Il caso

Mattarella stoppa il dl di Lollobrigida: "Mancano i requisiti d'urgenza". Il ministro: "No, ci sono"

Simone Canettieri

Il presidente della Repubblica smonta la legge sull'Agricoltura. Veleni e sospetti a Palazzo Chigi sull'attivismo del Quirinale

In pubblico fa l’elogio del “supporto” e dei “preziosi consigli” che sempre arrivano dal Quirinale. In privato il ministro Francesco Lollobrigida, braccio ambidestro di Giorgia Meloni, è abbastanza amareggiato per lo stop del Quirinale al suo decreto Agricoltura, approvato lunedì in Consiglio dei ministri e ora avvolto dai dubbi dell’ufficio legislativo del presidente Sergio Mattarella.

Le norme d’altronde erano state sbandierate in conferenza stampa dal big di Fratelli d’Italia e rivendicate sui social dalla premier. Tuttavia ieri mattina il Foglio ha rivelato le incongruenze scovate dal Quirinale sul decreto e la tensione fra governo e Colle – che covava da 24 ore in silenzio – è venuta a galla. Portandosi dietro sospetti e cattivi pensieri da parte di Palazzo Chigi, impegnato a difendere a spada tratta la riforma costituzionale del premierato in un perenne e complicato equilibrio istituzionale. 

D’altronde tra Quirinale e il ministero della Sovranità alimentare c’era già stato un precedente abbastanza spiacevole: il balletto sul decreto che proibiva la carne sintetica, finito in una complessa triangolazione con l’Ue. 

Questa volta però la sorpresa dalle parti di Meloni e Lollobrigida è stata maggiore. Perché tra i rilievi del Quirinale al dl Agricoltura c’è soprattutto la mancanza dei criteri d’urgenza propri dei decreti legge. Ecco il perché il ministro fra le righe, durante un punto stampa in Calabria, manda una stilettata al Quirinale: “Quando c’è una criticità, c’è sempre il requisito di urgenza, specie se si tratta di provvedimenti che riguardano un settore strategico come l’agricoltura”. 


Dalle parti di Mattarella, però, non la pensano così per esempio sulla norma che decide  l’accorpamento della società Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell’agricoltura (Sin) nell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea). Stesso discorso per quella che riporta sotto l’egida del ministero dell’Agricoltura, da quello dell’Ambiente, i Forestali com’era prima del governo Conte I. Il corpo forestale, ambientale e agroalimentare fa parte dell’Arma dei carabinieri. Ed evidentemente, ragionano dalle parti di Fratelli d’Italia accarezzando il sospetto, “questa manovra dà fastidio a qualcuno”. E’ uno stop che non va giù al governo, quello scoperto dalla edizione online di questo giornale ieri mattina.

Anche perché il rilievo più grave riguarda  la norma cardine sui pannelli solari che per il Quirinale così com’è scritta rischia di cozzare con il Pnrr che ha investito cinque miliardi di euro sulle comunità energetiche. Una sconfessione importante. E che arriva a meno di un mese dal voto delle europee colpendo un settore imprenditoriale, quello agricolo, su cui Fratelli d’Italia conta assai dentro le urne. Che succede ora? La situazione è delicata e dal Colle tendono a non inasprire gli animi, non alimentando contrapposizioni con il governo. La formula usata è quella dell’ “interlocuzione” fra gli uffici legislativi. In soldoni, al di là del burocratese, significa che il decreto per avere la firma di Mattarella dovrà togliere i punti contestati, l’accorpamento delle due società e lo spostamento dei Forestali, e spiegare meglio la parte sullo stop agli impianti a terra alimentati dall’energia solare.  Argomento che vede sulle barricate le imprese dell’energia pulita. Come “Alleanza per il fotovoltaico”, cartello di aziende, pronto a cogliere la palla al balzo per lanciare un appello al governo: “Non si fermi la transizione energetica, l’esecutivo ci ripensi”. 

Meloni per evitare uno strappo clamoroso è pronta a presentare sotto forma di emendamenti le parti sottolineate con la matita blu, in modo che in sede di conversione il Parlamento, e quindi la maggioranza, porti a casa, di riffa o di raffa, il risultato. Chiamasi doccia fredda, comunque. Anche perché arrivata quasi in concomitanza con il richiamo di Mattarella sulla Costituzione, altro messaggio indirizzato, a voler essere maliziosi, a chi governa. Ma le urne incombono e Meloni va di fretta.  Il 20  e il 29 maggio sono, al momento, queste le due date per le prossime riunioni del Cdm. In ballo altri sei decreti che potrebbero andare sul tavolo di Palazzo Chigi (l’agenzia sui conti delle società di calcio, l’intervento sulle liste d’attesa nella sanità, la giustizia con la divisione delle carriere, il salva casa di Salvini e le norme contro le infrazioni Ue).

Ma a rendere frizzante la compagnia di governo c’è anche il botta e risposta fra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il vicepremier, e leader di Fratelli d’Italia, Antonio Tajani sul Superbonus. Quest’ultimo attacca: “Ho qualche perplessità sulla retroattività dell’ultima proposta di Giorgetti: vanno ascoltate le imprese e le banche per capire se ci sono dei danni o se bisogna in Parlamento intervenire per fare delle proposte, fermo restando l’intervento indispensabile per fermare i danni del Superbonus. Però su questa parte specifica, per la parte retroattività, anche i dieci anni forse sono troppi”. Ma ecco Giorgetti: “Io ho una responsabilità e difendo gli interessi dell’Italia come ministro dell'Economia. Chiaro?”.E Tajani, di nuovo: "Anche io faccio l’interesse degli italiani. È una proposta di Giorgetti, non è una proposta del governo, perché io non sono mai stato consultato. Valuteremo i contenuti”.  
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.