente partito. Non è un segreto che per il dopo Toti il nome forte a destra lo abbia in tasca la Lega. E’ quello del viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi, nel suo ruolo già segue da vicino i principali cantieri della regione. Le cose però sono complicate. Perché se è vero che il viceministro ha un rapporto sempre più logoro con Salvini, lo è altrettanto che il segretario della Lega al ministero non può fare a meno di Rixi. L’unico che potrebbe sostituirlo è Alessandro Morelli, fedelissimo di Salvini, ma già impegnato come sottosegretario al Dipe. Inoltre, FdI non è disposta a lasciare la Liguria alla Lega. Ma i nomi del partito di Meloni sono deboli. C’è il sopracitato Matteo Rosso e c’è Gianni Berrino, il deputato divenuto noto nelle scorse settimane per alcuni emendamenti, poi ritirati, che prevedevano fino a sei anni di carcere per i giornalisti. Non il massimo insomma. Anche perché, Toti ne è la dimostrazione, da quelle parti si vince al centro. Per questo circola già il nome di Carlo Bagnasco, forzista sindaco di Rapallo e amico personale di Pier Silvio Berlusconi (residente ormai del golfo del Tigullio, nella sua villa di Portofino). L’altra opzione centrista porta dritti dritti all’ex ministro e oggi sindaco di Imperia Claudio Scajola, da tempo entrato in rotta con Toti. Ma non c’è dubbio che l’indagine possa favorire il centrosinistra. Fare il governatore della Liguria è il sogno nel cassetto dell’ex ministro dai natali spezzini Andrea Orlando. Avrebbe il supporto del M5s e forse di Calenda. Ma non quello dei renziani che qui sono rappresentati dall’ex presidente della regione Raffaella Paita. E così sempre a sinistra spuntano altri nomi. Più capaci di addensare consensi al centro. Due su tutti. Lorenzo Basso, senatore genovese vicinissimo a Enrico Letta e l’ex segretaria generale della Cisl, oggi parlamentare Pd, Annamaria Furlan.