L'intervista

“La leva obbligatoria? Infattibile. Vannacci? Inopportuno". Parla il generale Camporini

Gianluca De Rosa

L'ex capo di stato maggiore è candidato con Azione alle prossime europee: "Serve un salto in avanti per l'integrazione che permetta di arrivare anche alla difesa comune"

“E’ chiaro che, con quello che sta accadendo in Ucraina, la necessaria integrazione della difesa europea  dovrebbe essere uno degli argomenti chiave di questa campagna elettorale, per Azione lo è, siamo sorpresi che per altre liste non sia così”.  Il generale Vincenzo Camporini, ex Capo di stato maggiore oggi in pensione, è candidato con Azione alle prossime europee. E’ l’altro generale, l’anti Vannacci,  di cui Camporini pensa il peggio. “Un militare in politica non deve entrare fintanto che è in servizio”, sostiene. “L’articolo 98 della Costituzione dice che mediante legge i diritti politici di alcune categorie, tra cui i militari, possono essere limitati. Queste leggi non sono mai state fatte, non c’è un espresso divieto normativo, ma la candidatura di Vannacci è senz’altro contraria allo spirito della Costituzione, ed è dunque altamente inopportuna. Io le mie idee politiche le ho espresse solo una volta in pensione”. Intanto la Lega lo candida e lancia la proposta del ritorno alla leva obbligatoria, lei che ne pensa? “In un mondo di tecnologia raffinata sarebbe un provvedimento di limitatissima utilità, almeno di non farlo come in Israele dove dura tre anni per i maschi e due per le femmine, ma avrebbe costi elevatissimi”. Eppure il contesto è quello che è. La guerra è alle porte dell’Europa. E’  proprio per questo che Camporini ha deciso di candidarsi. La difesa europea – dice – non è la radice di una maggiore integrazione, ma è una sua conseguenza: solo una maggiore integrazione politica può condurre a quel risultato. In un momento dove la certezza di un futuro pacifico è messa in discussione serve agire in questa direzione: c’è bisogno di un’Europa autorevole, oggi invece non contiamo nulla perché non abbiamo una linea concordata”. Come fare? “Bisogna riuscire a portare intorno a un tavolo Macron, Scholz, Meloni, e i presidenti spagnolo e polacco, per identificare una serie di obiettivi comuni da perseguire senza tentennamenti e fughe in avanti attraverso un centro di comando comune che risponda direttamente a questo gabinetto politico. Non servono decenni per farlo: basterebbe dare questa capacità a uno dei centri di comando nazionali, o con un quartiere generale europeo. Realizzato ciò il fatto di non portare la stessa uniforme o avere iter di formativi diversi diventa irrilevante, perché i nostri reparti sono da decenni abituati a lavorare insieme, dall’Afghanistan ai Balcani”. Chi critica l’idea di una difesa europea spesso dice una cosa: ma tanto c’è la Nato. “Io – dice Camporini – sono un fervente atlantista, ma proprio per questo vorrei avere da questa parte dell’oceano un pilastro europeo dell’Alleanza che abbia voce in capitolo e possa parlare da pari a pari con Washington, vorrei insomma che ci fosse quel famoso numero di telefono che Kissinger cercava invano per parlare con l’Europa”.

 

L’altra questione cruciale per un’integrazione della difesa europea è quella industriale. L’ex capo di stato maggiore la dice così: “È il secondo grandissimo ostacolo perché ogni paese difende il proprio campione nazionale: noi con Leonardo, i francesi con Thales e Dassault, invece bisognerebbe indurre le industrie a collaborare. Faccio un esempio banale: si sarebbe potuto fare un unico programma per il prossimo caccia di sesta generazione, invece noi lo stiamo facendo con inglesi e giapponesi, i francesi lo stanno realizzando con tedeschi e spagnoli. Con un unico progetto, distribuendo i compiti in modo equo, nessuno avrebbe perso tecnologie e lavoro e il prodotto finale sarebbe costato un terzo”.


In Italia intanto va avanti il dibattito sulle spese militari. Siamo lontani dal 2 per cento del pil previsto dagli accordi Nato. Il ministro della Difesa Crosetto dice che se la Ue non consente di scorporare gli investimenti militari dal computo del deficit sarà impossibile arrivarci. “Mi domando – commenta Camporini – se il nostro paese con il debito pubblico che ha se lo possa permettere a prescindere dalle regole europee.
Intanto l’offensiva russa a Kharkiv va avanti. L’Ucraina rischia di cadere? “Se i rifornimenti, finalmente sbloccati dal congresso americano, arriveranno in fretta, Kyiv è in grado di resistere anche a questa ulteriore offensiva russa”. E però c’è chi dice che comincino a scarseggiare anche gli uomini, anche così si spiegano le parole del presidente francese Macron che nelle scorse settimane non ha escluso l’invio di militari in Ucraina. “Macron – dice Camporini – è stato imprudente. Voleva esprimere un concetto giusto di deterrenza, in modo che il nostro interlocutore non abbia certezze sui limiti del nostro intervento, ma l’ha detto male e senza consultarsi con gli altri alleati”.