l'audizione
Lo show di Emiliano in commissione antimafia
Alla versione numero 197 dell’incontro con la sorella del capo clan, il presidente della Puglia ha riferito che se Decaro non ricorda di essere stato presente, probabilmente ha ragione lui. Tutte le perle di cinque ore di audizione
“Io ero il capo della direzione distrettuale antimafia, e ammetto con qualche contraddizione teorica mi ritrovai per volere del popolo a fare il sindaco. Feci fatica a cambiare ruolo”. L’audizione in commissione antimafia di Michele Emiliano è servita, qualora ce ne fosse ancora bisogno, a spiegare bene perchè un pm non dovrebbe mai fare politica. Non solo per non lasciare il sospetto di condizionare un potere con l’altro, (la politica con il giustizialismo, e le procure con l’amichettismo), ma proprio perchè quell’atteggiamento da “sbirro” (termine usato dal governatore pm) te lo porti dentro. Lo aveva detto anche Decaro, in una delle loro mille versioni diverse della visita casa della sorella del capo clan “Emiliano li aveva avvicinati col suo modo di fare da magistrato antimafia”. Come se i magistrati andassero in giro a minacciare le persone.
Emiliano, alla versione numero 197 dell’incontro, ha riferito che se Decaro non ricorda di essere stato presente, probabilmente ha ragione lui. Chissà che ne pensa il suo lato da magistrato di un teste che in tribunale dice “non ricordo”. Per fortuna la commissione non è un tribunale, e per Emiliano si trasforma in cinque ore di show. “Un diluvio di parole senza nessuna risposta” dirà Raffaella Paita. Alla fine il governatore chiede persino scusa alla sorella di Capriati “per aver detto che sono stato a casa sua, perché l’ho messa in imbarazzo”. Emiliano, non il boss.
L’onorevole Pittalis gli chiede se ha ricevuto sanzionamenti dal Csm, e qui il governatore è molto imbarazzato. Alla fine, costretto a rispondere, ricorda a tutti che effettivamente fu sanzionato dal Csm perchè non poteva essere iscritto a un partito da magistrato in aspettativa. “Cosa di cui era molto addolorato anche Davigo” commenta Emiliano, pensando di aggiungere robustezza alla sua “innocenza”.
Però poi durante l’audizione più volte si rivolge agli esponenti del centro sinistra chiamandoli “compagni di partito” tant’è che persino l’ex guardasigilli Andrea Orlando ci casca “lei milita nel mio partito”, ed Emiliano per evitare un’altro disastro come sul palco di Bari lo corregge immediatamente “milito virtualmente”. Così virtuale che sempre in audizione dice “io sto avendo difficoltà a controllare tutti i candidati delle liste per le amministrative a Bari”. Ma a che titolo lui controlla le liste di Bari? Come governatore, come pm, come dirigente del pd, come padrino di Decaro? Del resto è noto che anche le liste del Pd per il parlamento le ha fatte lui, inserendo nel listino bloccato i fedelissimi per direttissima, come il suo capo di gabinetto Claudio Stefanazzi (che al Pd neanche era iscritto), condannato in primo grado per finanziamento illecito proprio per una campagna elettorale di Emiliano. A lui però Schlein non ha chiesto le dimissioni, come fa con Toti. Del resto anche Anita Maurodinoia, prima dei non eletti (ma solo perchè il Pd in Puglia ha preso un capitombolo), vogliamo sperare non l’avesse scelta Enrico Letta. Sui messaggi inviati a Pisicchio il giorno dell’arresto dice che risponderà solo al procuratore (che non si capisce come mai non lo abbia ancora convocato per questa fuga di notizie). “Se avessi saputo dell’arresto non gli avrei chiesto le dimissioni proprio quel giorno” che tradotto vuol dire: “mica sono fesso”. Gli interroganti lo mettono sotto torchio, ma lui, pensando fare captatio sui parlamentari come fa con gli esponenti locali del centrodestra, riesce a dire “aiutatemi a far sapere all’Italia intera che non ci sono indagini sulla regione Puglia”. Così quando Mauro D’attis gli fa l’elenco dei fedelissimi da lui messi ai vertici degli uffici regionali e poi attenzionati dalla magistratura, Emiliano ha la risposta pronta: “Anche una moglie o un marito può comportarsi male a tua insaputa”. Il governatore pm come una moglie cornificata, eppure come ha raccontato oggi “il mio anelito alla politica è nato dall’impossibilità di intervenire da magistrato prima che i fatti avvenissero”. Anche da politico, diremmo a questo punto. E non è detto sia un male.