Una Politica imprenditrice
Il capo di Confapi ci spiega perché al partito del pil il premierato piace
Per Cristian Camisa la stabilità è un valore aggiunto nel dialogo tra governo e associazioni di settore e la riforma costituzionale allo studio del governo Meloni può dare risultati in questo senso. Intervista
“Se penso ai governi degli ultimi 70 anni mi vengono in mente instabilità, eterogeneità, estrema volatilità delle maggioranze con il fenomeno dei parlamentare transfughi tra partiti e da tutto ciò deriva, come questione centrale e per noi fondamentale, la difficoltà a concepire indirizzi di medio e lungo termine”. Cristian Camisa, presidente di Confapi, parte dall’analisi che è comune a molti imprenditori e che ha caratterizzato nel tempo i tentativi di modificare l’assetto istituzionale e l’organizzazione della politica in Italia. “Non vogliamo entrare nei meccanismi tecnico-politici, che non toccano a noi”, dice al Foglio, “ma chiediamo un sistema di governo che permetta di programmare su un orizzonte di 5 anni, e di mettere in questa condizione tutto il paese, dall’imprenditoria alla società civile, dalle rappresentanze alle famiglie. Fino a oggi questo ci è mancato, perché abbiamo avuto governi dalla durata media di 14 mesi. Invece, un governo che non solo duri 5 anni, ma nel quale il presidente del Consiglio sappia di poter contare su quella durata e su una ragionevole stabilità politica, significherebbe per noi finalmente la possibilità di poter vedere quella politica industriale che in Italia manca da troppi anni, consentirebbe di avere interlocuzioni continue su progetti che cominciano e non finiscono dopo mesi. Per un imprenditore sarebbe qualcosa di abituale, di familiare, perché significherebbe trasporre nel modo di funzionare della politica e dell’amministrazione ciò che normalmente facciamo nelle nostre aziende. Se posso provare uno slogan direi che vorremmo una politica imprenditrice”.
Tentativi, però, ce ne sono stati in passato, anche con un consistente impegno da parte delle associazioni d’impresa, ma l’ambita stabilità non è arrivata, almeno nelle forme auspicate da molti, con i progetti di ingegneria istituzionale mai realizzati davvero. Perché questa volta dovrebbe essere quella giusta?
“Perché l’elezione diretta del presidente del Consiglio porta l’impossibilità di creare, via via, maggioranze parlamentari alternative, che poi è ciò che è accaduto sempre negli ultimi anni, in ogni legislatura. E questo per noi è un valore aggiunto della riforma in discussione, sempre tenendo la stabilità come fattore fondamentale. Poi è chiaro che qualsiasi progetti definito sulla carta andrà verificato, come dire, sul campo, cioè nella concreta gestione dell’attività di governo e nei rapporti tra governo e parlamento. Ma sono convinto che questa volta si sia impostato il lavoro di riscrittura istituzionale in un modo efficace e che consente un proficuo dialogo con le associazioni. Con la stabilità avremmo anche una specie di riforma implicita, dando prospettiva e quindi maggiore senso e operatività all’interlocuzione tra governo e associazioni e questa è la migliore strada per favorire la crescita del paese”.
A proposito di dialogo, come sta avvenendo ora quello tra voi rappresentanti del mondo delle imprese e i promotori politici della riforma istituzionale?
“In questa fase, lo dico in termini generale, noto una consapevolezza specifica dell’importanza di ascoltare il nostro mondo, cioè quello della piccola e media industria. Per troppi anni se ne è parlato come spina dorsale del paese, lasciando però le politiche concrete orientate sempre verso la grande industria. Forse qualcosa è cambiato anche perché ora si è verificato come la flessibilità del nostro mondo imprenditoriale sia servita al sistema paese per crescere. E credo che questa esperienza positiva abbia portato la politica ad un ascolto più attento delle nostre esigenze. Ma, ripeto, serve stabilità. Gli interlocutori devono essere gli stessi nel tempo. Pensate solo al gap energetico, con un costo medio del 20 per cento in più rispetto ai nostri vicini concorrenti, o alla penuria infrastrutturale, che comporta perdita di punti di pil. Tutto questo può essere affrontato solo in un quadro di dialogo nel sistema paese, ma con la premessa della stabilità”.
Quando la partita per le riforme istituzionali entrerà nel vivo, con i passaggi parlamentari e con la possibile sfida referendaria, voi sarete in campo?
“Auspico che non ci siano vincoli per impedire la riforma e che però nello stesso tempo vengano anche ascoltate le preoccupazioni che vengono da alcune parti, e su questo dobbiamo tutti avere come riferimento le parole recentissime del presidente Sergio Mattarella. Ma con l’impegno di tutti si potrà arrivare all’obiettivo. Noi continueremo a chiedere, anche stando di lato nelle battaglie politiche, che la riforma punti alla stabilizzazione dei governi”.