L'intervista
“Con Tarquinio idee opposte, ma il Pd è plurale”. Parla Alessia Morani
L'ex sottosegretaria dem è candidata nella stessa circoscrizione dell'ultrapacifista ex direttore di Avvenire: "Le sensibilità di tutti nel Pd sono benvenute, ma penso che alla prova dei fatti su argomenti di politica estera debba prevalere la disciplina di partito”.
“Un ticket elettorale con Marco Tarquinio? Diciamo che per affinità di pensiero la vedo piuttosto complicata, abbiamo idee molto diverse su aborto e conflitto in Ucraina, certo sarebbe un buon modo per raccontare la pluralità del Pd, almeno sull’utero in affitto la pensiamo allo stesso modo”. Alessia Morani, già sottosegretaria allo Sviluppo economico e candidata del Pd nel centro Italia, lo stesso collegio elettorale dove corre anche l’ ultrapacifista ex direttore di Avvenire ci risponde tra il serio e il faceto. Morani d’altronde fa parte di quelli che per brevità nel partito chiamano “riformisti”. Insomma, preferirebbe che il suo nome sulla scheda elettorale fosse scritto accostato a quello di altri candidati: “Di certo il mio pensiero è più affine a quello di Antonio Mazzeo o di Dario Nardella”, dice. E però non ci sta a chi racconta le liste elettorali dem come un secondo tempo del congresso, un modo di Schlein di imporre la sua linea: “Anzi, se c’è qualcuno che invece di pensare al futuro dell’Europa ragiona su queste elezioni come fossero un voto di mid-term quella è la premier Meloni”. Qualcuno però dice che la candidatura di Tarquinio – uno che non solo non vuole inviare armamenti a Kyiv, ma recentemente a Repubblica ha detto che alla risposta ucraina all’invasione russa avrebbe preferito “un’immensa Tiennamen” – serva a Schlein per affermare quello che pensa davvero sulla guerra, ma non può dire. “La posizione del Pd sul conflitto in Ucraina – dice Morani – è quella che conosciamo dagli atti: dall’inizio del conflitto abbiamo votato per aiutare anche militarmente Kyiv, quella posizione non è cambiata, anche perché è altamente prevalente nel nostro elettorato, poi è vero che una parte più piccola di chi ci vota ha una sensibilità diversa che le candidature di Tarquinio e Cecilia Strada incarnano”. E però si può essere divisi su uno dei temi cruciali che la prossima legislatura europea dovrà affrontare? E’ sostenibile questa “pluralità”? Risponde Morani: “Con il Covid e con l’invasione russa abbiamo scoperto l’Europa migliore, in grado di dare una risposta sicura e unitaria, la prossima commissione dovrà fare altrettanto, le sensibilità di tutti nel Pd sono benvenute, ma penso che alla prova dei fatti e dei voti su argomenti così importanti di politica estera dovrà prevalere la disciplina di partito”.
Morani è convinta che il futuro dell’Ue passi da tre priorità. “Superamento dell’unanimità per le decisioni consiglio europeo, in modo da avere un’Europa in grado di agire nel mondo, poi una politica estera comune e dunque con una difesa comune, che è anche l’unico modo per cercare una via diplomatica per risolvere la questione ucraina, e infine il lavoro, con politiche industriali e fiscali comuni”. Per quanto riguarda invece quanto fatto dalla legislatura che si sta chiudendo Morani difende i voti della pattuglia dem a Strasburgo dunque a favore del green new deal, contro il nuovo patto sulle migrazioni e contro il nuovo patto di stabilità che pure era stato contrattato dal commissario agli Affari economici della Ue, il dem Paolo Gentiloni. “Su quest’ultimo punto – dice – la verità è che la proposta della Commissione era corretta e migliore dell’approdo finale, ma il governo non ha saputo trattare e il testo finale è peggiorativo per l’Italia, mi auguro che si possa ridiscutere dopo il voto. Per quanto riguarda il patto sulle migrazioni – prosegue – il problema principale è che è passato un principio inquietante: la solidarietà europea può essere derogata in cambio di denaro, questo per noi è inaccettabile”. E sul green deal? “Devo essere onesta – dice Morani – io non ho apprezzato l’approccio troppo ideologico di Frans Timmermans (socialista olandese vicepresidente della Commissione e commissario al Clima uscente, ndr), la transizione deve essere accompagnata da un sostegno in formazione e anche da ammortizzatori sociali, sul modello del Sure messo su durante il Covid, che permettano di non farne scontare il peso solo ai lavoratori. Detto questo anche il governo italiano può intervenire su questo, come d’altronde sulle case green, chiedendo un nuovo Recovery fund che accompagni la transizione”.